Nella scelta di una birra estiva contano anche il tipo di fermentazione, lo stile di riferimento e le caratteristiche organolettiche, oltre al servizio. Le più adatte? Weizen, Berliner Weisse, Session Ipa e Saison.
In Italia il consumo di birra ha una forte connotazione stagionale. Secondo le statistiche di Assobirra, il 46,22% dei consumi annui si concentra nei mesi estivi, da maggio ad agosto. Negli ultimi decenni la reputazione e la cultura della bevanda di Cerere sono molto cresciute, ma il cliché della birra buona soprattutto – se non solo – per combattere la sete è duro a morire. Citando però Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, considerato uno dei massimi esperti di birra artigianale italiana, è sempre bene ricordare che “la birra non esiste, esistono le birre!”.
Tempo di birra estiva
E oggi sappiamo bene quanto le birre, al plurale, siano in grado di coprire una gamma molto ampia di situazioni, abbinando ottimamente il cibo e accompagnando senza timori anche una fredda serata invernale. Tutti i luoghi comuni però hanno un fondo di verità e non c’è alcun dubbio che quando le temperature si alzano e le giornate si allungano, la “sete” di birra cresce e i consumi salgono.
In effetti la birra, grazie a una gradazione media molto più contenuta rispetto alle altre bevande alcoliche, dal vino ai cocktail, si adatta meglio alla calura estiva e alle lunghe serate all’aperto. Sì, ma quale scegliere? Qual è l’identikit della birra, pardon, delle birre, più adatte alla bella stagione? Vediamo le caratteristiche più importanti.
Alta o bassa?
La prima, fondamentale, categorizzazione che affrontiamo quando parliamo di stili birrari è legata al tipo di fermentazione e ai ceppi di lievito utilizzati: per le Ale (o birre a fermentazione alta) si scelgono ceppi di Saccharomyces cerevisiae, per le Lager (a fermentazione bassa) Saccharomyces carlsbergensis. Ne abbiamo parlato diffusamente su Civiltà del bere luglio-agosto 2019, evidenziando come, in linea generale, nelle prime (le birre “ad alta”) sia più evidente il lavoro del lievito, la timbrica aromatica della fermentazione; mentre le seconde (le “basse”) siano più neutre, caratterizzate più dalle materie prime che dagli esteri di fermentazione. Non c’è però alcun legame diretto tra tipologia di fermentazione e altre caratteristiche oggettive della birra, come colore, forza alcolica o livello di amaro. Ci sono potenti Lager da 10 gradi alcolici e leggerissime Ale che superano appena i 3 gradi, e viceversa.
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Chiara o scura?
Se quindi il tipo di fermentazione ci aiuta poco (sia tra le Lager che tra le Ale ci sono ottime birre estive), il colore invece è più significativo.
Anche in questo caso non c’è alcun legame produttivo tra colore e forza alcolica; una scura Mild non raggiunge i 4 gradi alcolici, mentre le bionde Tripel superano i 9. Ma certamente il colore della birra, derivando dai malti utilizzati, porta con sé alcune componenti aromatiche che possono influenzare la nostra scelta. I malti “speciali”, essiccati a temperature più elevate rispetto ai malti base, sono caratterizzati, mano a mano che il loro colore sale, da evidenti note di panificato, biscotto, caramello, frutta secca, cioccolato, caffè e liquirizia. Note che certamente cerchiamo in una morbida e avvolgente birra per una degustazione davanti al caminetto, ma che difficilmente troveranno spazio sotto l’ombrellone.
Ci sono ovviamente alcune eccezioni – l’ambrata Rodenbach è stata definita “the most refreshing beer in the world” dallo scrittore inglese Michael Jackson – ma sgomberiamo tranquillamente il campo dai dubbi: nella stragrande maggioranza dei casi una birra estiva sarà chiara.
