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Parliamo del Beaujolais e in genere dei Nouveaux 

28 Novembre 2024 Civiltà del bere
Parliamo del Beaujolais e in genere dei Nouveaux 

Sfogliando i vecchi numeri di Civiltà del bere ci siamo imbattuti in questo articolo dell’enologo ed enotecaro Angelo Solci che dava prematuramente per morta tutta la tipologia dei vini “a macerazione carbonica”. Come sappiamo, invece, di lì a poco in Italia sarebbe esploso il fenomeno del Novello.

All’inizio della primavera, come di consueto, arrivano i vini della vendemmia precedente, suscitando l’interesse dei consumatori e rivitalizzando il commercio dopo la tradizionale stasi dei primi mesi dell’anno. Tra l’euforico periodo prenatalizio e questa ripresa primaverile coincidente con la presentazione dei vini “giovani” c’è una specie di interregno: è il momento dei Nouveaux.

La parabola Beaujolais Nouveau

Quando si parla di questo tipo di vino si parla soprattutto del Beaujolaisil vino dell’area del Rodano cui i francesi hanno abilmente saputo imprimere una sofisticata immagine di moda, ma che probabilmente mai riusciranno a trasformare in “mito”. Il Beaujolais Nouveau nasce a novembre da un processo di vinificazione particolare chiamato “a macerazione carbonica”: viene immesso sul mercato in un giorno fisso, ad un’ora fissa, con una coreografia che si potrebbe definire scenica, tanto è curata nei particolari e tanto è attenta agli effetti emotivi presso il consumatore.
Neanche i francesi osano definirlo un “grande vino”, ma purtuttavia, nel suo rango, deve essere considerato un vino di altissima qualità. Ma come le variopinte farfalle che in primavera riempiono di colori le splendide tavolozze dei prati in fiore, anche il Beaujolais Nouveau nasce con una precisa condanna, quasi a smorzarne una eccessiva vanità: ha una vita effimera, limitata nel tempo. A Pasqua, quando i vini “giovani” vanno all’altare per le loro festose nozze con il consumatore, i nouveaux devono invece, purtroppo, incominciare a pensare alle proprie esequie.

Il punto di vista di Meregalli e Rabezzana

Allora, come sono andati quest’anno i NouveauxPer non essere fuorviato da un giudizio troppo personale, ho fatto un piccolo sondaggio presso tre enoteche per avere un’opinione allargata. Giuseppe Meregalli, titolare della nota enoteca monzese, sembra…istituzionalmente contrario a questo tipo di vino, coinvolgendo naturalmente nel suo giudizio tutti i vini analoghi; seriamente competente in fatti di enologia, rifiuta le mode che sovente favoriscono improvvisazioni ed errori. Renato Rabezzana di Torino, altro bravo collega, ha cercato di presentarmi una situazione torinese “filtrata” naturalmente dall’esperienza del suo locale. Dopo le non esaltanti esperienze del passato, quest’anno il Beaujolais Nouveau non l’ha neppure venduto, ma dice di non aver risentito della mancanza poiché sono pochissimi i clienti a richiederlo. Il parere di Rabezzana sul futuro di questi vini è dubbioso: secondo lui, sfogato il momento della moda, il consumatore ritorna ai vini tradizionali.

La flessione e le previsioni

Marco Trimani di Roma, il “vinaio” della Capitale (rifiuta il termine “enotecaro” perché poco efficacemente esprime la vendita di un prodotto vivo e gaio come il vino) ha registrato invece vendite discrete, ma inferiori a quelle dell’anno precedente. Secondo lui i vini novelli rientrano nella categoria della merce “da banco”, cioè quella che bisogna esporre e spingere in modo appariscente per far sì che il consumatore se ne avveda. Anche se la flessione riscontrata quest’anno potrebbe essere dovuta all’andamento economico generale, le prospettive per questi vini, secondo Trimani, non sono esaltanti. Anche a Milano, nella nostra enoteca, il Beaujolais ha riscontrato una flessione nelle vendite ed in genere questo tipo di vino denuncia una certa stanchezza. Potremmo anche sbagliare, ma ci è sembrato di percepire un certo invecchiamento dell’immagine: sintomo certo non positivo per un vino “nouveau”.

Angelo Solci, titolare della storica enoteca Solci di Milano, ma anche enologo e produttore di spumanti

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