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A ogni festa il suo pane

4 Novembre 2020 Giovanni Caldara
A ogni festa il suo pane

Dal pane di saba a quello per la domenica delle palme, la tradizione italiana, sarda soprattutto, è ricca di pani dimenticati e da riscoprire. Ricette antiche e ingredienti poveri danno vita a prodotti ricchi di sapore.

È con un dolce antico come il pane di saba, tipico della Sardegna e del mese di novembre, con alle spalle feste dagli echi profondi dedicate alla memoria dei morti e a quella dei santi, ma anche a un altro rito altrettanto suggestivo, quello della vendemmia, che il pani ‘e saba si presta alla perfezione per lasciarci intravedere i valori e significati – innumerevoli! – che si sono depositati attorno al cibo, qui il pane, lungo la storia dell’umanità.

Il pane di saba, goloso e colorato

E quello di saba è un pane di lusso e nient’affatto dei poveri, come invece è nato. Rita Monastero, l’autrice dell’affascinante volume I Pani dimenticati lo definisce così: «Come ingrediente base vede la saba, il mosto cotto, la cui funzione è multipla: insaporire, colorire, favorire la fermentazione». In golosa compagnia della frutta secca: noci, nocciole, mandorle, pinoli ma anche uva passa. Da abbinare a un calice di un avvolgente Angialis, Isola dei Nuraghi Passito Igt di Argiolas. Ad Atzara (Nuoro), tra i borghi più belli d’Italia, si confeziona in onore di Sant’Antioco il 13 novembre: quando per la festa patronale da sempre se ne preparavano di due tipi, uno fioriu, vale a dire ricco di frutta secca, l’altro solo con uva passa offerto ai poveri di passaggio.

I pani di Pasqua sardi

Quella dei pani speciali, del resto, legati a ricorrenze religiose, è tradizione che riveste fascino e interesse anche per via dei significati folclorici. Enfatizzati vieppiù dalle particolari forme con cui vengono solitamente preparati. La sempre ricca terra di Sardegna annovera tra i pani votivi quelli a forma di croce (sa rughe) e di scala della deposizione (s’iscala), persino di chiodi (sos zoos de Deus) ma anche di palma, per la domenica che precede la Pasqua, in cui strisce di pasta dura vengono intrecciate per simulare le foglie e decorate con mandorle o uva passa.

Meditare panificando

L’autrice del libro L’arte di fare il pane e vivere felici, Julia Ponsonby, racconta della sua passione sbocciata il giorno in cui mise in pratica una ricetta dei monaci buddisti zen che avevano intrapreso la panificazione come forma di meditazione: “Le abilità necessarie alla sopravvivenza”, chiosa la cuoca inglese, “sono ancora radicate profondamente nella vita comunitaria e apprezzate per il modo in cui tengono insieme le nostre vite”. In paradossale sintonia con competizioni televisive dal successo globale come il format Bake off, in cui il rinnovato interesse per il forno ha risvegliato un’attenzione, che si riteneva perduta, verso il focolare domestico.

Su Pan’ispeli, citato anche da Plinio il Vecchio

E pure la lavorazione di pani preparati con sostituti della farina, un tempo difficilmente reperibile in natura a causa di guerre, carestie e povertà, come ad esempio quello alle ghiande, ci riportano al rapporto originario di sostentamento che forse è il segreto primo e ultimo del cibo e del suo modo corretto d’interpretarlo. In Sardegna il “Su Pan’ispeli” si produceva un tempo in tutta l’Ogliastra. Persino Plinio il Vecchio lo ha citato come il pane di ghiande di cui si nutrivano i Sardi. Si impastavano con l’argilla e si lessavano per molte ore, quindi si aggiungevano ceneri in cottura per privare le ghiande della loro parte amara.

Stefano Basello con il suo pane

A Udine, il pane alle ghiande di Basello

Al capo opposto d’Italia, a Udine, è bello assaggiare oggi un piatto succulento, parte del menu “Sorella Terra”, come il Lombetto di cervo, barbabietola al caffè, cremoso ai mirtilli e gruè di cacao che uno chef sensibile come il friulano Stefano Basello serve insieme al suo fragrante pane di ghiande, che rimanda all’ecosistema stesso in cui vive e di cui si nutre l’animale. Da abbinare allo Schioppettino di Prepotto di Petrussa dagli intensi aromi di frutta matura.

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