Degustazioni

Castello Banfi, a Milano debuttano i Brunello 2018

1 Novembre 2022 Matteo Forlì
Castello Banfi, a Milano debuttano i Brunello 2018

Castello Banfi svela l’anteprima dei Brunello 2018, annata spartiacque di una nuova filosofia produttiva in vigna e in cantina. «La scommessa è fare vini sempre più capaci di interpretare la territorialità».

Un’anteprima delle anteprime. A pochi giorni dall’edizione 2022 di Benvenuto Brunello, Castello Banfi toglie il velo ai risultati dell’annata 2018. Un millesimo generoso in vigna e che segna un punto di svolta nella produzione dell’azienda: 40 anni e non sentirli sui versanti di Montalcino.
La più grande realtà vitivinicola ilcinese, che si estende per 2.830 ettari fino al confine con la Val d’Orcia, è da sempre apripista del Brunello. Dalle intuizioni di John e Harry Mariani, tra i primi a investire qui alla fine degli anni Settanta, che ispirarono molti produttori, alle recenti innovazioni. Le continue sperimentazioni tecniche in cantina e il sentiero che porta a una viticoltura sostenibile, tanto in vigna quanto nel bilancio.

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Enrico Viglierchio, direttore generale di Castello Banfi © P. Biava

Interpretare la territorialità

«La 2018 è un’annata che rappresenta una sorta di spartiacque; una firma sul progetto di cambiamento che avevamo in mente e che abbiamo avviato», specifica Enrico Viglierchio, direttore generale di Castello Banfi. «Con l’idea di un timbro meno invasivo possibile in cantina, abbiamo scelto di aumentare progressivamente l’uso della botte grande rispetto alla barrique, seguendo sempre la logica della migliore interpretazione possibile dell’annata».
Il filo conduttore stilistico che accomuna i nuovi vini di Banfi in uscita segue il solco tracciato dal Vigna Marrucheto, alla seconda vendemmia con la versione 2017, nato con le stimmate di apripista della nuova filosofia produttiva. Solo affinamento in botte grande da 60 e 90 ettolitri, è un vino figlio della zonazione dei vigneti e della selezione clonale sul Sangiovese.
La capacità di interpretare la territorialità, intesa non solo in termini di localizzazione geografica ma anche di caratteristiche pedoclimatiche, «diventerà un valore sempre più distintivo», è convinto Viglierchio, «anche alla luce delle grandi sfide che sta lanciando il climate change. La nostra scommessa è quella di cercare di mettere sempre più in evidenza questo valore, attraverso nuove tecniche di cantina che tendano a esaltare le caratteristiche tipiche della zona e delle uve».

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La bottaia di Banfi © P. Biava

Una nuova filosofia per il Brunello

Biglietto da visita della Cantina, Castello Banfi Brunello di Montalcino Docg 2018 spegne le 40 candeline con una interpretazione di grande bevibilità, un po’ il marchio di fabbrica dei Brunello aziendali. Figlio di un’estate molto piovosa, ma bilanciata da un settembre soleggiato con venti asciutti che hanno consentito una maturazione corretta delle uve, ha nell’equilibrio tra le componenti acida, sapida e tannica la sua caratteristica principe. È un vino che profuma di visciole, melograno, arancia rossa. È profondo e persistente. Dopo la vinificazione, oltre l’80% della massa affina in botti di rovere da 60 e 90 ettolitri per 30 mesi; segue un riposo in bottiglia per altri 12.
Medesime tempistiche, ma la percentuale che incontra la barrique resta più alta (anche se ridotta rispetto alle versioni precedenti, dove l’uso della botte era quasi esclusivo), per Poggio alle Mura, Brunello di Montalcino 2018. Il cru, 27,5 ettari di vigna che circondano l’omonimo Castello, interpreta la stagione con una struttura olfattiva balsamica e complessa; emergono accenti di frutta rossa croccante, una sapidità bilanciata e tannini levigati.

La certificazione Equalitas

Poggio alle Mura 2018, insieme con Poggio all’Oro Riserva 2016 e al prossimo Vigna Marrucheto 2018, è anche uno dei primi Brunello che potrà riportare in etichetta il bollino Equalitas.
«Una certificazione che testimonia come Castello Banfi faccia della sostenibilità uno dei suoi valori fondanti ed elemento autentico della propria storia», rimarca ancora Viglierchio. «Le buone pratiche in vigna e in cantina sono parte centrale dell’impronta produttiva che vogliamo dare nei prossimi anni, ma non bastano. La sostenibilità deve essere tale anche nei conti. Deve entrare a far parte del dna di un’azienda, non può basarsi unicamente su incentivi governativi». Il riconoscimento Equalitas, che oltre a indicatori come carbon footprint, water footprint e biodiversity friend include anche best practices socio-economiche, «si inserisce nel più ampio programma di azioni e obiettivi del Piano strategico di sostenibilità, che indirizza le scelte aziendali e che trova rappresentazione nel Bilancio di sostenibilità».

Foto di apertura: dall’annata 2018 Castello Banfi ha scelto di aumentare l’uso della botte grande rispetto alla barrique

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