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Viva il Prünent e attenzione ai complottisti del vino

9 Gennaio 2018 Alessandro Torcoli
Si parla tanto di valorizzazione del territorio, poi ti capitano cose così: in una trattoria di Domodossola un raro e interessante vino locale ci è stato smaccatamente denigrato dall’oste. Cose da non credere (e da non copiare). E pensare che stavamo ordinando l’etichetta in questione proprio dalla carta dei vini del ristorante. Insomma, non era neppure una nostra, balzana richiesta fuori lista. Si trattava del Prünent, sinonimo di Nebbiolo nelle Valli Ossolane, uva che qui si esprime, nelle buone annate, con frutti rossi e delicate note floreali. Non un gigante, ma un piacevole, fresco compagno degli ottimi formaggi che si producono nei dintorni. Un vino, insomma, che riassaggiamo volentieri quando ci troviamo in zona, anche per sostenere il territorio, dato che è prodotto con uve conferite dai soci di un’associazione nata per mantenere la viticoltura in queste vallate.

Qual è il problema del Prünent?

Il giovane oste ci dissuade: «Lasciate perdere», avverte,«il Nebbiolo vuole sole e terra, mentre qui abbiamo solo ombra e roccia», e propone un’altra etichetta, sempre di Nebbiolo, ma delle Langhe. L’oste continua confidandoci che sta per cominciare il corso dell’Associazione Italiana Sommelier, spinto da una grande passione, esplosa durante un’esperienza lavorativa a Parigi. Peccato che in Francia il ragazzo non abbia assorbito anche un pizzico di utile sciovinismo. E poi… qual è per lui il problema del Prünent? Semplicemente è troppo diffuso, rispetto al numero di bottiglie che dicono di produrre… Chissà che pasticci in quella cantina… Ops! Un vecchio anatema che colpisce tutti i vini che raggiungono un minimo di notorietà.

I complottisti del vino (anche in Val d'Ossola)

Il giovane dimostra di essere già impregnato di uno straziante scetticismo ascrivibile nella categoria del “complottismo”, quella per cui nessuno è in buona fede e la vita è un imbroglio. Tant’è che, ci spiega, “lo stesso capita anche nel Chianti e persino a Bolgheri… Mai fidarsi!”. Ma figuriamoci se nel Chianti hanno grande bisogno di pasticciare, quando il disciplinare della Docg lascia già ampi margini di manovra. Se qualcuno imbroglia, è un farabutto isolato, quali se ne possono trovare ovunque. Il giovane oste lo apprenderà, probabilmente, ai corsi Ais i cui docenti, a questo punto, di fronte ai complottisti del vino, hanno una grande responsabilità: informare e infondere una mentalità positiva, per ridimensionare gli allarmi di corruzione e disonestà con cui molti ventenni convivono. Colpa dei 5 Stelle? Chissà. Certamente non del 5 Stelle, lo Sfursat da uve Chiavennasca, un altro sinonimo di Nebbiolo, come il Prunent, sul quale, però, pare non siano caduti, sinora, atroci sospetti.

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