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Forse qualcuno non piange per la chiusura del Mio vino. Però…

30 Agosto 2013 Alessandro Torcoli
Senza ipocrisia diciamo che Il mio vino di errori ne aveva commessi tanti, a partire dall'approccio iconoclasta e aggressivo. Vedi la rubrica "La grande delusione" per mezzo della quale riuscì ad attirare rapido interesse su di sé. Con ciò, però, si conquistò l'antipatia di tanti imprenditori che avevano impiegato anni per aliementare l'immagine del proprio prodotto che con un caustico commento negativo veniva liquidato come "tutto fumo e niente arrosto". Il taglio nazional-popolare e le pretese di "purezza editoriale" (contenuti non contaminati da pubblicità occulta o da "marchette") sono state altre due caratteristiche piuttosto discusse della testata. Nonostante ciò, possiamo dire che quando si spegne una voce nel mondo della stampa nessuno dovrebbe gioire. E così, né prima né ultima, anche la testata più "anti-sistema" nata negli ultimi anni ha gettato la spugna (leggi Chiude Il mio vino). Le parole dell'editore Manti, nella loro disarmante semplicità, sono però troppo autentiche per non destare alcune riflessioni: pochi sembrano credere ancora nella comunicazione al pubblico italiano e al cosiddetto "horeca", cioè il mondo dei ristoranti e dei locali pubblici. Questi, in grave affanno, costituiscono oggi un grattacapo per i produttori di vino, i quali subiscono gravi ritardi nei pagamenti che a ricaduta si traducono in pesanti dilazioni pure nei saldi delle fatture emesse dai mezzi di comunicazione. Un circolo vizioso e difficilmente tollerabile che mette seriamente a rischio la sopravvivenza di tutte le testate e dei loro editori, i quali resistono solo se sono protetti da altre fonti di entrata, tenacia, smisurata passione per il mestiere; in fin dei conti, fino a quando ritengono sensato - addossandosi rischi enormi - reperire finanze per supplire ai ritardi dei debitori. E' triste che l'editoria non trovi più sostegno da parte dai primi che dovrebbero mantenere alto l'interesse sul mondo del vino. Bisogna pensare a un nuovo paradigma, anche perché il lamento non si traduce mai in successo. Si aprono numerosi interrogativi: l'utilità della presenza in edicole che - a loro volta - per il calo delle vendite chiudono a ritmi mostruosi; la forza e i risultati della comunicazione web, da fornire gratuitamente, con tariffe irrisorie per le inserzioni; il senso stesso della "testata giornalistica" - fonte di riflessione e interpretazione - in un mosaico di infinitesime informazioni fornite dai blogger in tempo reale. Oggi le aziende vitivinicole, come recita il mantra degli utimi tre anni, si reggono sull'export e investono generalmente nel marketing fuori confine.  Nonostante gli esempi virtuosi di aziende che stanno coltivando con successo anche il mercato domestico, la maggior parte si è ritirata pericolosamente dalle proprie terre: poca attenzione commerciale, poca comunicazione se non sotto casa, per il consumo locale... Il marketing e la sua "sottovoce" (ahinoi), cioè la comunicazione, sono oggi più che mai utili per dare visibilità a un marchio. Già in molti, tra cui qualche imprenditore vinicolo, hanno notato il pericoloso silenzio e una progressiva uscita di scena di alcune etichette pur note nel mondo dalle carte dei vini italiane. E qualcuno ha compreso che il prezzo da pagare per questa assenza potrebbe essere salato. Quando i consumatori esteri verranno a cercare il proprio "mito", il celebre vino italiano bevuto a New York e non lo troveranno nel luogo di origine...  pensaranno a un fantasma? Per fare un esempio: Ruffino, che come noto è ormai centopercento americana, ha incluso nelle sue strategie il rafforzamento della propria distribuzione in Italia, anche per esserci, quando il turista vorrà provare il piacere di assaporare il suo Chianti "in loco" . Se si intravvedono segnali di ripresa nell'industria italiana, certamente per il settore editoriale la strada sarà più dura, per tutti i motivi menzionati. Noi crediamo che la sfida possa essere vinta - oltre che con un'oculata gestione finanziaria, oggi complicatissima e dolorosa per i tagli e le continue rioragnizzazioni che richiede - con la professionalità e con i contenuti, soprattutto con le idee, a forte valore aggiunto: originali, profonde, per continuare ad assolvere al nostro ruolo di osservatori informati, quale rivista storica di settore alle soglie dei 40 anni di attività, con una seria visione critica nel senso lato del termine. Non importa come arriveremo agli occhi e alla mente del lettore, se sul notebook, sull'iPad, sull'iPhone, su Android, nella casella di posta elettronica o in quella di casa che ormai contiene solo bollette e volantini pubblicitari. Il nostro impegno sarà quello di fornire contenuti semre più approfonditi e orginali, utili per chiunque sia interessato a comprendere a fondo questo meraviglioso mondo del bere, di cui il vino è punta di diamante, brillante com'è di cultura e sfumature sensoriali.

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