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Ferrari Perlé Zero, essenza dello Chardonnay di montagna

29 Settembre 2017 Cesare Pillon

È ancora possibile realizzare uno spumante dotato di qualche caratteristica talmente inedita che riesce a sorprendere? Ci è riuscita la famiglia Lunelli, e lo ha fatto con molta eleganza, dissimulando la profonda innovatività delle sua ultima creatura, che ha presentato mercoledì sera in un luogo sacro all’arte come la Permanente di Milano, dandole quasi lo stesso nome della penultima, limitandosi a cambiare una consonante. In realtà sarebbe difficile trovare due spumanti più diversi del Ferrari Perlé Nero e del Ferrari Perlé Zero, che riescono a differire perfino nell’unica caratteristica che hanno in comune: sono ricavati entrambi da uve di un solo vitigno, ma per il primo è il Pinot nero, per il secondo lo Chardonnay.

La rivoluzione del concetto di Cuvée

Il nome di quest’ultimo Perlé è Zero perché il suo sapore non è stato ammorbidito dall’aggiunta della cosiddetta liqueur d’expedition, per cui è a dosaggio zero. Secondo i Lunelli, però, il suo vero obiettivo è di interpretare l’essenza di uno Chardonnay particolare, lo Chardonnay di montagna, in tutta la sua purezza fino a diventarne la più autentica espressione. È la prima volta che la caratterizzazione di un vitigno viene rivendicata non per la sua origine clonale ma per l’ambiente in cui è coltivato. L’innovazione più importante del Perlé Zero, tuttavia, è quella che ha apportato al concetto stesso di Cuvée.    

Legno, vetro e acciaio per uno spumante unico

Finora ne esistevano di parecchi tipi, a seconda delle uve, dei vigneti o dei millesimi della loro miscela. Da mercoledì ne esiste una in più: la Cuvée 10 del Perlé Zero è composta da Chardonnay di tre annate, 2006, 2008 e 2009, la prima invecchiata in legno, «che conferisce struttura e ricchezza gustativa», come spiegano i Lunelli, la seconda affinata in vetro, «che permette di raggiungere profondità ed espressività», la terza conservata in acciaio, «che esalta l’espressione del frutto e dell’eleganza aromatica dello Chardonnay». Assemblata e messa in bottiglia nel 2010 (ecco perché si chiama Cuvée 10) ha soggiornato sui lieviti per oltre 6 anni. È perciò, sostengono i suoi creatori, unica e irripetibile. Ma verrà replicata, ci potete scommettere.

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