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Nasce l’Osservatorio Wine&Spirits di Federvini

20 Giugno 2019 Civiltà del bere
Nasce l’Osservatorio Wine&Spirits di Federvini

Federvini presenta le prime analisi dell’Osservatorio Wine & Spirits, realizzato in collaborazione con Nomisma e Mediobanca. Sarà il nuovo punto di riferimento per le analisi del comparto, in grado di monitorare l’evoluzione dei prodotti, le strategie aziendali e i nuovi trend di consumo.

Il comparto vitivinicolo è in buona salute e cresce il settore spirits. Lo conferma il primo report dell’Osservatorio Wine & Spirits, organismo dedicato alle analisi del settore beverage presentato in occasione dell’assemblea annuale di Federvini – in partnership con Nomisma e Mediobanca.

C’è fermento nello scenario internazionale

Sia il vino che gli spirits si caratterizzano per scambi internazionali molto intensi: nel 2018 a livello mondiale i flussi commerciali di vino hanno superato i 32 miliardi di euro con un tasso di crescita medio annuo su base decennale del +4,2%, mentre quelli degli spirits hanno quasi raggiunto i 29 miliardi di euro con una crescita del +6,0%. Nel commercio internazionale di vino, l’Italia gioca un ruolo da protagonista e rappresenta il secondo esportatore mondiale dopo la Francia grazie a 6,2 miliardi di euro di export nel 2018 ed un peso a livello mondiale del 20%, tra l’altro in aumento rispetto al 2008.

Prosegue il fenomeno Prosecco

A trainare l’export italiano è la categoria degli sparkling, in virtù dell’enorme successo del Prosecco su alcuni mercati chiave come Usa e Regno Unito. In 10 anni le esportazioni di spumanti sono più che triplicate, superando gli 1,5 miliardi di euro, arrivando a pesare per un quarto sul totale delle esportazioni vitivinicole italiane. Si riduce invece il ruolo dei vini imbottigliati (dal 78% al 69% dell’export totale) che registrano tassi di crescita decisamente meno sostenuti ma comunque positivi (+47% nell’ultimo decennio): nonostante ciò, essi rimangono la principale voce dell’export di settore con un valore di 4,2 miliardi di euro. In virtù di tali trend, il vino italiano, in particolare lo spumante, ha conquistato spazi di mercato nella gran parte dei mercati mondiali.

Siamo i secondi esportatori mondiali di liquori

Passando agli spirits, l’Italia si posiziona in ottava posizione con un valore dell’export di 970 milioni di euro nel 2018 ed una market share a livello mondiale di appena il 4% (in crescita su base decennale), A dominare sono il Regno Unito (con 6,7 miliardi di euro di export, in prevalenza scotch) e la Francia (4,5 miliardi di euro, con un peso predominante del cognac). Il nostro punto forte è costituito dai liquori, che rappresentano la principale voce dell’export italiano di spirits: 405 milioni di euro nel 2018, il 42% dell’export complessivo di settore. Grazie a tali valori, l’Italia è secondo esportatore mondiale della tipologia, subito dopo la Germania. Grazie alla forte crescita dell’export nel corso dell’ultimo decennio (+4,5%), i liquori made in Italy sono riusciti a guadagnare quote di mercato in Usa, Uk e Francia. Nello Stivale, invece, i consumi di spirits sono da anni in costante calo: -1,5% dal 2013 al 2018 per 1,2 milioni di ettolitri consumati nel 2018. Aumenta però il valore, soprattutto nel canale gdo: nei primi 4 mesi del 2019 si registra un incremento del +10% con performance notevoli per spumanti, gin e rum.

Dove si producono gli spirits made in Italy

L’Osservatorio ha anche analizzato la struttura economico/finanziaria dei produttori di spirits italiani. Emerge il quadro di un mercato abbastanza concentrato, votato all’export e con un buon equilibrio finanziario. La concentrazione è in primo luogo geografica: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto sono i produttori principali, con un indice di concentrazione settoriale elevato per spiriti (1.998) e liquori (2.749). Le aziende del comparto si segnalano anche per una crescita costante: la variazione media del fatturato tra il 2013 e il 2017 è del +2,1% per gli spirits e +2,6% per i liquori. Si tratta di aziende vocate all’esportazione con una media del 57% per gli spirits e addirittura un 62,4% per i liquori.

Un settore remunerativo (ma gli investimenti restano bassi)

La governance appare maggiormente collegiale con record di quote rosa nel settore dei distillati: 36% contro 23,1% del vino e 21,9% dei liquori. Anche i margini (rapporto tra EBIT e fatturato) sono molto interessanti, addirittura superiori al vino: 15,4 gli spirits e 17,1 per i liquori contro il 9,3 della produzione vinicola. Il rendimento del capitale risulta remunerativo, specie se lo paragoniamo alla media europea del comparto (6,5%): 11,8 liquori e 12,4 spiriti. Siamo quindi al doppio rispetto alle aziende degli altri Paesi dell’Unione Europea. A riprova della solidità finanziaria, è opportuno citare il credit scoring: 87,2 per gli spirits, 83,3 per i liquori e oltre il 90% per i distillati. Rimane però da sciogliere il nodo degli investimenti, ancora bassi: 3,6% liquori e 3,9% distillati.

Come si beve in Italia?

Le abitudini di consumo di alcolici in Italia hanno subito, nel corso dell’ultimo decennio, un cambiamento notevole. Da un lato si registra un calo generalizzato, ormai diventato un trend: il 23% dei bevitori ha dichiarato di aver ridotto negli ultimi 2-3 anni il consumo di amari/liquori dolci fuori casa (contro il 17% di chi ha riscontrato un aumento). Saldo negativo anche per i consumi domestici, diminuiti per il 20% dei consumatori (contro il 14% di chi dichiara di aver incrementato le quantità). Il consumo di spirits avviene principalmente dopo i pasti (82%), senza particolari differenze tra consumi domestici (51%) e fuori casa (49%). La marca orienta la scelta del 28% dei consumatori, mentre prezzo basso, origine e ingredienti specifici rappresentano un driver di scelta solo per il 10%.

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