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Formaggi d’Italia: le versioni di nicchia del Parmigiano Reggiano

8 Febbraio 2025 Maria Cristina Beretta
Formaggi d’Italia: le versioni di nicchia del Parmigiano Reggiano
© Caseificio Ciaolatte

Un prodotto dell’artigianato italiano che tutto il mondo ci invidia: 4 milioni di forme annuali da realtà aziendali molto variegate. Le stagionature partono dai 12 fino ai 120 mesi; il 24 mesi è la tipologia più richiesta. In base alla durata dell’’invecchiamento si abbina alle bollicine Metodo Classico o all’Amarone, passando per rossi vivaci. La nostra selezione di caseifici d’eccellenza.

Qualche scaglia di Parmigiano Reggiano all’ora dell’aperitivo è sempre molto gradita, così come può esserlo per uno spuntino veloce o per un fine pasto. Il suo utilizzo in cucina è quotidiano e irrinunciabile. La sua storia pluricentenaria, con testimonianze già dal XIII secolo, lo consacra come uno dei migliori prodotti dell’artigianato italiano, molto benvoluto anche all’estero. Dal 1996 ha meritato il riconoscimento della Dop europea e ha un Consorzio di tutela ben organizzato e attivo, attento anche alle produzioni di nicchia, tra cui quella di montagna. Il disciplinare è tra i più restrittivi rispetto ad altre tipologie di formaggi simili. Nel Parmigiano Reggiano ci sono solo latte, caglio e sale ed è un formaggio a latte crudo. In questo servizio abbiamo cercato di mettere in luce le realtà più artigianali, forse meno note ma che costituiscono la sua ossatura. 

Parmigiano Reggiano: luoghi e razze

La Pianura Padana, con la pedemontana e parte dell’Appennino, è la sua patria. Le province che detengono la denominazione di origine controllata sono Parma e Reggio Emilia, le più importanti, a cui seguono Modena e parte di quelle di Mantova edi Bologna. Le bovine sono di diverse razze; le più tipiche sono la razza rossa reggiana, bianca modenese e la bruno alpina.  La razza che spopola è però la frisona per i quantitativi di latte prodotti. Ultimamente sono state fatte selezioni anche su questa razza per avere animali più simili alla classica bovina piuttisto che “fabbriche di latte”. Buona parte dell’alimentazione si basa sui foraggi di prati spontanei chiamati stabili.
La produzione del Parmigiano Reggiano conta circa 4 milioni di forme annuali da realtà aziendali molto variegate. I caseifici più grandi arrivano a lavorare fino a 100 forme al giorno, i più piccoli anche solo due. Per una forma che pesa 40 chili ci vogliono circa 1.200 litri di latte: una vacca rossa ne produce attorno ai 20, la frisona può arrivare a 40.

parmigiano reggiano
Il latte proviene da due mungiture e le forme vengono marchiate con il timbro Dop dopo 12 mesi di stagionatura

Come si produce il Parmigiano Reggiano

Il latte necessario proviene da due mungiture: quella della sera, che viene scremata e poi aggiunta a quella della mattina a latte intero. La scrematura è un momento molto importante: a seconda della quantità di grasso si potrà avere un formaggio che dura nel tempo senza asciugarsi e senza rovinarsi oppure da consumarsi a breve. 
Il latte viene versato in grandi caldaie che una volta riempite daranno due forme; si inserisce il siero innesto e la massa viene scaldata a circa 36 °C, si aggiunge il caglio e lo si lascia agire. Una volta pronta la cagliata, la si rompe in piccoli grani. A seguire viene poi scaldata e raccolta con un telo di lino. La si trasferisce nelle fascere in cui si aggiungerà la matrice con la scritta Parmigiano Reggiano, mese e anno di produzione e numero del caseificio, per poi lasciarla scolare. Dopo qualche giorno si toglie la fascera e la si immerge in una salamoia per tre settimane. Infine viene trasferita sui ripiani di legno dove sarà pulita e rivoltata con regolarità. Dopo 12 mesi verrà marchiata per la Dop, se qualcosa non va la crosta viene rigata. Le stagionature proseguono dai 24 mesi, il più richiesto, fino a punte di 120: ben dieci anni.

