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2021: la ripresa sarà green

7 Gennaio 2021 Anita Franzon
2021: la ripresa sarà green

Il nuovo anno si apre all’insegna del green. L’unico ramo del settore che non ha registrato crisi è quello del biologico. Ma anche i vini naturali attirano sempre più interesse e appassionati, nonostante una certa diffidenza di una parte del mondo enologico.

Il 2020 ha messo a dura prova anche il mercato globale del vino, ma c’è una parte del settore che non ha subìto alcuna frenata: il bio. Secondo le analisi degli esperti dell’International Wines and Spirits Record (IWSR) “la ripresa sarà lenta e dovremo aspettare fino al 2024 prima di tornare ai volumi del 2019”.

Bio sulla cresta dell’onda

Ma, dall’altra parte, i vini biologici stanno registrando una crescita media annua continua, tanto da poter arrivare a catturare il 4% del mercato mondiale in cinque anni, contro il 2,75% attuale. Seguendo l’onda, Daniel Mettyear dell’IWSR afferma: «La crisi sanitaria globale senza precedenti sarà servita ad accentuare il desiderio di benessere e problemi di salute». Risultato: i vini biologici stanno lasciando il mercato di nicchia per andare verso una sempre maggiore democratizzazione. Sulla cresta di quest’onda c’è il mercato svedese, dove la quota dei vini biologici si attesta al 25% ed è in continuo aumento (Vitisphere).

A breve la nuova edizione di Millésime Bio

Fiera leader per il settore del vino biologico, Millésime Bio quest’anno si terrà in versione digitale tra il 25 e il 27 gennaio e accoglierà produttori da tutto il mondo. La manifestazione francese ha luogo dal 1993 e, secondo un rapporto riportato da The drinks business: “Il settore del biologico è in forte espansione e continua ad aumentare sia in termini di produzione che di consumo, indicando un incremento annuo nella sola Francia di oltre 1,4 miliardi di euro, con un aumento del 13,5% dal 2018”.

Vini naturali oltre la filosofia, il Webinar dell’Oiv

Anche l’interesse verso i vini naturali sta crescendo ininterrottamente, ma c’è ancora molta confusione a riguardo. Per questo motivo, lo scorso 15 dicembre l’Oiv (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) ha organizzato un webinar per guardare oltre la filosofia dei vini naturali e far luce su questo argomento così complesso ma sempre più attuale. La tavola rotonda moderata da Guido Baldeschi, responsabile dell’unità enologica OIV, ha riunito relatori internazionali con diversi profili ed esperienza nel settore del vino: la ricercatrice in studi sociali e antropologici Christelle Pineau, il professore di Enologia all’Università di Napoli e vicepresidente OIV Luigi Moio, l’enologa Natalie Christensen e i giornalisti Jamie Goode e Jacques Dupont (ne abbiamo parlato anche su Civiltà del bere).

I diversi punti di vista

Il dibattito ha fornito molti spunti di riflessione, che vanno dalla presa di coscienza del desiderio collettivo di tornare alle radici, al bisogno di rompere certi stereotipi sul mondo del vino naturale e – secondo Luigi Moio – anche una certa abitudine all’ossidazione; fino alle visioni più innovative di un ambiente del vino molto giovane come quello neozelandese descritto dalla produttrice Natalie Christensen.

Sempre meno interventi in vigna e cantina

Centrali sono state tematiche quali le modalità di produzione (come l’impiego o meno di solfiti aggiunti o di lieviti selezionati) e di degustazione: secondo Jacques Dupont, il critico enologico non dovrebbe essere a conoscenza della filosofia di produzione prima di degustare un vino poiché «la degustazione alla cieca ci permette di giudicare senza ideologie». Ma, alla fine del dibattito, i vari relatori e le loro diverse filosofie sembrano convergere verso un pensiero comune: il futuro del vino andrà sempre di più verso l’applicazione del minimo intervento per ottenere la massima purezza.

L’opinione dei sommelier

Sempre più sommelier ritengono che le pratiche “green” siano oggi uno dei fattori principali da tenere in considerazione nella scelta o nella proposta di un vino. Così Wine Spectator ha dato voce a 9 professionisti del settore che amano consigliare ai loro clienti etichette che rappresentino produzioni ecosostenibili. Nonostante la maître newyorkese Amy Racine ammetta di non avere una particolare attrazione per i vini macerati, quelli dallo stile friulano le hanno fatto cambiare idea: su tutti un Pinot grigio macerato e invecchiato in botti di rovere slovene, ma prodotto a Long Island da Channing Daughters; si chiama Ramato.

Dal Rodano al Libano, i consigli degli intervistati

Tra gli intervistati c’è anche Swati Bose, co-proprietario del Flight Wine Bar a Washington D.C., che ama volare fino a Château Le Puy, nell’area di Bordeaux, una tenuta che non ha mai fatto ricorso a prodotti chimici o pesticidi e che segue l’agricoltura biodinamica. Jill Davis di Jean-Georges e Vernick Fish a Philadelphia consiglia un produttore della Valle del Rodano: «Éric Texier è un nome che chiunque, amanti del bio o meno, dovrebbe conoscere». Infine, Daniel Tucker Jr. di Elements a Princeton (New Jersey) non ha dubbi: la sua scelta è Château Musar nella Valle della Beqaa in Libano, una delle zone vinicole più antiche del mondo; si tratta di una Cantina ufficialmente biologica dal 2006, la prima in Libano a ottenere tale certificazione.

Foto di apertura di Wine Spectator

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