La Pignola nera è affine al vercellese Pignolo spano (ma nulla c’entra col friulano Pignolo). È pertanto forse originaria del Piemonte, anche se oggi è riscontrabile quasi solo in Valtellina e Oltrepò Pavese. Sebbene sia quasi sempre impiegata come vitigno complementare alla Chiavennasca (il Nebbiolo valtellinese), alcuni produttori cominciano a vinificarla anche in purezza.
Tra questi Marco Triacca, patron de La Perla di Teglio (Sondrio). Che ci spiega: «Ho la fortuna di coltivare circa mezzo ettaro di un vigneto trentenne, vitato a Pignola valtellinese. Vitigno che, nel mio territorio, raggiunge una piena maturazione a inizio ottobre, e che mostra una vigoria inferiore a quella del Nebbiolo, rendendo meno fondamentale la defogliazione estiva».
Un Metodo Classico da Pignola nera
Gli chiediamo come mai abbia deciso di impiegare la Pignola per un Blanc de Noirs Metodo Classico: «Per ottenere la base spumante del mio Extra Brut La Perla vendemmiamo verso metà settembre: così si ottiene un tenore alto di acidità e un contenuto alcol potenziale. Raccogliere prima della maturazione ottimale agevola le operazioni. La Pignola ha infatti un grappolo compatto e turgido, che risulta meno delicato se colto in anticipo».
Il segreto è l’iperossidazione
In cantina il mosto ottenuto dopo una pressatura soffice viene sottoposto alla tecnica dell’iperossidazione: le sue molecole ossidate, costituite da antociani e tannini, precipitano sul fondo del serbatoio tramite chiarifica, a beneficio di limpidezza e pulizia dello stesso. «La base del concetto di questa tecnica», continua Triacca, «è che tutto ciò che si ossida prima nel mosto, non ha più modo di ossidarsi poi nel vino. Questo lo rende più longevo in quanto più integro e stabile». Dal 1° agosto nel disciplinare dell’Igt Alpi Retiche, è stata aggiunta la tipologia Spumante Metodo Classico, ove è previsto l’impiego dei vitigni autoctoni valtellinesi.
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