L’area del Gambellara, a lungo sonnecchiante, sta da qualche tempo uscendo allo scoperto grazie all’avvento delle nuove generazioni. Una realtà paradigmatica è quella di Dal Maso di Montebello Vicentino (Vicenza). «Il Gambellara Classico Doc Riva del Molino», ci racconta Nicola Dal Maso, «è un vino che io e mio padre Luigino abbiamo fortemente voluto per dare la dignità e l’importanza che la Doc Gambellara meritava. Volevamo una Garganega che esprimesse l’unicità dei nostri suoli vulcanici: neri e basaltici; al tempo stesso intendevamo creare un vino bianco complesso e longevo. La nostra vigna Riva del Molino si prestava allo scopo: viti ormai vecchie, cloni di Garganega da noi riscoperti e valorizzati, piante a pergola aperta in perfetto equilibrio vegeto-produttivo.
Dopo alcune vendemmie di rodaggio, la prima grande annata fu la 2004, a cui siamo particolarmente affezionati, così come amiamo la 2005». Quali sono le loro particolarità? «In entrambe le edizioni optammo per una vinificazione del tutto tradizionale: maturazione ottimale, fermentazione in acciaio a bassa temperatura, lieviti indigeni: tutto qui. Vini che per la verità non ci colpirono subito, ma che si sono aperti dopo 3-4 anni di vetro, oggi maturi ma con un lungo futuro davanti». Altre annate notevoli? «Nel 2006 cambiammo registro: più cura in vigna, leggera surmaturazione dei grappoli previo taglio dei tralci, avvio di fermentazione in acciaio, proseguimento in botte e poi di nuovo in inox per una sosta sulle fecce fini. Ne scaturì un vino potente, che solo oggi sta trovando un suo perfetto equilibrio. Nel frattempo però la mia idea di un grande bianco stava di nuovo evolvendo. Volevo un vino più di territorio, fresco e minerale, meno massiccio. Con le ultime due annate – 2007 e 2008 – credo di aver trovato la “ricetta”: uve mature ma non surmature, vinificazione metà in legno e metà in acciaio, successivo assemblaggio in gennaio, maturazione in cemento sino ad aprile con inibizione della malolattica, imbottigliamento. Ne sono risultati due vini moderni, ma lo stesso di tradizione, di certo ancora vivi e pimpanti per tanti anni a venire».