Il “vino pulito” è l’ultima frontiera del vino naturale. Ma qual è il confine tra le scelte di vinificazione etiche e il marketing? Dall’altra parte c’è chi per naturale intende “funky”: cresce la richiesta di vini “bizzarri”, al limite del difettoso.
Il cosiddetto “vino pulito” è l’ultima frontiera del vino naturale. Questa definizione è stata recentemente portata alla ribalta dall’attrice americana Cameron Diaz, che si è da poco affacciata al mondo del vino con il suo nuovo brand. Ma un’inchiesta di Food&Wine pone l’attenzione proprio sul “vino pulito”. Si legge: “Il desiderio di offrire maggiore trasparenza è encomiabile, ma un nodo di affermazioni oscure emerge quando guardiamo oltre l’imballaggio liscio ed esteticamente gradevole adottato da questi marchi”.
Il business “sporco” del “vino pulito”
Qui sorge, dunque, una domanda: “Se questi vini sono puliti, gli altri sono intrinsecamente sporchi?”. In un ambito che ha sicuramente bisogno di trasparenza e in cui c’è molto spazio per discorsi di marketing creativi, queste nuove etichette condividono gli stessi slogan, alcuni dei quali hanno davvero poco a che fare con la vinificazione e sembrano voler far passare una bevanda – per quanto bio, vegana e senza additivi – in un prodotto per il benessere, rischiando così di veicolare un messaggio sbagliato.
Ma non chiamatelo nemmeno “bizzarro”
Dall’altra parte c’è, invece, chi per naturale intende un vino bizzarro e non corretto dal punto di vista enologico. Secondo gli operatori del settore, sono sempre di più le richieste di vini strambi, originali e puzzolenti, in una sola parola (inglese): funky. Intervistato sulla rivista Sprudge, Shawn Mead di Vif, un’enoteca di Seattle, afferma: «Non sono contrario al vino dai profumi selvatici, ma sono contrario ai vini difettosi». E dato che il ruolo dei professionisti del vino dovrebbe essere quello di separare il bizzarro dal catastrofico, Mead conclude: «Stiamo prendendo in considerazione un sistema di etichettatura che renda le persone consapevoli di quali sono le stramberie e quali non lo sono». Bisogna cercare di mettere ordine in un mondo che ancora naviga nel caos e ne parliamo anche su Civiltà del bere.
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