Weizen e Witbier, emblema della birra estiva
Le birre prodotte con aggiunta di frumento sono probabilmente le prime che vengano in mente, pensando all’estate e a un bel Biergarten bavarese. In effetti le Weizen offrono una leggera nota acidula – sostenuta dalla vivace gasatura – che le rendono estremamente adatte alle lunghe giornate calde. Così come le cugine del Belgio, le Witbier (o bière blanche), arricchite da semi di coriandolo e scorza d’arancia di Curaçao, che sanno essere ancora più snelle e citriche. Il frumento in Baviera è utilizzato maltato, mentre in Belgio crudo. Le Weizen sono lievemente più morbide, sia nel comparto olfattivo, con i classici descrittori di banana matura (isoamilacetato) e chiodo di garofano (fenolico), sia nello sviluppo gustativo, dove le alte percentuali di malto di frumento (in quota di maggioranza, rispetto a quelle d’orzo) conferiscono una rotondità palatale sconosciuta alle cugine belghe, che sono più asciutte, acidule e speziate.
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Berliner Weisse, da provare
Forse meno note al grande pubblico, ma assai interessanti, sono anche le Berliner Weisse. A Berlino vengono tradizionalmente prodotte birre molto lontane dall’immagine stereotipata della birra tedesca: sono decisamente leggere (intorno ai 3 gradi alcolici), prevedono una percentuale di frumento maltato e sono segnate da una fermentazione in cui intervengono, oltre ai saccaromiceti, anche i batteri lattici e in qualche caso i brettanomiceti. Nella capitale tedesca sono assolutamente da provare quelle di Schneeeule, ma fortunatamente i birrifici artigianali di mezzo mondo hanno preso a cuore questo stile così particolare, oggi molto più facile da assaggiare che non in passato.
Non conta tanto il grado alcolico
Ovviamente il clima caldo non ci fa pensare ad una potente Imperial Stout da 10 gradi, ma il livello alcolico non è poi così determinante nell’equilibrio di una birra. Quello che conta maggiormente è semmai l’attenuazione, ovvero la percentuale di zuccheri che vengono trasformati dai lieviti. A partire dallo stesso mosto si possono ottenere infatti birre con grado alcolico molto differente.
La densità del mosto
La densità del mosto si misura in gradi Plato, prima dell’inizio della fermentazione: ogni grado Plato equivale a 10 g/l di zuccheri disciolti nel mosto. Ad esempio un mosto con 15 °P di densità iniziale contiene 150 g di zuccheri per ogni litro (secondo la legge italiana, le birre doppio malto hanno più di 14,5 °P). Alla fine della fermentazione si misura nuovamente la densità, che può variare di parecchio. Dai 15 °P del nostro esempio si può scendere – a seconda del tipo di ammostamento, del ceppo di lievito e della conduzione della fermentazione – a 3 °P, a 2 °P oppure a 1 °P. Nel primo caso l’attenuazione sarà pari all’80% e il grado alcolico sarà di 6,4 in volume, nel secondo avremo attenuazione 87% e grado alcolico 6,9, nel terzo attenuazione 93% e grado alcolico 7,5.
Misure empiriche, ma efficaci
È bene chiarire che si tratta di misure empiriche (nei microbirrifici si usano densimetri a immersione, la cui misura del Plato finale non è esatta, perché alterata dalla presenza dell’alcol, che è più leggero dell’acqua) e che quindi si parla di attenuazione apparente, ma i concetti di base restano validi. Nel primo caso quindi avremo molti più zuccheri residui e di conseguenza una birra certamente meno alcolica, ma più abboccata, dolce, meno vocata a combattere la sete, mentre nel terzo caso la potenza etilica salirà, ma contemporaneamente scenderà la dolcezza e la birra diventerà secca, tagliente, perfetta per il consumo estivo.
