Selezionano i vini: Flavio De Maio ed Enzo Maschietto. A 12 euro: Merlot e Malvasia puntinata Casale Certosa, Sangiovese Ceregio Fattoria Zerbina. A 13 euro: Greco Filù e Gaglioppo Catà Greco, Perlaia Colle Picchioni e Castiglionero Cantina Tre Botti. A 14 euro: Agnobianco Masari, Karana e Vermentino Canayli Cantina di Tempio. A 15 euro: Barbera e Dolcetto d’Alba Punset, Riesling, Chardonnay e Sauvignon Monsupello, Santa Maddalena Cantina di Terlano, Grechetto Adanti, Verdicchio del Pozzo Buono Vicari, Donna Paola Marino Colle Picchioni, Rasa di Marmorata Tenuta Le Quinte, Falanghina Villa Matilde, Piedirosso Campi Flegrei, Gragnano e Asprinio d’Aversa Grotte del Sole, Cirò e Critone Librandi, Fiano e Cantalupi Salice Salentino Riserva ’06 Conti Zecca, Insolia Cusumano, Bacca Bianca Maurigi, Monica Antigua e Vermentino Cala Silente Cantina di Santadi. A 18 euro: Etna Rosso Val Cerasa, Nero d’Avola Chiaramonte Firriato, Bacca Rossa Maurigi, Negroamaro e Bianco Luna Conti Zecca, Aglianico Synthesi Paternoster, Fiano e Greco di Pietracupa, Falerno del Massico Villa Matilde, Montepulciano d’Abruzzo Incanto Marramiero, Chardonnay, Merlot, Sauvignon e Shiraz Casale del Giglio, Morellino di Scansano Poggio Argentiera, Kerner e Müller Thurgau Produttori Valle Isarco.
Il ristorante
(g.d.s.) Titolare: Flavio De Maio cuoco, con l'aiuto di Loredana Santarelli e di Rocco Di Giandomenico, e curatore della cantina. Ecco dove si nasconde la vera cucina romana d’una volta, ormai un po’ introvabile: un luogo quasi emblematico, noto come “l’ottavo Colle de Roma”, il Monte Testaccio, bimillenaria collinetta formatasi per l’accumulo dei cocci di anfore che provenivano da tutto l’Impero. La qualità degli ingredienti scelti giorno per giorno, i prezzi assai contenuti, il clima di festa che anima il locale, la capacità di un cuoco cinquantenne, oggi in proprio ma con il giusto passato alle spalle, e l’ambiente particolarmente suggestivo, con i “cocci” dietro il cristallo delle pareti, creano un clima distensivo e rassicurante: si mangerà bene... È vero: i piatti della migliore tradizione, derivati dalla cucina ebraica e da quella “vaccinara”, il quinto quarto, ci sono tutti e sono di piena godibilità, il cuoco poi ci mette del suo con indovinate creazioni, come gli spaghetti alla velavevodetto, da provare assolutamente, le fettuccine ai carciofi, il polpo con le patate e le vere affidabili polpette di una volta al sugo. Siamo arrivati qui sull’onda del passaparola, guida non scritta ma assai diffusa fra i cinetelevisivi e i commercianti di qualità del centro storico. Ora, nella buona stagione i clienti si disputano la loggetta esterna e il raccolto cortile.