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Elogio del grano nella pastiera napoletana

16 Aprile 2019 Marianna Corte
Elogio del grano nella pastiera napoletana

Dolce pasquale del Sud, ha i profumi della primavera, dei fiori d’arancio e della cannella. Ottime le varianti con orzo e riso, che sostituiscono il frutto di Cerere, ma non convincono i puristi. Da provare con un vino del Nord, come il Recioto di Soave.

Il dolce della rinascita: così viene definita la pastiera di grano, una sorta di crostata, con la pasta frolla come base e la farcia di ricotta e profumo di fiori di arancio a infonderne la tipicità. Pastiera dunque, termine con il quale a Napoli si indicano anche altre preparazioni a base di uova e pasta, aromatizzate con la cannella. Quelle frittate di maccheroni, tanto golose e così speciali da non essersi però mai diffuse lontano dal capoluogo campano. Non è quindi l’essere di Napoli ciò che rende la pastiera quel dolce presente anche al di là dei confini regionali e oltre il calendario pasquale.

Il segreto è nel grano

È il grano della farcia e dichiarato nel nome che subito definisce il dolce napoletano tipico di Pasqua. Un grano un tempo utilizzato da fresco, messo a mollo per più di una settimana e cotto per ore. Oggi è stato sostituito con una versione già precotta ma comunque apprezzata anche dai puristi. Gli stessi però non sono disposti a cedere alla tentazione di sostituire il frutto di Cerere con orzo oppure riso, presenti in alcune versioni non riconducibili alla tradizione.

Al calice un “soavissimo” Recioto

Una preparazione complessa, anche al palato e al naso, per una sfida al calice che l’esperto per Civiltà del bere Roberto Anesi raccoglie e rilancia, spostandosi lontano dalla Campania. «Come sempre per l’abbinamento non ho pensato a un vino del territorio. Sono andato decisamente più lontano», racconta il sommelier. Questa volta si è spinto fino a Monteforte d’Alpone, in provincia di Verona. Qui ha trovato il Suavissimus, Recioto di Soave Docg 2014 da uve Garganega al 100% dell’azienda Nardello.

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