La capitale belga vanta una tradizione che risale al XVII secolo. È il posto giusto per gustare le novità specialty, ma anche un espresso fatto come si deve. Tra gli indirizzi non mancano i caratteristici Kiosk.
Città che vai, caffè che trovi. L’avete notato? Questa bevanda quotidiana, a seconda della latitudine e della cultura, assume mode e modi di consumo assai diversi. Così esplorare la scena caffeicola di una metropoli, i suoi luoghi e riti, è un mezzo per approcciare la tradizione e lo stile di vita dei suoi abitanti in maniera più approfondita che andando per boutique o musei. Per questo abbiamo pensato di portarvi a spasso per alcune città del mondo usando la lente del caffè: non saranno necessariamente le più famose o scontate, ma sicuramente hanno sviluppato un loro approccio e una storia distintiva. Bruxelles è una di queste.
Il Belgio è uno snodo naturale non lontano dagli immensi porti di Rotterdam e Amburgo, porta d’ingresso in Europa, e vanta una lunga storia del caffè che risale al XVII secolo. Oggi Anversa rappresenta il più grande centro di stoccaggio di caffè verde (non tostato) del mondo. In quanto potenza coloniale, il Belgio aveva anche un contatto diretto con i Paesi produttori, Congo e Ruanda. A metà Ottocento pare ci fossero oltre 300 caffetterie a Bruxelles.
La più antica ha oltre 500 anni, si chiama Au Vieux Spijtigen e di qui passarono Charles Baudelaire e Victor Hugo. La lunga frequentazione con il caffè emerge anche dai nomi e dalle modalità diverse di assumerlo.
Due gli stili di consumo
In nessun altro luogo come nella capitale belga convivono da tempo le due anime del caffè. Quella mediterranea, “espressa”, nera e amara, spesso addolcita da un koffiekoeken (i dolci per caffè presenti sotto varie forme nelle panetterie) o da una pralina. Da Laurent Gerbaud di Rue Ravenstein 2D, presso il Bozar (centro culturale Art Nouveau disegnato da Horta) con il caffè ve ne fanno scegliere due da una vetrina delle meraviglie, e li vorreste prendere tutti. È un approccio al caffè rappresentato dalla miscela storica Moka, amata dalla comunità francofona. Mentre la Dessert, più chiara, fruttata e acida, che si trova nei supermercati, fu il riferimento della comunità fiamminga, vicina culturalmente ai Paesi scandinavi e tedeschi. E ha fatto da trampolino all’avvento degli specialty.
Una caffetteria in ogni quartiere
A Bruxelles le caffetterie sono in ogni quartiere, diversissime una dall’altra. Lo scopriamo nel coffee tour organizzato da Thomas Wyngaard di Ok Coffee, che ebbe a Brooklyn nel 2019 l’idea di progettare dei percorsi “caffeinici” per mostrare la diversità di questa bevanda. Scopriamo così che il caffè sta crescendo ovunque: dagli alberghi ai ristoranti agli spazi commerciali.
Una buona monorigine specialty si può gustare al bar – aperto a tutti – dell’Hotel Hoxton, dove ci si può anche fermare a lavorare nello spazio di co-working. Abbiamo provato un macchiato con bevanda vegetale (in Nord Europa è più diffusa del latte vaccino) ai piselli in un negozio di vinili in centro, Chez Pias (Rue Saint-Laurent, 36).
Un vero e proprio specialty coffeeshop con una macchina spaziale è invece Barkboy (Rue de l’Enseignement 20), mentre da Bouche (Rue de Namur 4) abbiamo provato grandi caffè, estratti in filtro da un campione barista: un Geisha colombiano con macerazione carbonica e una Typica Mejorado di Pepe Jijon, produttore equadoregno, lavorata con un processo particolare chiamato tyOxidator washed, del cittadino Manhattan Coffee Roasters.
Passeggiando per shopping nella deliziosa Rue du Bailli, il nostro pit stop caffè è stato Belga & Co (al numero 7A) con un accogliente salottino e un delizioso giardino interno.
Chioschi, micro torrefazioni e sperimentazioni
A Bruxelles il caffè di qualità è talmente diffuso che si trova anche nei chioschi: è il caso di Kiosk Radio nel Parc Royal che, come dice il nome, è una radio che diffonde musica no-stop.
Tante le micro torrefazioni che alimentano la scena cittadina. Molte puntano su caffè strepitosi, particolari, al limite dell’unico, processati nei Paesi d’origine con lavorazioni e fermentazioni sperimentali. «È incredibile come la scena sia evoluta solo negli ultimi due anni e si stia ancora espandendo», dice Tanguy Herssens, che nel 2020 ha fondato Gust Coffee Roasters. «La gente è più attenta al caffè buono, ma anche all’aspetto etico della filiera». Come in tanti altri campi dell’enogastronomia.
Dove va un torrefattore a prendere un caffè in città? «Bouche è davvero avanguardista, poi ci sono Popotes, Frank, Kami, Caleo e uno appena aperto, Batch». Qui potrete mangiare, bere vino e cocktail sostenibili per le persone e l’ambiente. L’onda di Bruxelles va in quella direzione, nonostante tutto. E fa bene seguirla.
Oltre il caffè: mangiare, bere e andar per mostre
La capitale d’Europa e del Belgio sta vivendo una stagione culturale brillante. Tanti i nuovi musei e spazi culturali aperti in ex fabbriche (come Wiels, che conserva all’entrata i tipici tini di rame per birra, e Mima, nell’area rivivificata di Molenbeek-Saint-Jean) o nel Patinoire Royale (Rue Veydt 15), la prima pista di pattinaggio a rotelle del mondo. Volete una birra? Recatevi da Brasserie Surréaliste (Place du Nouveau Marché aux Grains 23), il microbirrificio più chic, con un originalissimo stile industrial-rococò e provatene una invecchiata in botte. Quest’anno nell’ex Borsa è stato poi inaugurato il Belgian Beer World (Boulevard Anspach 80), museo interattivo sulla cultura brassicola belga.
In movimento anche la scena gastronomica che punta sul vegetale gourmet. Altamente consigliato è Entropy (Place Saint-Géry 22), che sembra un bistro e cucina come uno stellato, ma i cui profitti vanno al Progetto Hearth Asbl che lotta contro lo spreco alimentare e la precarizzazione. Da provare il loro pairing con bevande analcoliche create dallo chef (ma se optate per i vini, non vi deluderanno). Il cocktail bar da non perdere è Life is Beautiful (Rue Antoine Dansaert 161). Da qui si raggiunge a piedi per cena il ristorante, bar e centro culturale etiope Toukoul (Rue de Laeken 34).