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Amaro San Giuseppe, orgoglio dei padri gesuiti

30 Aprile 2019 Maria Cristina Beretta
Amaro San Giuseppe, orgoglio dei padri gesuiti

Un’alta percentuale di erbe officinali alleate della salute per un prodotto che ha 90 anni di storia. La lavorazione è particolare e punta a mantenere intatte le proprietà della materia prima.

Ci sono solo ingredienti naturali alla base della ricetta dell’Amaro San Giuseppe, che ha visto la luce nel 1928 in una piccola stanza della villa da cui prende il nome. Gli stessi ingredienti che i farmacisti, e ancora prima gli speziali, preparavano per gli amari nei secoli scorsi. Per la precisione ci troviamo a Villa Angaran San Giuseppe, un bel complesso veneto cinquecentesco di Bassano del Grappa che fu donato ai padri gesuiti, i quali vi si installarono nel 1924. A loro un farmacista trentino, forse un certo Leo Paolacci, regalò la sua ricetta di un amaro che sapeva essere molto apprezzato.

Una ricetta custodita gelosamente dal 1928

Le erbe di base erano l’aloe per l’azione di tonico, la mirra in quanto analgesico e antinfiammatorio, l’angelica che dà vigore, il rabarbaro per le proprietà di stomachico e depurativo del fegato, la genziana per favorire la digestione e il tanaceto come febbrifugo e lenitivo del mal di testa.
La prima produzione del 1928 venne riservata ai padri. La ricetta era tenuta gelosamente segreta e veniva tramandata solo oralmente. In seguito si decise di aprire le vendite al pubblico, ma solo a chi si recava personalmente alla villa. La gente lo faceva volentieri perché conosceva il valore dell’amaro. I tempi, però, stavano cambiando e occorrevano nuove strategie.

Dal 2014 anche in versione liquore

Alessandro Olivetto, attuale amministratore, nonché responsabile della produzione stava pensando da tempo all’idea del liquore. Lui si è inserito nel liquorificio nel 2006, semplicemente come aiuto, crescendo poi in competenze e mansioni. «La prima cosa che ho fatto nel 2014, quando sono diventato responsabile a tutti gli effetti, è stato il lancio di un nuovo prodotto, il Liquore San Giuseppe. Ho voluto realizzarlo con una formula leggermente diversa dall’originale, rendendolo meno amaro e pensando a un pubblico più vasto».

L’articolo prosegue su Civiltà del bere 2/2019. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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