Come si riconosce e si abbina

La caratteristica del Parmigiano Reggiano è che non si taglia ma si scaglia.  Per avere la sicurezza della Dop bisognerebbe sempre acquistarne un pezzo con la crosta. Meglio scegliere la pasta più paglierina, legata a un’alimentazione con maggiori erbe fresche, rispetto alla bianca. I puntini bianchi su forme stagionate indicano l’evoluzione di una proteina e devono esserci.
L’abbinamento col vino richiede un Metodo Classico Brut che, a seconda delle stagionature del formaggio, potrebbe arrivare ai millesimati. Tra i bianchi via libera alle Malvasie vivaci. Con stagionature di almeno 36 mesi, si può passare ai vini rossi. Ci sono dubbi sul Lambrusco, pur essendo un vino locale, mentre si preferiscono rossi vivaci leggermente più strutturati come il Gutturnio. Per le stagionature più importanti si può anche arrivare ai grandi rossi italiani quali Barolo, Brunello di Montalcino e Amarone. Per molti l’abbinamento perfetto risulta quello con le gocce di Aceto Tradizionale Balsamico di Modena.

La nostra selezione

La Gesa, Palanzano (Parma)

Una produzione biologica a 700 metri di altitudine, in un areale di 13 frazioni con appena un migliaio di abitanti. Le bovine bruno alpine delle famiglie Berini e Barili sono alimentate per gran parte dell’anno con foraggi freschi e danno un latte che permette di ottenere i loro Parmigiani Terre Alte morbidi, anche con lunga stagionatura.

Baiocchi, Praticello di Grattatico (Reggio Emilia)

Andrea Baiocchi ben rappresenta la storia dei piccoli allevatori delle vacche rosse reggiane selezionate per il loro latte. La sua esperienza è frutto di un sapere con origini a fine dell’Ottocento. Appoggiandosi a un caseificio e a un locale di stagionatura, produce Parmigiani dai 12 ai 130 mesi, con tappe di 30, 36, 40, 72 mesi e altre proposte.

Grana d’oro, Cavriago (Reggio Emilia)

La famiglia Catellani ha sempre rispettato le raccomandazioni del fondatore di mantenere e valorizzare l’allevamento di sole vacche rosse reggiane. Oggi Matteo e la moglie Luciana seguono con dedizione i loro animali nutrendoli con foraggio dei prati stabili. Benché si producano poche forme al giorno, la stagionatura può arrivare a 40 mesi.

Santa Rita Bio 1964, Serramazzoni (Modena)

Due realtà parallele convergono in questo caseificio storico: quella delle vacche bianche modenesi, dalle quali nascono pochissime forme di Parmigiano al giorno, e quella delle frisone e meticce che ne regalano circa 16. Per le prime si arriva a ottenere stagionature che superano i 100 mesi, rimanendo sempre equilibrate e molto gradevoli.

Caseificio San Bernardino, Tortiano (Parma)

L’attività dei fratelli Caramaschi si basa sul latte dell’azienda di famiglia  a cui si aggiunge quello di altre piccole realtà del territorio, riuscendo così a realizzare una sessantina di forme al giorno. Si presta molta attenzione all’alimentazione delle bovine con foraggi studiati su misura. Da provare il Parmigiano affinato in barrique di grappa di Nebbiolo.

Ciaolatte, Noceto (Parma)

Allevamento, caseificio e magazzino di stagionatura. La filiera è completa ed è guidata da Roberto Peveri, appassionato da sempre di Parmigiano e che è riuscito a coinvolgere anche moglie e tre figli. Le sue bovine sono state selezionate per un latte di maggior pregio, base di prodotti bio che trasmettono i sapori del territorio.

Latteria Garfagnolo, Castelnuovo ne’ Monti (Reggio Emilia)

A portare le bovine al pascolo per il Parmigiano di montagna probabilmente è rimasta solo questa realtà. Le vacche da aprile a settembre brucano l’erba fresca, d’inverno c’è il fieno. Il benessere animale è più che rispettato, lo sa bene Giordano Santini che assieme alla famiglia segue allevamento, caseificio, stagionatura e punto vendita. 

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