Scienze

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Come curare il mal dell’esca

25 Gennaio 2017 Elena Erlicher
Prevenire è meglio che curare. Lo sanno bene Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, che intorno alla prevenzione delle malattie della vite hanno costruito la mission dei Preparatori d’Uva, che formano le maestranze interne alle Cantine di tutto il mondo sulle corrette tecniche di potatura da utilizzare. Ma sanno bene anche un’altra cosa, e cioè che quando una pianta malauguratamente (o proprio per errate tecniche di potatura) si ammala, bisogna fare di tutto per preservarne la vita, prima di procedere al suo estirpo.

L'obiettivo

«Il patrimonio del vitivinicoltore», dichiara Marco Simonit, «risiede nelle proprie viti, e rendere le vigne longeve, “durabili”, come amiamo dire mutuando il termine dal francese durable, deve essere il suo, e anche il nostro, obiettivo primario. Ciò che gli permette di ottenere poi nel calice un vino identitario, specchio del terroir dove nasce». La tecnica della dendrochirurgia, messa a punto dai Preparatori d’uva Simonit & Sirch, ha lo scopo di salvare le piante dall’estirpo curando una delle malattie della vite più gravi, cioè il mal dell’esca – non a caso anche la più diffusa nel mondo, e in particolare in Europa.

Il mal dell'esca

Si tratta di un complesso di patogeni (funghi) che attacca il legno secco degradandolo finché esso assume una consistenza spugnosa, friabile e un colore bianco giallastro (detta carie). I sintomi della malattia vanno dalla classica “tigratura” della foglia alla disidratazione delle bacche no al progressivo disseccamento della pianta; e nel volgere di poco tempo, per le forme apoplettiche, o nell’arco di 4-5 anni, per le forme croniche, si arriva alla necessità dell’estirpo e della sostituzione con una nuova barbatella sana.  

La ricerca per curare il mal dell'esca comincia in Francia

La dendrochirurgia è una tecnica “chirurgica” sperimentata prima in Francia e poi in Italia che consiste nell’asportare la carie che si forma sotto le ferite provocate da una potatura non corretta, proprio quelle attraverso le quali i funghi penetrano e attaccano il legno, arrivando a compromettere l’integrità del sistema linfatico della vite. Questa tecnica ha dato risultati veramente straordinari, portando in un solo anno (2015-16) al 97% di piante asintomatiche operate nell’azienda Schiopetto di Capriva del Friuli (Gorizia). Percentuale che sale addirittura al 99% (sempre dal 2015 al 2016) in Francia, a Château Reynon dove tutto è cominciato nel 2011 con Denis Dubourdieu.

Pandemia a Bordeaux

Le prime prove, infatti, sono iniziate nell’azienda vitivinicola del grande enologo, recentemente scomparso. Fu proprio lui, cinque anni fa, a chiamare i Preparatori d’uva Simonit & Sirch per far fronte a quella che lui stesso considerava un caso di pandemia a Bordeaux, che colpiva soprattutto varietà come il Cabernet Sauvignon e il Sauvignon blanc. «In Francia nel 2001», ricorda Massimo Giudici, responsabile della filiale di Bordeaux, «era uscito di scena l’arsenito di sodio, unico trattamento chimico che avesse dimostrato un effetto positivo nel limitare i sintomi del mal dell’esca, ma anche estremamente tossico e in Italia già vietato dal 1977». Di lì la conseguente recrudescenza della malattia negli anni a seguire e la chiamata di Dubourdieu per cercare una soluzione immediata e pratica.  
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 06/2016. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com. Buona lettura!

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