Il consumo eccessivo di alcol è considerato dalla Ue un problema di salute pubblica. Dal 2006 si portano avanti politiche per arginare i danni correlati. Ma i dati mostrano un quadro epidemiologico che non migliora. I giovani sono i più esposti.
Recentemente il Parlamento europeo ha stabilito che si deve distinguere tra consumo moderato e abuso di alcol, salvando il settore e la cultura del bere da una totale demonizzazione delle bevande alcoliche, vino compreso. Se, da una parte, c’è chi condanna a priori il consumo di alcolici di ogni genere, dall’altra non esiste una definizione universalmente accettata di “bere rischioso”. Al momento, quella a cui la Comunità europea fa riferimento è la seguente: “Un livello di consumo o modello di bere che è probabile dia luogo a danno se dovesse persistere l’abitudine al bere” (Lexicon of Alcohol and Drug Terms, Organizzazione mondiale della sanità, Ginevra 1994). Inoltre, l’abuso e la dipendenza da alcol hanno più livelli di gravità, così come molteplici sono le conseguenze che coinvolgono la salute fisica e mentale. Attualmente, l’alcolismo è un disturbo medico che affligge milioni di persone. C’è però un altro problema da affrontare prima di pensare alla soluzione: è la raccolta, la variabilità e l’aggiornamento dei dati. Il consumo di alcol è molto più difficile da monitorare rispetto alla sua produzione e al commercio. Inoltre, la pandemia iniziata nel 2020 ha ribaltato e in certi casi esasperato i modelli e i trend già in atto. Contrariamente alle previsioni, sembra che il consumo di alcolici sia stabile o addirittura in diminuzione rispetto agli anni precedenti, mentre l’abuso non si ferma.
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