L’annuncio della sospensione è certamente una buona notizia, ma sarebbe più giusto parlare di riduzione, e il provvedimento rivela tutta l’instabilità della situazione attuale. La Cina, al contrario, è stata colpita da un ulteriore aumento (125%), mentre restano invariate le quote per Canada e Messico.
Per approfondimenti: Euractiv, Meininger’s International, The drinks business e Reuters
Novanta giorni di pausa, così ha dichiarato il 9 aprile il presidente americano Donald Trump, comunicando la nuova decisione tramite Truth Social. Il dietrofront è avvenuto meno di 24 ore dopo l’entrata in vigore dei dazi precedentemente annunciati. Giornali e politici festeggiano, ma spesso omettono che i dazi non sono stati del tutto revocati: per l’Ue, così come per tutti i Paesi citati da Trump, rimangono al 10%, esclusa la Cina, colpita da un ulteriore aumento. Restano invariati i dazi per Canada e Messico e in vigore quelli del 25% su alluminio, acciaio e automobili.
L’avvio dei negoziati e la guerra commerciale con la Cina
“Alla luce della mancanza di rispetto che la Cina ha mostrato nei confronti dei mercati mondiali, aumento i dazi applicati alla Cina dagli Usa al 125% con effetto immediato”, ha scritto Trump su Truth Social. Affermando che oltre 75 Paesi avevano chiesto l’avvio di negoziati, il presidente Usa ha inoltre dichiarato di autorizzare “una PAUSA (scritto in maiuscolo come a rimarcare la decisione non definitiva, ndr) di 90 giorni e dazi ridotti al 10% durante questo periodo, anch’essi con effetto immediato”. La sospensione dei dazi di Trump fa riprendere – almeno per il momento – i mercati, ma sposta l’attenzione della guerra commerciale sulla Cina. Tutti gli altri Paesi saranno comunque colpiti da dazi minori, ma in ogni caso esistenti (Euractiv).

Le ripercussioni sul settore vitivinicolo
Su Meininger’s International Anja Zimmer analizza le ripercussioni della “riduzione” – come sarebbe opportuno chiamare quella che nella maggior parte dei casi è, invece, definita sospensione – dei dazi sul settore vitivinicolo. Colpito, come gli altri campi, da questo continuo tira e molla che mina la stabilità dei rapporti commerciali, degli investimenti e la fiducia dei consumatori, anche il mondo del vino ha subìto negli ultimi mesi un drastico rallentamento. “Quindi, sebbene gli sviluppi odierni possano offrire un sollievo temporaneo, la questione è tutt’altro che risolta e probabilmente continuerà a plasmare le prospettive del settore per un certo periodo”, scrive la giornalista.
La risposta dell’Ue
Anche The drinks business usa un titolo poco sensazionalistico, precisando che non si tratta di una cancellazione temporanea dei dazi, bensì di un abbassamento. Mentre l’ultima mossa di Trump si rivelerà “devastante per le vendite di whisky, baijiu, vino e birre cinesi”, la “tregua temporanea” arriva comunque in un momento delicato, dato che l’Ue aveva appena approvato delle contromisure per un valore di 22 miliardi di euro su prodotti statunitensi. I dazi Ue sarebbero dovuti entrare in vigore il 15 aprile, ma anch’essi sono stati attualmente sospesi per 90 giorni. Intanto, la Commissione europea ha dichiarato che continuerà a cercare una soluzione negoziata “equilibrata e reciprocamente vantaggiosa” con Washington.
“Una buona notizia a metà”, fa sapere Fevs
Nicolas Ozanam, a capo della Federazione francese per l’esportazione di vini e liquori (Fevs) ha fatto sapere a Reuters che la decisione dell’amministrazione Trump consentirà inizialmente alle aziende francesi di riprendere le spedizioni con dazi doganali del 10% invece del 20%, quindi allo stesso livello di tutti gli altri fornitori, ma che il vero problema saranno le spedizioni da gestire in una finestra temporale di soli 90 giorni e che «con i dazi del 10% rimasti in vigore il settore continua a subire pressioni inflazionistiche». Inoltre: «Con il dollaro in calo, tutto questo porterà comunque a un aumento dei prezzi e quindi a un calo dei consumi negli Usa».