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Bosco, la spina dorsale dei bianchi delle Cinque Terre

14 Marzo 2018 Roger Sesto

L’uva Bosco è un vitigno protagonista nelle Cinque Terre, anche se a volte meno considerata di Albarola e Vermentino. Eppure è la varietà che meglio si ambienta nelle zone più soleggiate e più vicine al mare. È relativamente poco produttivo, dai grappoli spargoli e dalle bucce che vanno dal verdognolo, al giallo, fino all’arancione quando le uve sono ben mature. Di contro patisce gli attacchi di oidio, sovente presente nelle Cinque Terre. Questo impone inevitabili trattamenti nel corso della stagione. «Nonostante tale problematica, mai ridurrei la quantità di Bosco che impiego nei miei bianchi. Solo il rarissimo Rossese bianco gli tiene testa, uva di cui per fortuna conservo ancora diversi ceppi», spiega Samuele Heydi Bonanini, patron dell’azienda Possa, realtà certificata Triple A .

L’identità del territorio è tutta nel Bosco

«La Valle di Possaitara è una delle zone più calde del comprensorio e mi è da sempre sembrato normale puntare su questo vitigno, che racchiude il 90% delle caratteristiche che un identitario Cinque Terre Doc dovrebbe avere. Viceversa il Vermentino non lo prendo nemmeno in considerazione. L’ho estirpato dalle mie terre anni fa, non ritenendolo autoctono del mio territorio». Samuele crede così tanto in questa cultivar, da impiantarla anche ad altimetrie teoricamente più adatte all’Albarola, ovviamente esponendola al meglio e ottenendo così ottimi risultati.

È perfetto per le lunghe macerazioni

L’uva Bosco genera vini minerali, sapidi, quasi salmastri, probabilmente anche per via della sua coltivazione così vicina al mare. Al naso esprimono netti ricordi di macchia mediterranea: ruta, lentisco, timo e rosmarino. «Un vitigno che per le sue caratteristiche si presta anche a lunghe macerazioni sulle bucce; aspetto che caratterizza tutti i miei vini. L’unica pecca a livello analitico è una non elevatissima acidità, il che andrebbe a limitare la longevità di un ipotetico vino prodotto con Bosco in purezza».

Immediata sintonia tra Cantina Possa e Triple A

A cosa è dovuta l’adesione al protocollo Triple A? «La ritengo il coronamento di 20 anni di lavoro, durante i quali ho sempre evitato l’impiego di prodotti sistemici, ricorrendo solo a zolfo e rame. In cantina sono sempre stato contrario sia all’uso di lieviti selezionati sia a solfitaggi pesanti, ritenendo che la natura potesse dare ottimi prodotti anche da sola. Per questo sin dal primo incontro con gli esponenti di Velier la sintonia è stata perfetta e la collaborazione subito partita».

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L’articolo sui vitigni autoctoni liguri prosegue su Civiltà del bere 5/2017. Per continuare a leggere acquista il numero sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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