I due produttori bordolesi Hubert de Boüard e Philippe Castéja rispondono in Appello alle accuse di aver scalato illegittimamente la classificazione della denominazione Saint-Émilion. Entrambi erano membri dell’Inao, ente pubblico che decide chi ne fa parte e chi no. Rischiano fino a 5 anni e 500.000 euro di multa.
Il conflitto d’interessi non è questione eminentemente politica, ma affligge anche altri settori socioeconomici, come quello del vino. E interessa in questo caso le grandi denominazioni, come la famosa Saint-Émilion di Bordeaux. Nelle maglie della giustizia d’Oltralpe sono finiti due produttori: Hubert de Boüard, comproprietario del celebre Château Angélus, e Philippe Castéja di Château Trotte Vieille, anche noto come négociant. Entrambi sono accusati di aver truccato il loro posizionamento nel sistema di classificazione dei vini Saint-Émilion (rispettivamente Grand Cru Classé A e B), al fine di gonfiare il prezzo delle proprie etichette. Anche altre sette proprietà, alle quali de Boüard ha prestato la sua consulenza, hanno ottenuto lo status di Grand Cru.
L’antefatto
Ogni 10 anni la classificazione Saint-Émilion viene ridiscussa e si valutano nuovi ingressi, con una procedura guidata dall’Inao (Istituto nazionale dell’origine e della qualità), ente pubblico del ministero dell’Agricoltura. L’ultima revisione, nel 2012, aveva visto la promozione al vertice (“A) di Château Angélus e il mantenimento (“B”) di Château Trotte Vieille. Così come era stato bocciato l’avanzamento richiesto da altri tre Domaine di più modeste dimensioni (Croque-Michotte, Corbin-Michotte e La Tour du Pin Figeac), che si erano rivolti alle autorità accusando entrambi gli Châteaux di agire nel proprio interesse. Infatti sia Hubert de Boüard sia Philippe Castéja ai tempi facevano parte dell’Inao. Non solo, de Boüard (accusato oggi di avere avuto un ruolo più attivo) era presente anche nell’Odg (Organisme de défense et de gestion des vins de Saint-Émilion), che con l’Inao partecipa all’elaborazione del disciplinare di classificazione.
Il processo di Appello
La vicenda giudiziaria è proseguita per quasi un decennio, con alcuni colpi di scena. Come la richiesta di archiviazione della procura nel 2019, che non aveva rilevato atti dolosi nel comportamento di Hubert de Boüard e Philippe Castéja. Ma veniamo all’oggi con la Corte d’Appello di Bordeaux, dove il procuratore Jean-Luc Puyo è di tutt’altro avviso, sottolineando la “partecipazione talvolta dinamica” di de Boüard “durante tutta la procedura”, mentre Castéja sarebbe rimasto “molto più sullo sfondo” (come riporta La Revue du vin de France). La pena che rischiano i produttori può prevedere fino a 5 anni di carcere e 500.000 euro di multa.
Un sistema sotto accusa
Si tratta di un procedimento storico che potrebbe avere importanti implicazioni per tutta Bordeaux. Eric Morain, avvocato dei tre Domaine querelanti, ha detto che l’intero sistema di classificazione di Saint-Émilion è sotto processo (come riportato da The Telegraph). “Parliamo di un sistema che non dice al consumatore che la degustazione conta solo per il 30% tra i criteri di valutazione della classifica; il resto si basa sulla fama e notorietà dello Château. È un sistema che vende marchi e non più uva”. Da parte sua, de Boüard ha dichiarato alla corte: “In nessun modo ho partecipato. Nel quadro dell’Inao ho rispettato le regole dall’inizio alla fine”, aggiungendo che tutte le decisioni sono state “unanimi” tra decine di viticoltori.
Foto di apertura: il comproprietario di Château Angélus, Hubert de Boüard, è accusato, insieme a Philippe Castéja di Château Trotte Vieille, di aver manipolato la classificazione dei propri vini nell’ambito della denominazione bordolese Saint-Émilion