I concorsi enologici sono riti che si celebrano in tutte le zone della terra ove si produce vino, per cui non ci si salva da essi neppure nei Paesi del Nuovo Mondo; la sensazione è però che in Italia il fenomeno abbia dimensioni esagerate: sono poche le regioni in cui non se ne svolga neanche uno. Poiché si tratta di competizioni, la cosa non può stupire più di tanto: l’Italia è un Paese pronto a farsi coinvolgere non solo da uno sport, ma da qualsiasi tema, purché sia espresso in forma antagonistica da un Coppi e da un Bartali, e vinca il migliore. È proprio questo il punto, però: i concorsi enologici soddisfano davvero questa passione popolare? È dubbio che ci riescano anche i più seri. La Douja d’Or, per esempio, di cui si è svolta recentemente la trentasettesima edizione: vi hanno partecipato 1.020 vini e ne sono stati premiati 506. Troppi perché la gara risultasse eccitante. Ma troppi anche per una selezione realmente utile. Bisognerebbe almeno porre il limite di 365 bottiglie, per poterne assaggiare una al giorno prima che la prossima Douja d’Or ne proponga altre.
