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Addio a Franco Allegrini, sincero e caparbio cultore della Valpolicella

4 Maggio 2022 Nereo Pederzolli
Addio a Franco Allegrini, sincero e caparbio cultore della Valpolicella

Franco Allegrini, l’enologo della storica azienda veneta ci ha lasciato dopo una lunga malattia. Forte di uno spirito imprenditoriale di ampie vedute, ha traghettato l’Amarone verso la sua “nuova era”.

No, non voleva apparire, ma semplicemente agire. Operare in vigna ancor prima che in cantina, sfruttando solo le sue convinzioni, sedimentate nella sapienza che solo i più sinceri – e caparbi – cultori della terra riescono a recuperare per trasmetterle nel vino. Franco Allegrini riusciva ad amalgamare nel vino la sua burbera gioiosità con l’amena eleganza della sua terra natia. Per una Valpolicella da ripensare, stimolata a cimentarsi in nuove sfide, non solo enologiche. Lui negli anni ’70 lo aveva intuito con cipiglio giovanile e altrettanta arguzia contadina. Acume e sperimentazioni, tra sistemi di coltivazione della vite, tempi e modi per custodire le uve destinate al mitico Amarone, senza tralasciare mirate tecniche enologiche.

Il duo con il prof. Ferrarini

Lui – per certi versi autodidatta – che diventa parte integrante del progetto forse più strategico, visionario e lungimirante legato all’appassimento delle uve, elaborato dal compianto e indimenticabile professor Roberto Ferrarini. Un duo sodale, inscindibile.  Il sesto senso contadino in un mix d’assoluta tecnica enologica. Senza mai tralasciare azioni di fraterna umanità e altrettanta condivisione. Ecco allora la nascita di Terre di Fumane, il fruttaio per eccellenza, realizzato da Allegrini e Ferrarini e che ora coinvolge una ventina di aziende, nel massimo rispetto delle reciproche identità vitienologiche, ma integrate nella “nuova era” dell’Amarone. Per ottenere un vino di saperi antichi e con uno stile di spiccata modernità, l’eleganza molto più importante della possenza. La semplicità, intesa come squisito valore godibile, quella – per dirla con la poesia di Bertolt Brecht – “più difficile da farsi”.

Dalla Valpolicella a Bolgheri e al Lugana

Franco Allegrini era tutto questo ed altro ancora. Legato alla Valpolicella, con perspicace spirito imprenditoriale di ampie vedute. Non a caso gli Allegrini hanno scandito l’evoluzione di una vitivinicoltura che non teme confronti, oltre che confini. Una famiglia decisamente enoica. Impegnata in siti dove il vino diventa mito, dove la vite evolve in strategie commerciali, insomma dove il “saper fare” si fonde con l’identità dei diversi vini. Ecco allora lo sviluppo agronomico in quel di Bolgheri, poi verso la cultura del Lugana, senza mai distogliere lo sguardo dalla “vigna madre” in Valpolicella. Dove ha osato impiantare varietà stanziali su ripidi pendii collinari, vigneti sorretti da spettacolari muri a secco, rispettando le linee identitarie di un habitat purtroppo minacciato da certi insediamenti urbanistici.

Franco, Walter e Marilisa, i fratelli Allegrini

Franco, in questa sua strategia, è stato anzitutto spronato dal compianto fratello Walter, altrettanto meticoloso viticoltore, scomparso nel 2003 agli esordi della Allegrini factory. Ma la forza di ripartire, con maggior vigore, la trova nella sorella Marilisa, eclettica quanto rigorosa manager che nel giro di poche vendemmie ha reso celebre nel mondo il marchio di famiglia. Consolidando un’equipe di gran carisma e altrettanta versatilità. Con la preziosa lucidità mentale di Franco. Lo ribadiscono con grande affetto i suoi più cari e stretti amici. Rievocando il suo stile sobrio, schietto nell’agire, generoso nel mettersi sempre al servizio (con discrezione, senza apparire) delle persone impegnate in progetti di sviluppo vinario. Coinvolgendo tantissimi vignaioli, produttori della Valpolicella o vicine zone venete. Ritenuti sinceramente amici, non concorrenti. Uniti però da medesimi obiettivi qualitativi.

Il tributo degli amici

Impossibile sintetizzare l’unanime cordoglio, il tributo reso a Franco Allegrini dalle schiere di operatori del buon bere, non solo italiano. Uno, per tutti, è Roberto Anselmi, inseparabile amico fraterno in tante vicissitudini d’impresa e di schietta convivialità: «Ci lascia una strategia evolutiva ancorata alla terra e non legata al prodotto. Insegnamento prezioso. Da applicare senza se e senza ma!».

Il monito dell’agire nel rispetto della vigna (“il vin bòn se lo fa con l’uva bona. In cantina se pòl peggiorarlo”, ripeteva Franco) è insito nel team che anima l’azienda. Lo ribatte Paolo Mascanzoni, da oltre vent’anni direttore di produzione del gruppo Allegrini. «Abbiamo sempre cercato di ottenere il meglio, nella concretezza dell’agire, per mirare a vini esemplari. Autenticamente identitari di questo territorio, altrettanto inconfondibili nello stile aziendale».

Competenza e modestia insieme

La bravura di Franco nel fare vini strategici e sinceri è stata – e lo sarà ancora per tante vendemmie – registrata da centri universitari di ricerca e sperimentazione enologica. I patriarchi dell’enologia nazionale (come Giancarlo Vason) hanno sempre ritenuto Franco uno dei loro. Anche se non vantava un curricolo di enotecnico alle spalle. Ha addirittura rifiutato (per modestia) il titolo di enologo ad honorem che Riccardo Cotarella voleva attribuirgli. A lui bastava condividere (come tifoso) la sfida di una partita di calcio o discutere con gli amici durante qualche rusticana partita a carte. Con una buona bottiglia di vino sul tavolo. Da gustare, spartire per capire, per liberare nuovi pensieri.

Alla moglie Marilena, ai figli Francesco, Giovanni e Matteo e alla sua famiglia vanno le più sentite condoglianze della direzione e di tutta la redazione di Civiltà del bere.

Foto di apertura: Franco Allegrini con la sorella Marilisa e la nipote Silvia

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