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I tre nuovi cloni del Turbiana

5 Aprile 2021 Matteo Forlì
I tre nuovi cloni del Turbiana

Dopo uno studio genetico decennale il Consorzio Lugana Doc registra tre cloni della varietà. Più tardivi e resistenti, si adattano meglio ai cambiamenti climatici e permetteranno meno interventi in vigna.

Questione di genetica. Che il Trebbiano di Lugana presentasse elementi di connaturata distinzione dai suoi tanti fratelli è teoria dimostrata da tempo. Ricerche sul dna ne hanno certificato una parentela più stretta con il Verdicchio che affinità con il Trebbiano d’Abruzzo o con quello toscano. Tanto che nel 2011 l’identità del vitigno è stata ufficialmente marcata con l’appellativo Turbiana, inserito nel disciplinare della Doc Lugana. Da allora il Consorzio di tutela si è impegnato per allargare la famiglia e la missione oggi, dopo oltre 10 anni di studi e sperimentazioni, ha partorito tre nuovi “figlioletti”. Per rigore scientifico si chiamano cloni, mentre nel registro nazionale delle varietà di vite avranno nomi che sembrano targhe: Turbiana CTL1, Turbiana CTL3 e Turbiana CTL5.

Clima e sostenibilità i principi ispiratori

CTL in realtà sta semplicemente per Consorzio Tutela Lugana, una sorta di timbro per nuovi alter ego che rappresentano, per l’istituzione, un arricchimento dell’espressione varietale e della tipicità territoriale. Ma non solo. I principi ispiratori della ricerca prendono le mosse dall’evoluzione della viticoltura sulla varietà negli ultimi 40 anni e dalle sfide che riserva il futuro; adeguarsi al cambiamento climatico e realizzare una viticoltura sempre più sostenibile.

I campioni di un confronto genetico

Questi “derivati” sono i sopravvissuti della progenie di 70 piante cosiddette “madri”, selezionate per qualità, sanità, maturazione e intensità gustativa delle uve. Nel 2012 le nuove barbatelle hanno costituito l’impiantato di un campo di confronto clonale, e per sei anni, dal 2014 al 2020, sono state realizzate e messe a confronto centinaia di microvinificazioni; pochi chili di uva ottenuti da distinte parcelle con in comune la stessa progenitrice. Una competizione tra caratteristiche agronomiche ed enologiche che alla fine ha eletto i migliori.

Il direttore del Consorzio Lugana, Andrea Bottarel

Cambiare per mantenere continuità espressiva

«È un importante passo nella definizione identitaria del Turbiana e nell’avanzamento della ricerca viticola. L’obiettivo sarà far confluire nei nuovi cloni le caratteristiche tipiche del vitigno e quelle fisiologiche che permettano alla viticoltura di adeguarsi al cambiamento climatico e di essere sempre più sostenibile», spiega il direttore del Consorzio Lugana, Andrea Bottarel. «Cercare di combinare questi attributi è un passaggio fondamentale perché, paradossalmente, si rischia di perdere più tipicità nei vecchi cloni, selezionati molti anni fa, che in quelli di recente individuazione».

Una storia di stabilità genetica

Nell’area del Lugana, caso forse unico in Italia, la gran parte dei vigneti negli ultimi 50 anni deriva dallo stesso vivaista (Le Morette di Valerio Zenato a Peschiera, in prima fila anche nel nuovo progetto di clonazione assieme a Vivai Cantone e Vitis Rauscedo) e ha mantenuto un elevato grado di conservazione del germoplasma. In altre parole, non ha subito l’influenze di varietà estranee. Una stabilità genetica che ne ha allungato la vita (i vigneti arrivano a una media di oltre 40 anni), saldato il legame con il territorio e sviluppato tratti distintivi e riconoscibili nei vini in relazione alle peculiari argille dell’area. Ma questi attributi potrebbero non rimanere immutabili nel tempo.

Varietà più tardive e resistenti

«Le caratteristiche del suolo non variano, ma il clima sta cambiando; con l’innalzamento delle temperature estive medie si potrebbe perdere molta di quella freschezza, che deriva dall’acidità, distintiva del Lugana», sottolinea Bottarel. «Oltre all’adozione di diverse pratiche di gestione del verde è indispensabile poter optare per cloni più tardivi. La ricerca si è concentrata anche sui tratti che conferiscono a un vitigno caratteristiche di minore suscettibilità alle avversità; riducendo gli interventi in vigneto si tutela l’ambiente e si risparmia allo stesso tempo».

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