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Export vini in Usa: l’Italia punta su Millennial e fine wine

26 Ottobre 2017 Civiltà del bere
Quasi un terzo del vino importato in Usa è made in Italy. «Il nostro export negli Stati Uniti vale 1.623,5 milioni di euro (+6,1% rispetto al 2015) e 3.237.900 ettolitri (+3,6%), che corrisponde al 32,4% di tutte le importazioni», precisa Marina Nedic, managing director di Iem - International Exhibition Management. Il Nord America è un mercato vinicolo storico e consolidato, il più importante al mondo. Ma esistono ancora ampi margini di crescita anche per il Bel Paese. Basta sapere quali sono i target e le fasce di consumo su cui puntare.    

Quali strategie commerciali funzionano in Usa?

Proprio oggi si conclude a San Francisco (dopo la prima tappa a Chicago, lunedì 23 ottobre) il tour negli States dei Simply Italian Great Wines, format di successo creato da Iem per promuovere l'incontro fra i produttori italiani di qualità e il trade americano. Un'occasione utile anche per fare il punto sull'andamento dei mercati oltreoceano, dove la sede locale Ieem (a Miami dal 2007) garantisce una presenza continuativa sul territorio. Le prossime strategie commerciali non possono trascurare due segmenti particolarmente dinamici. I millennial, nuovi consumatori particolarmente attratti dal vino, e la fascia top level dei fine wines, oggi capitanato dalla Francia, dove anche l'Italia deve trovare spazio.    

L'Italia deve farsi strada nel comparto fine wine

Registriamo un piccolo (ma importante) segnale in questo senso. «Fra i cinque partner commerciali più importanti, il Bel Paese è l’unico a registrare un incremento del prezzo medio (5,01 euro al litro, +2,5%), eccezion fatta per l’Australia, che però vede un calo complessivo delle vendite (-7,8% in valore e -11,4% in quantità) e si attesta su un valore al litro decisamente inferiore (2,39 euro)», precisa Marina Nedic. La presenza dei nostri prodotti sul mercato statunitense è consolidata, ma le opportunità di espansione sono enormi. Considerando anche l’elevata capacità di spesa pro capite.    

Cambia la generazione, si evolvono i modelli di consumo

Si evolvono i modelli di consumo degli americani, con la graduale sostituzione nella scelta di alcolici tra birra e vino (come evidenziato recentemente anche da Luciano Ferraro). Anche i valori pro capite, pur contenuti (9 litri di vino all’anno), sono in costante aumento. Il vino italiano è percepito come prodotto di qualità: si prospettano ampi margini di crescita nel settore luxury, a cui l’Italia deve puntare con più decisione. La passione e la cultura enologica, in particolare, è sempre più diffusa tra le nuove generazioni. Il 42% dei volumi di vino viene consumato dai millennial, giovani tra i 21 e i 35 anni.    

Il fenomeno Prosecco

Particolare attenzione merita il fenomeno Prosecco, che in Usa colpisce anche fra i più giovani. «Analizzando il quadro generale, emerge un deciso incremento delle importazioni di sparkling wines. Le bollicine crescono del +12% in valore (992,1 milioni di euro) e +18,2% in quantità (1.131.700 ettolitri) nel 2016. Gli spumanti italiani Dop volano addirittura al +40,7% in valore (quasi 210 milioni di euro) e +31,4% in quantità (oltre 510 mila ettolitri), capitanati appunto dal Prosecco. Bene anche l’Asti Docg, che da solo totalizza quasi 19 milioni di euro (+14,3%) per poco meno di 55 mila ettolitri (+15,8%)», conclude Marina Nedic. (dati 2016 WineMonitor - Nomisma. Foto: Simply Italian US Tour 2017)  

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