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Scimiscià, Scimixâ o Çimixà. L’uva che piace alle cimici

8 Marzo 2018 Roger Sesto

Lo Scimiscià è un vitigno autoctono sicuramente ligure, molto diffuso un tempo nell’entroterra di Chiavari e nella Val Fontanabuona (foto in apertura). Il suo particolare nome sembra derivare dal fatto che la punteggiatura presente sull’acino ricorda la forma delle cimici, chiamate in dialetto Scimiscià (Scimixâ o Çimixà). Altre versioni fanno risalire il nome al fatto che tale insetto par esser ghiotto di quest’uva. Oggi lo si trova sporadicamente coltivato in Val Graveglia, a Mezzanego e nel Chiavarese.

 

 

La rinascita di un autoctono quasi estinto

Uno tra i principali interpreti di questa varietà è Piero Lugano, titolare dell’azienda Bisson a Chiavari (Genova), celebre per lo spumante Abissi. Racconta il produttore: «Il primo approccio con quest’uva l’ho avuto circa 10 anni fa, il giorno in cui mi si presentò un anziano signore di nome Bacigalupo. Costui, all’epoca, era l’unico a coltivare un vigneto di Çimixà in purezza. Mi volle incontrare per annunciare il suo interesse a vendermi l’uva dell’imminente raccolta della sua vigna. Proposta che io accettai. Credetti subito in questa operazione, tanto che – dopo una prima vinificazione sperimentale – decisi di riprodurre per innesto il vitigno, gettando le basi della mia produzione attuale».

 

 

In vigna e in cantina

Di aspetto molto particolare, lo Scimiscià presenta pampini color terra di Siena. Anche le foglie hanno tinte curiose, con sfumature bluastre. Il grappolo non è molto compatto, a volte spargolo. Gli acini hanno media dimensione, con una buccia coriacea e resistente (adatta per le vendemmie tardive). Piuttosto contenuta è la resa in mosto. Ne scaturisce un nettare polposo, sapido, caldo di alcol ma fresco di acidità, armonico e persistente, dai profumi delicatamente aromatici di frutta, fiori gialli e macchia mediterranea.

I due Scimiscià Bisson

Bisson ne produce due versioni in purezza: L’Antico e il Golfo del Tigullio-Portofino Doc Çimixà Villa Fieschi; quest’ultimo da un cru ubicato a Sestri Levante. Entrambi sono affinati in acciaio sulle proprie fecce fini per 6-8 mesi, così da esaltare il loro carattere minerale, iodato e di pietra focaia, polposo e quasi materico, dai profumi ricchi e complessi.

Per conoscere gli altri autoctoni della Lombardia clicca qui

L’articolo completo è su Civiltà del bere 5/2017. Per continuare a leggere acquista il numero sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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