Tra gli alimenti da carne rossa la bresaola è sulla cresta dell'onda. Piace per la semplicità di utilizzo, per la comodità di consumo e perché rappresenta un cibo salutare ricco di proteine, ferro e sali minerali. E pensare che la sua lavorazione è tra le più antiche della storia, quando per conservare alimenti di origine animale si usava il fuoco di legna per affumicare e, più tardi, il sale.
L'origine in Valchiavenna
La bresaola migliore fa parte di una gamma di prodotti tipici dell'arco alpino e di tradizione probabilmente celtica. Le sue cugine più note sono la mocetta della Valle d'Aosta e la carne salada del Trentino. L'origine della Bresaola sarebbe in Valchiavenna da cui si è estesa in Valtellina, entrambe in provincia di Sondrio. Valtellinesi e Chiavennaschi rivendicano l'unicità dei loro prodotti: valli diverse, ventilazione diversa ma con una costante: l'incontro dell'aria che risale dal Lago di Como (Breva) con quella fine e fresca di montagna.
Bresaola o Brisaola?
I puristi precisano: Bre- in Valtellina e Bri in Valchiavenna. Qui è rimasta ancora la tendenza ad affumicare leggermente le carni, cosa che si è un po' perduta altrove. Anche qui l'etimologia del nome ci parla dell'origine del prodotto. Per la bresaola vi sono più interpretazioni. Il prefisso bre potrebbe collegarsi alla definizione antica di cervo, animale selvatico che fu addomesticato sembra ancora prima dei bovini. Ancora oggi si producono bresaole di cervidi e di caprini. L'altro significato deriva da brace, riferito al fuoco che serviva per affumicare le carni.
Carni bovine di diversa provenienza
Meglio un bovino che pascola all'aperto, magari in Sudamerica, che un bovino italiano alimentato a mangimi in una stalla. Questo il principio che regola la produzione della Bresaola della Valtellina Igp che per poter contare su una produzione selezionata di larga scala ha dovuto rivolgersi all'estero, soprattutto Brasile e Argentina. Va considerato inoltre che i bovini dell'arco alpino sono allevati per il latte. Altre carni, altra storia. Chi ha una piccola produzione, invece, recupera animali dalla vicina Austria o Germania, ma anche dall'Italia, scegliendo razze note per la carne.
Non una Bresaola, ma cinque
Più che di una, si dovrebbe parlare di cinque bresaole, dal numero dei muscoli che costituiscono la coscia: punta d'anca, fesa, sottofesa, magatello e sott'osso. In aggiunta c'è anche un piccolo muscolo dalla forma triangolare, che a volte viene lavorato a parte, ed è la slinzega. I pezzi che vanno per la maggiore sono la punta d'anca che costituisce il muscolo più grande della coscia, pesa inizialmente dai 4 ai 6 chili ed è molto magro. E il magatello, attorno ai 3 chili, forse meno morbido ma più gustoso.
Spezie, aromi, stagionatura
Le carni vengono massaggiate con sale, aglio, a volte vino, ed una serie di erbe aromatiche e spezie in una miscela segreta per ciascuna azienda. Seguono l'asciugatura e la stagionatura. Qualcuno riesce a farle maturare nei crotti, antichi ricoveri scavati nella roccia, tipici del territorio. Ci vogliono da un mese e mezzo a due per avere una maturazione corretta, periodo in cui il muscolo perde attorno al 40 per cento del peso.
Curiosità: la Bresaola grisa
La bresaola migliore è quella affettata al momento, e se va sui piatti caldi va messa all'ultimo minuto. Una curiosità per i gourmet: esiste la bresaola definita grisa perché intramezzata da più fili di grasso che ne stemperano il colore. È una rarità paragonabile al più celebre kobe giapponese.