Amara, acida o secca
Dal paragrafo precedente dovrebbe essere chiaro che nella birra l’equilibrio è fondamentale. Una birra può avere un basso livello di amaro – che si misura in ibu, international bitter unit – ma compensare con alti livelli di attenuazione, livelli di CO2 elevati o spiccata acidità. Le Weizen bavaresi stanno sotto i 15 ibu, le Berliner Weisse hanno meno di 10 ibu. Quando invece l’amaro sale, il contrappunto maltato diventa necessario, se si vuole evitare di avere una birra squilibrata. Le birre fortemente caratterizzate dal luppolo sono quindi di norma meno attenuate, dovendo mantenere un impalcato maltato a sostegno delle componenti amaricanti del luppolo.
Per combattere la calura si possono percorrere tante strade. A patto di servire la birra fresca (ma mai fredda ghiacciata) funziona bene l’acidità delle birre di frumento, l’amaro e il fruttato della Session Ipa, oppure la secchezza estrema di alcune birre belghe.
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Birre moderne, da una tradizione antica
Non si può non citare la trappista Orval, che matura in bottiglia con inoculo di brettanomiceti. Dopo un paio d’anni di invecchiamento l’attenuazione (apparente) supera il 100%, regalando una birra affilata, profonda e quasi tagliente, dove i suoi 32 ibu si sentono tutti, uno dietro l’altro. Oppure assaggiare una delle tante Saison della Vallonia, Dupont in primis, secche, fortemente carbonate, con amaro deciso ed enormi capacità rinfrescanti. Non a caso, le versioni odierne derivano da una tradizione molto antica, che prevedeva la produzione in inverno e una lunga maturazione – anche fino a 18 mesi – per offrire poi sollievo e ristoro nel duro lavoro nei campi estivi. Secondo alcuni (Yvan De Baets della Brasserie de la Senne, ad esempio) sono imparentate con i Lambic, birre a fermentazione spontanea dell’area di Bruxelles, e con ogni probabilità sono le birre che dipingeva Pieter Bruegel, vissuto nel XVI secolo, nei suoi suggestivi quadri di vita contadina.
La nostra selezione
Canediguerra
Berliner Weisse (3,2% abv, 5 ibu)
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Dal birrificio alessandrino Canediguerra una versione molto interessante delle acide e lattiche birre di frumento berlinesi, stile oggi in grande riscoperta. Prodotta con il 30% circa di frumento maltato, ha colore chiaro, paglierino, opalescente (l’aggettivo “bianco” probabilmente deriva dall’aspetto lattiginoso) e schiuma fine e compatta. Il grado alcolico è molto basso, così come il livello di amaro. L’acidità invece guida la degustazione, pur rimanendo entro confini di grande controllo. Il finale è asciutto, fresco e richiama immediatamente un secondo sorso.
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Rurale
Hopart (4,4% abv, 33 ibu)
Session Ipa pensata per l’estate, che ogni anno cambia i luppoli utilizzati: nella versione odierna Chinook, El Dorado, Mosaic e Vic Secret. Il grado alcolico basso non deve ingannare, la Hopart ha carattere da vendere. I luppoli segnano un naso ampio, profumato di frutta estiva, tropicale, dall’ananas al melone, dal pompelmo al frutto della passione, con qualche accenno resinoso, speziato e floreale. La bocca invece è giustamente snella, con un corpo esile, che supporta il livello di amaro, ma che non compromette minimamente la grande facilità di beva.
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Podere La Berta
Vècc (6,5% abv, 25 ibu)
Questa Saison parte da 12 gradi Plato e finisce a 0,5 registrando un livello di attenuazione che arriva al 95%. È prodotta con aggiunta di frumento, farro e avena, che le danno il carattere rustico, tipico dello stile. Il ceppo di lievito di estrazione belga conferisce note fruttate, speziate, fenoliche che possono erroneamente far pensare ad aggiunta di spezie, assenti dalla ricetta. Una birra di grande profondità e carattere, secca e complessa ma anche facile e désaltérante, come direbbero in Vallonia. Ne esiste anche una versione invecchiata da 6 a 9 mesi di botti di Chardonnay.