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Chi manca all’appello nelle guide dei vini

3 Gennaio 2020 Cesare Pillon
Chi manca all’appello nelle guide dei vini

Sono arrivate in libreria le sei guide 2020 che giudicano i vini con un voto (Gambero Rosso, Veronelli, Ais, Bibenda, Cernilli, Maroni) e, c’è da scommetterci, su qualcuna di esse si noteranno assenze illustri. Mancheranno cioè, come succede da qualche anno, i soliti noti, quei vini famosi che per la loro eccellenza dovrebbero occupare i primi posti in tutte le classifiche della qualità.

L’anno scorso, per esempio, tra i rossi al top di tutte e sei le pubblicazioni non c’era neanche un vino di Angelo Gaja, mancavano all’appello il Solaia, l’Ornellaia, il Masseto, cioè il vino italiano che spunta alle aste il prezzo più alto.

Assenti illustri: quali sono i motivi?

Perfino il Sassicaia, al vertice della graduatoria su cinque guide, era ignorato dalla sesta (Maroni). E questo avveniva mentre una rivista di prestigio internazionale come Wine Spectator lo proclamava numero uno del mondo. Altrettanto sorprendente la mancanza, tra gli spumanti, dei marchi che hanno sempre dominato la classifica: Ferrari e Ca’ del Bosco (tralasciati da Maroni), Bellavista (ignorato da Veronelli e Maroni). Perché queste assenze?

#1: la cadenza annuale del giudizio

Primo motivo: le guide che giudicano i vini con un voto vengono pubblicate tutti gli anni. Quando a realizzarne una in Italia era soltanto Luigi Veronelli, la sua guida, editore Bolaffi, compariva in libreria ogni quattro o cinque anni. Questa cadenza era ovviamente condizionata dal fatto che ad assaggiare i vini era soltanto lui. A determinarla era però un concreto motivo editoriale: i vini con il più alto indice di gradimento non possono cambiare radicalmente ogni 12 mesi e chi dovrebbe comprare la guida prima o poi se ne accorge. Quando si rende conto che nel Pantheon di quella appena pubblicata ci sono più o meno le stesse bottiglie, si tiene quella dell’anno prima.

#2: le guide sono troppe

Secondo motivo: le guide in Italia sono troppo numerose. Questa rubrica ha già sottolineato tre anni fa che, a causa dell’eccesso di offerta, assurdo in tempo di crisi della carta stampata e di sovrabbondanza di informazione via internet, le guide sono ossessionate dall’esigenza di differenziarsi una dall’altra, e lo fanno cercando di scoprire vini inediti di produttori sconosciuti. È per far spazio all’emergente, per consentirgli di farsi notare, che alcune di esse hanno preso l’abitudine di ignorare (o di sottovalutare) le bottiglie di più riconosciuto valore. Tradendo così la loro stessa natura: una guida dei vini d’Italia dovrebbe segnalarli tutti, selezionandoli esclusivamente in base alla loro qualità, oppure cambiare titolo.

#3: le “colpe” dei grandi vini

Terzo motivo: è logico supporre che i soliti noti messi al bando siano emarginati perché si attribuisce loro qualche colpa. Ma quale? Visto che oggi va di moda detestare tutti i vini che non nascono dalle uve cosiddette autoctone, è probabile che ai quattro SuperTuscan scomparsi l’anno scorso da qualcuna delle guide sia stato rimproverato proprio questo, cioè d’esser figli del Cabernet Sauvignon piuttosto che del Merlot, anche se sposati in qualche caso al Sangiovese. Tanto più che si sono macchiati anche di un’altra colpa: sono maturati in barrique, oggi assurdamente aborrita anch’essa. Però non tutti i vini con questo profilo hanno subito la stessa sorte: il San Leonardo, per esempio, l’anno scorso era ai primi posti su tutte e sei le guide. Come mai? Al San Leonardo manca l’unica caratteristica che hanno in comune tutti gli assenti illustri dell’anno scorso: il prezzo elevato. Chi li ha presi di mira evidentemente non li ritiene cari: è convinto che siano troppo cari.

#4: il sospetto…

Potrebbe anche esserci un quarto motivo: il produttore per qualche ragione non ha fatto pervenire ai critici di una certa guida le bottiglie da degustare e questi non hanno ritenuto fosse il caso di insistere nella richiesta o di acquistarle. Sembra il motivo più improbabile, ma forse è il meno impossibile.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 6/2019. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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