La legge 231 del 2001 ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità penale delle persone giuridiche (società) prevista per la commissione di determinati reati posti in essere dai vertici apicali o da soggetti dipendenti o che ne abbiano la rappresentanza, purché dal reato stesso, sia derivato per l’azienda qualche profitto o un certo vantaggio.
RESPONSABILITÀ PENALE DELLE IMPRESE - Accanto alla responsabilità penale dell’autore effettivo del reato, la norma prevede, quindi, anche la responsabilità penale dell’azienda che si concretizza in sanzioni pecuniarie e interdittive: con ammende che vanno da 25 mila euro fino a 1.500.000, dall’interdizione dell’attività imprenditoriale, alla sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni, dall’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e dall’eventuale revoca di quelli già concessi al divieto di pubblicizzare beni o servizi offerti. Il motivo per cui è stato previsto questo tipo di addebito per l’impresa deriva dalla necessità di punire non soltanto l’autore materiale del fatto criminoso, ma anche l’azienda che abbia tollerato e permesso determinati comportamenti da cui essa stessa potrebbe aver tratto qualche beneficio.
I REATI - Il novero dei reati che determina tale ampliamento di responsabilità si è molto allungato negli ultimi anni, tanto da comprenderne alcuni più vicini al mondo del vino: la violazione delle norme in tema di sicurezza sul lavoro, le violazioni ambientali, l’indebita percezione di erogazioni pubbliche, la truffa a danno dello Stato, la corruzione fra privati, l’impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare, la violazione delle disposizioni sui marchi, la frode in commercio, la vendita di prodotti con segni mendaci.
COME TUTELARSI - Dalla semplice lettura dei reati sopra elencati si comprende bene come un’azienda vitivinicola che incorra in qualche addebito relativo ai prodotti, alla loro regolarità di produzione (ad esempio il mancato rispetto del Disciplinare di produzione, potrebbe configurarsi ai sensi dell’articolo 515 del Codice Penale come frode nell’esercizio del commercio: chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegni all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero diversa da quella dichiarata o pattuita, per origine, provenienza, qualità o quantità, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire quattro milioni) oppure in qualche irregolarità circa le norme a tutela dell’ambiente o della sicurezza sul lavoro, si troverà ad essere coinvolta direttamente come società, affiancando alla responsabilità dell’autore o del rappresentante legale quella propria dell’ente. A questa situazione di pericolo circa addebiti di responsabilità penale aziendale si potrà porre freno proprio grazie a quanto previsto dalla stessa 231 e cioè attraverso i cosiddetti Modelli preventivi di organizzazione e gestione aziendali.
LA TUTELA PREVENTIVA - La norma prevede, in pratica, che l’azienda che si sia dotata preventivamente e abbia effettivamente ed efficacemente adottato Modelli di organizzazione per la prevenzione e lotta dei reati tassativamente enucleati dalla 231, non debba essere chiamata in causa per una presunta responsabilità penale. Tali Modelli non devono essere adottati obbligatoriamente, ma sono uno strumento facoltativo di tutela preventiva dell’impresa. Sono il mezzo con cui l’imprenditore o il consiglio di amministrazione possono difendere l’attività da potenziali addebiti.
CODICE ETICO, FORMAZIONE E SANZIONI INTERNE - Il Modello di organizzazione non ha una forma prestabilita e predeterminata, ma è libero nella sua creazione e applicazione. La legge prevede soltanto che sia adottato ed effettivamente applicato, affiancando ad esso un Codice etico aziendale, un percorso di formazione dei dipendenti e un sistema sanzionatorio interno. Esternamente la società si dovrà poi dotare di un Organismo di vigilanza autonomo e indipendente che controlli veramente se il Modello esiste, se viene rispettato e quale sia la sua reale capacità di tutela preventiva.
IL RISPETTO DEL DISCIPLINARE - C’è da dire che anche nelle aziende appartenenti al settore vinicolo si comincia da qualche anno a parlare e ad applicare simili Modelli, soprattutto dopo i vari controlli e addebiti avuti in tema di produzioni e di rispetto dei Disciplinari nonché dopo la nota sentenza della Cassazione che aveva visto condannato un intero Consiglio di amministrazione per non aver adottato, per la propria società, alcun Modello di prevenzione.
ANALIZZARE I RISCHI - Per la costruzione del suo Modello di organizzazione 231, la Casa vinicola dovrà cominciare dai potenziali rischi che possono esserci circa la possibile commissione dei reati previsti proprio dalla 231. Da tale indagine, da questa analisi occorre fare i primi passi per poi dotarsi di uno strumento reale di tutela e non di un ulteriore “pezzo di carta” la cui utilità sarebbe praticamente nulla.
UN REGOLAMENTO PER TUTTI - Accade e accadrà con sempre maggior frequenza che le stesse Procure della Repubblica competenti, già in sede di indagine, non considerino come valide esimenti o attenuanti, quei Modelli stilati solo per convenienza, ma cerchino e chiedano vere e proprie regole interne effettivamente esistenti ed applicate a tutti i livelli gerarchici interni: dal direttore di cantina, all’enologo, dal responsabile del personale a quello della sicurezza arrivando fino al lavoratore agricolo. Il Modello, a prescindere dalla scelta effettuata sulla tipologia di realizzazione, per avere efficacia realmente esimente, non dovrà essere, quindi, un mero strumento formale, magari creato con dei “copia e incolla” di altri. Dovrà, in realtà, rispecchiare la struttura aziendale ed organizzativa e diventare un sistema funzionale con una ripartizione chiara di compiti e responsabilità, accompagnata da una costante documentazione scritta sulle scelte che vengono effettuate.
L'ORGANISMO DI VIGILANZA - Un sistema di gestione che necessariamente dovrà prevedere, anche, un altrettanto idonea struttura di controllo interna sull’attuazione del Modello con un Odv (Organismo di vigilanza) autonomo ed esterno, collegiale o unico, che sia dotato di conoscenze tecniche e legali.
MODELLI AGGIORNATI - Quel documento che viene chiamato Modello, resta bene inteso, necessita di continui e attenti aggiornamenti ed implementazioni dettate dalle modifiche organizzative o da eventi interni o esterni. A chi scrive, perdonate, preme anche e a ragione precisare che certamente esisteranno nel nostro tessuto imprenditoriale vitivinicolo moltissime realtà che sono già in possesso di un sistema di controllo aziendale ben valido e funzionante. E questo non può che essere un vantaggio.
IMPEGNI PRECISI E CODIFICATI - In queste virtuose e fortunatamente non rare ipotesi, non occorreranno “rivoluzioni organizzative”, né “discese dall’alto” di Modelli del tutto estranei. Si tratterà, in tali ipotesi, di formalizzare le procedure adottate e di renderle funzionanti, con regole scritte, interne ed esterne, con un codice comportamentale e disciplinare e con l’introduzione di un valido Odv, verificando la reale applicazione e cura degli elementi in esso indicati. Si tratta, in buona sostanza, di un’interessantissima opportunità di tutela preventiva e processuale della società che opera nel settore del vino e, nello stesso tempo, costituisce anche un'occasione per ripensare completamente all’organizzazione e alle regole interne in modo serio, ricordandosi che non servono formalità inutili, ma sempre e soltanto impegni precisi e codificati. Solo concependo in tal senso il Modello di struttura e gestione si potrà percorrere con serietà il cammino della legalità che, proprio perché in itinere, non deve mai cessare di fondarsi sui canoni della prevenzione, del rispetto delle norme del settore e della cultura della salvaguardia dell’etica.