Aumento degli investimenti su e-commerce, sostenibilità e biologico: ecco i settori su cui le aziende hanno puntato e su cui dovrebbero continuare a investire per affrontare l’emergenza determinata dalla pandemia. Le esperienze delle Cantine straniere al Future of Wine Forum 2020.
Non capita tutti i giorni di avere a disposizione un panel di professionisti internazionali che analizzano i cambiamenti avvenuti ai quattro angoli del mondo del vino nell’era post Covid-19. Noi abbiamo avuto questa possibilità partecipando il 26 novembre alla web discussion d’apertura “How Covid-19 has changed the wine industry” del Future of Wine Forum 2020, organizzato da Sustainablewine, startup inglese che promuove il dibattito sulla sostenibilità.
Investire nell’e-commerce
L’intento dell’incontro – dichiarato fin da subito dalla prima relatrice e MW Jancis Robinson – era di concentrarsi sugli “aspetti positivi”, nonostante il difficile momento dovuto all’emergenza della pandemia. Tra questi, l’importanza crescente assunta dall’e-commerce, «che porta le aziende ad aumentare il know-how per sviluppare il settore, assumendo lavoratori giovani, e a investire in sostenibilità». Sì, perché le scelte del consumatore premiano le bottiglie che hanno un packaging rispettoso dell’ambiente e che sanno comunicare l’impegno della Cantina in quell’ambito.

Fine wine e Gdo non conoscono crisi
Gli occhi delle imprese dovrebbero rimanere puntati sui settori che hanno risentito meno della crisi, come i fine wines «che hanno visto anzi un aumento delle vendite sulle piazze asiatiche nei grandi formati da collezione», continua Robinson. Così anche sull’off-trade di Gdo e retail, che hanno incrementato le vendite perché unici a rimanere aperti, dando la possibilità di mantenere vivo il contatto con il cliente.
Virtual tasting dedicati
Per quanto riguarda i virtual tasting, Robinson consiglia ai produttori di dedicarli con format differenti al consumatore e al professionista. Il primo ha interesse ha essere educato con corsi ad hoc di avvicinamento al vino. Il professionista del trade e il wine writer vorrebbero, invece, poter conoscere nel medesimo tasting più aziende e ricevere campioni di quantitativo più limitato per evitare gli sprechi.

Il vino bio in Spagna
Joan Esteve Julià di Raimat non ha nascosto le difficoltà del momento, che per la storica Cantina catalana da 2.200 ettari vitati si concretizzano in un calo del -40% di vendite rispetto alla stessa epoca pre Covid-19. Ma nonostante siano stati congelati gli investimenti sul mercato, a favore della protezione del personale interno, l’azienda spagnola continua a impegnarsi sul tema della sostenibilità. Hanno retto infatti le vendite del vino biologico, «il che conferma che le persone sono più interessate all’ambiente», sostiene Julià. «L’e-commerce, per esempio, è un canale che permette di comunicare e di far comprendere al cliente il vino bio».

Maggior senso di comunità in UK
Sam Linter di Bolney Wine Estate ha portato l’esperienza di una Cantina inglese (e precisamente del Sussex). Per affrontare l’era Covid e proteggere i dipendenti ha incrementato la meccanizzazione in vigna, mantenendo comunque alto l’impegno nella sostenibilità. «L’avere più tempo a disposizione», dice Linter, «ha portato alla condivisione all’interno dell’azienda delle best practices e questo ha creato un senso di comunità maggiore e ha reso più facile la comunicazione con i nostri distributori all’estero».

La riconoscibilità del marchio in Sudamerica
Anche una realtà immensa e ramificata come la cilena Concha y Toro, che possiede oltre 8.700 ettari in Sud America, conferma i trend di e-commerce e vino bio. «Il consumatore, soprattutto giovane», spiega Simon Doyle di Concha y Toro UK, «ha dimostrato un genuino interesse per il prodotto biologico. Per quanto riguarda l’e-commerce è raccomandabile stare su più di una piattaforma, perché il cliente ha bisogno di avere una scelta diversificata. Inoltre, in tempo di crisi, le persone premiano i prodotti che ritengono più “famigliari”. Perciò, per un’azienda è necessario investire nella riconoscibilità del marchio».