Uso tradizionale e innovativo
Nelle ricette tradizionali lo si ritrova a insaporire le verdure ripassate in padella oppure nelle zuppe. È immancabile nelle preparazioni a base di interiora come trippa e animelle, ma anche nella cacciagione, forse perché il suo principio attivo, la capsaicina, è un potente antiossidante e ha azione antibatterica ed evita le putrefazioni. Un altro uso classico è negli insaccati del Centrosud.La sua patria è il Sud Italia
Si potrebbe tracciare una linea di confine dell’uso del piccante ponendola al di sotto delle regioni del Nord Italia. Tuttavia i grandi spostamenti di persone e di chef hanno un po’ mescolato le carte e si scoprono siciliani in Friuli e campani in Piemonte. C’è poi chi, indipendentemente dalle sue origini, ha una vera passione per questo ingrediente e si diverte a sperimentarlo in cucina. L’ideale sarebbe consumarlo fresco, ma anche congelato conserva le sue caratteristiche, così come può mantenerle la salsa di peperoncino ottenuta con i frutti freschi, cotti e frullati. C’è poi il secco macinato, pratico, che però rischia di perdere i profumi. Ci sono infine altri usi come nell’olio, in estratto e candito. In questo modo può essere utilizzato in pasticceria: qualcuno preferisce lasciarlo in infusione e introdurlo nel cioccolato.Formaggio contro il piccante eccessivo
Se la ricetta fosse troppo piccante si può attutire il fuoco in bocca mangiando un pezzetto di formaggio, meglio se stagionato (tipo parmigiano o pecorino), una fettina di lardo, un pezzettino di burro o un cucchiaino di zucchero. Il pane è un classico, niente liquidi perché non smorzano il principio attivo. Se si vuole diminuire la piccantezza del frutto prima della preparazione va tolta la placenta, la struttura fibrosa che ingloba i semi.L'articolo è tratto da Civiltà del bere 6/2017. Per continuare a leggere, acquista la rivista sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com