Abbiamo chiesto a un collega giornalista, specializzato in tutt’altra materia, di raccontarci le sue impressioni mentre frequentava le lezioni dell’Ais: ne è nata un’originale mini serie di tre puntate. Questo quarto articolo è una sorta di bilancio finale, ma anche l’inizio di un nuovo percorso
Si è chiacchierato, si è bevuto, si è studiato e, un po’, si è anche scherzato. Ma tutte le cose finiscono e anche il mio corso Ais si è concluso. Ora che manca poco all’inizio del 2° livello, è il momento di bilanci e conclusioni. Senza creare falsa suspense, la risposta a quasi tutte le domande che mi vengono in mente è: sì! Vale il tempo, l’impegno e la spesa? Lo rifarei? Sì, sì a tutto.
Le ragioni di fondo
L’unica domanda che richiede qualche riga in più per trovare una risposta è: perché fare un corso per diventare sommelier? Possiamo farlo perché spinti da un enorme amore per il vino, oppure possiamo studiare a fondo l’enologia perché il nostro scopo è quello di apprezzarne con maggiore consapevolezza ogni sorso (o magari farne un lavoro). In entrambi i casi, che le nostre ragioni siano meccanicistiche o teleologiche, in fondo cambia poco: il primo livello è l’inizio di un percorso molto lungo che comunque parte e finisce con la passione per il vino. A ogni passo si aggiungono conoscenze e competenze; questo amplia gli orizzonti e permette di apprezzare sfumature e complessità che prima si potevano solo intuire grossolanamente.
Che cosa ho imparato
Imparare è inebriante e al tempo stesso lascia quella spiacevole sensazione di socratica ignoranza. Ogni bottiglia, ogni pagina e ogni lezione aprono porte su sconfinati ignoti orizzonti. Lezione dopo lezione si inizia a vedere il vino come un rebus; un rebus che si risolve con la mente e con i sensi, ma soprattutto con molta l’esperienza e con tanto studio. Il corso di 1° livello infatti svela i retroscena del vino: come i colori, i profumi e i sapori finiscono dentro a una bottiglia. Dal terreno all’affinamento, ogni scelta si riflette nel risultato e lo scopo è ricostruire a ritroso questo percorso. La sensazione è quella di fare un giro dietro le quinte di uno spettacolo d’illusionismo. Alla fine, si capisce che ogni magia è frutto di impegno e tecnica. Per degustare un calice, non servono superpoteri gusto-olfattivi e non c’è nulla di esoterico nelle capacità dei sommelier. Tutto si può imparare!
La variabile tempo
Per definizione, un corso di 1° livello parte dalle basi. È stato così, ma i primi passi sono stati fatti correndo un po’ troppo. C’è chi ha stappato per la prima volta una bottiglia di vino e a distanza di poco tempo ha dovuto assorbire collegamenti difficili da comprendere senza almeno un po’ di esperienza.
In generale la gestione del tempo è l’aspetto che ho trovato più opinabile. Ogni lezione ha una durata di circa due ore e mezza e gli insegnanti hanno farcito ogni minuto di tante informazioni. Procedendo così velocemente e volendo toccare così tanti argomenti (e in modo così approfondito), c’è il rischio di perdersi concetti importanti e di non essere in grado di dare una giusta gerarchia alle nozioni.
Le digressioni e l’orario delle lezioni
Lo stesso ragionamento può essere esteso al programma più in generale che comprende anche argomenti un po’ al di fuori di quello che ci si aspetta. Parlo in particolare di birra e distillati. In un paio d’ore si arriva a capire appena che differenza c’è tra una tipologia e l’altra. Non dico che non sia utile, ma, visti il tempo limitato e il risultato incompleto, non sarebbe più proficuo concentrarsi su quello che è il focus principale (il vino)?
Il tempo è nemico anche per un secondo motivo: l’orario. Le lezioni serali (ce ne sono anche di pomeridiane) iniziano alle 20.45 e solitamente terminano intorno alle 23.15. Già verso le 22 si gonfiano qua e là i primi sbadigli e in molti guardano l’orologio, stanchi della giornata di lavoro. Le tante informazioni sono pesanti da masticare e si arriva al momento della degustazione con la testa in blocco digestivo. Questo, proprio nel momento in cui sarebbe più importante essere brillanti e in grado di collegare la teoria ai sensi.
Bonus e conclusioni
Partecipare ai corsi Ais vuol dire prima di tutto entrare nel mondo dell’Associazione Italiana Sommelier. Ci si mette in tasca una tessera che non è solo un sine qua non per le lezioni. L’iscrizione offre infatti l’accesso a un calendario fittissimo di incontri (anche gratuiti) e degustazioni. Un vero e proprio Paese dei balocchi per chi ama il vino e anche un’occasione per conoscere eccellenze gastronomiche e approfondire la cultura della buona tavola. “La vita è troppo breve per bere vini mediocri”. È una delle citazioni sul vino più ordinare, ma contiene in sé una lettura secondaria e un’implicita verità. Per non bere vini mediocri infatti bisogna prima di tutto saperli riconoscere. Un’altra ottima risposta alla domanda: perché iscriversi a un corso per diventare sommelier.