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Dove va l’agroalimentare italiano (vino compreso) dopo il Covid

5 Ottobre 2020 Matteo Forlì
Dove va l’agroalimentare italiano (vino compreso) dopo il Covid

Due aziende su tre prevedono un calo del fatturato negli ultimi mesi del 2020. La crisi dell’Horeca non è compensata da vendite online e Gdo. E i mesi invernali non aiuteranno. Pandini (Nomisma): «Anche per la cantine il peggio deve ancora arrivare».

Grande distribuzione e crescita senza precedenti del canale online non bastano a tamponare il congelamento di turismo e ristorazione. Né a infondere fiducia sui risultati di chiusura di questo apocalittico 2020. Questa è la fotografia scattata dalla società di ricerche di mercato Nomisma nel documento “L’industria alimentare italiana oltre il Covid-19 – Competitività, impatti socio-economici, prospettive”. Uno scatto a tinte fosche anche per il comparto vinicolo. E le previsioni per i prossimi mesi non sono più colorate.

Le aziende italiane vedono nero

In seguito al blocco dell’Horeca – i cui consumi valgono il 34% del totale food&beverage Italia – e con incertezze sull’evoluzione dell’emergenza sanitaria sempre all’orizzonte, solo il 20% delle aziende prevede un aumento di fatturato negli ultimi mesi dell’anno. Il 62% invece preconizza una contrazione delle vendite (superiore al -15% secondo più di una su tre). I dati sull’andamento del giro d’affari confermano la previsione: -9,5% ad aprile (sullo stesso mese 2019), -5,8% a maggio e -1,1% sia a giugno che a luglio. E il 42% degli esportatori lamenta un calo sui mercati esteri.

Verso condizioni meno favorevoli

«Lo sguardo preoccupato delle aziende al periodo che chiude l’anno è legato all’esaurimento delle favorevoli condizioni di consumo nel fuoricasa dettate dal periodo estivo nel post lockdown», sottolinea Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma e curatore del Rapporto. «Le condizioni legate alla bella stagione hanno vinto le resistenze sulla sicurezza sanitaria e le preoccupazioni dei consumatori che dunque sono tornati a uscire e spendere per mangiare e bere nel periodo vacanziero. Ora però questo trend è destinato a cessare e questo, unito alla fortissima contrazione del turismo dall’estero – con cali del -93% sulle prenotazioni aeree – e all’attesa trasformazione della crisi sanitaria in crisi economica, eliminerà gli appigli alla ripresa che si erano manifestati nel periodo dell’immediato post-lockdown. Uno scenario in cui dunque la tenuta della grande distribuzione e l’aumento delle vendite online potrà non bastare a tamponare il crollo della ristorazione, italiana e internazionale, e la contrazione dell’export».

Denis Pantini

Il vino oltre il -4% del primo semestre

Considerazioni che trovano il supporto dei dati. «Nel comparto alimentare le vendite nel commercio hanno retto fino a luglio, ma già evidenziano una flessione, e i risultati delle esportazioni hanno mitigato il -10% di maggio ma crescono a ritmi molto bassi. Nello specifico le categorie merceologiche meglio posizionate nella Gdo, come la pasta (+25%) hanno recuperato, ma altre come il vino, che è un prodotto multicanale, ha fatto registrare un -4%. E le aspettative per gli ultimi mesi del 2020, alla luce delle considerazioni fatte, indicano un aggravamento di questo risultato». Il periodo peggiore, insomma, deve ancora venire, anche al netto del manifestarsi di nuovi focolai e dunque ulteriori confinamenti domestici.

Oltre la Scandinavia panorama desolante sul vino

«Nell’ambito del vino e sul tema delle esportazioni possono anche esserci scenari positivi. Ci sono mercati, come quelli scandinavi dove vige il monopolio di Stato sulle importazioni, in cui le vendite di vino italiano sono andate bene nel primo semestre del 2020 (+8,4% in Svezia e +7,3% in Norvegia, ndr) e dove, a meno di altri giri di vite, potrebbe esserci un segno “più” anche per la seconda parte dell’anno», prosegue Pandini. «Il problema maggiore sono quei Paesi dove la presenza del nostro vino sull’Horeca era forte e sui quali, con l’Italia che stava già arrancando prima dell’inizio dell’estate, le previsioni non possono che essere ancora più negative».

L’impatto futuro della crisi sulla Gdo

Particolari scossoni nelle proiezioni sui risultati attesi, invece, non dovrebbero riguardare il canale Gdo dove però, aggiunge Pandini, «il discorso è legato al fatto che l’Italia non ha ancora vissuto il picco della recessione dei redditi spendibili. Ma il problema è all’orizzonte. Quello che era l’utilizzo di quanto accantonato si trasformerà nella dura realtà della crisi delle imprese e della disoccupazione. Un fattore che, se non condurrà alla contrazione del totale del consumo di beni come il vino, certamente porterà a un dowgrading di spesa: da denominazioni di livello qualitativo e di prezzo più alto a prodotti più comuni. E comunque la crisi produrrà un’accentuazione della polarizzazione dei redditi e quindi della diversità dei livelli di spesa».

Foto di apertura: © S. Leclair Freeimages

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