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Vino Pignolo contro tutti. La degustazione di Angoris

19 Maggio 2016 Elena Erlicher
Il Pignolo è una varietà rossa autoctona friulana che viene da lontano (cioè ha origini antiche), ma è paradossalmente nuova. Infatti è solo da una decina di anni che i produttori del territorio la vinificano in purezza (dove un tempo era utilizzato per il taglio soprattutto del Refosco), contribuendo alla sua riscoperta. Noi abbiamo assaggiato il Pignolo con altri 10 rossi da varietà autoctone dal mondo, in un confronto alla cieca organizzato dalla storica azienda Angoris di Cormons (Gorizia), il 17 maggio. E, secondo la nostra opinione, ne è emerso un vino dalle grande potenzialità, semplice ma niente affatto banale. Speziato di pepe, balsamico, cuoio, caffè e cacao e in bocca dal tannino equilibrato e croccante.

Vino Pignolo e rossi friulani: serve una riflessione

«In occasione dell’anteprima del nostro Spìule Chardonnay 2014, che porta il nome di un antico gioco friulano simile al baseball», ha detto Marta Locatelli, che da due anni gestisce la Tenuta (dopo il cambio generazionale con il papà Luciano), «quest’anno abbiamo organizzato una degustazione dedicata ad alcuni vitigni rossi autoctoni, partendo dal Pignolo che noi produciamo nella zona dei Colli Orientali del Friuli. In un momento storico nel quale i vitigni autoctoni rossi friulani stentano a imporsi sul mercato e vedono una contrazione della superficie e della produzione, ci è sembrato lungimirante fare una riflessione e un confronto tra il Pignolo e altri vitigni meno conosciuti, ma che, in certi casi, hanno saputo ritagliarsi una nicchia di successo».

Dieci autoctoni all'assaggio

Per la degustazione sono stati scelti vini prodotti con uve autoctone che avessero caratteristiche simili a quelle del Pignolo: tannini importanti, spiccata acidità, necessità di lunghi affinamenti nel legno, e che dimostrassero un forte legame con il territorio da cui provengono. Le annate andavano dal 2009 al 2010, tranne in un caso. Così abbiamo assaggiato, nell’ordine: Tannat 2014 dell’azienda uruguaiana Bodegas Castillo Viejo. Ben eseguito, ma in debito di territorialità. Nero di Troia Castel del Monte Rosso Riserva Doc 2010 Torrevento (Corato, Bari). Bouquet intenso di ciliegia e caffè; equilibrato e di buona acidità Pignolo 2010 di Dorigo (Premariacco, Udine). Un po’ ruvido e dal tannino amaro. Graciano 2010 della spagnola Marquez de Griñón. Speziato e con tutto il calore del Centro della Spagna. Touriga Nacional 2010 della portoghese Quinta do Crasto. Dalle uve utilizzate per il Porto, ma qui vinificate nella versione secca; dalle note di frutta rossa, balsamico e di grande tipicità. Ghemme Docg 2010 di Torraccia del Piantavigna (Ghemme, Novara). Note di fiori appassiti per questo Nebbiolo dell’Alto Piemonte dal tannino fine ed equilibrato. Mavrotragano 2010 della greca Sigalas (isola vulcanica di Santorini). Sentori ferrosi e di frutta sottospirito, con ingresso dolce in bocca e tannino persistente. Montefalco Sagrantino Docg 2009 di Antonelli (Montefalco, Perugia). Naso interessante e tipico del Sagrantino, ma poi un po’ statico alla beva. Etna Rosso Doc 2009 di Tenuta delle Terre Nere (Randazzo, Catania). Ciliegia sottospirito e muschio, ma tannino un po’ ruvido. Pignolo Friuli Colli Orientali Doc 2009 di Tenuta di Angoris. Speziato di pepe, balsamico, cuoio, caffè e cacao e in bocca dal tannino equilibrato e croccante. Un vino capace di evolvere bene nel tempo. Abbiamo potuto apprezzare la sua balsamicità anche nell’annata 2006, che abbiamo assaggiato nel pranzo che è seguito alla degustazione. Susumaniello Valle d’Itria Rosso Igt 2009 di Tagaro (Locorotondo, Bari). Ciliegia, cioccolato, caffè, con uno stile che rimanda un po’ al Primitivo. Collepiano, Montefalco Sagrantino Docg 2009 di Arnaldo Caprai (Montefalco, Perugia). Note di terra bagnata

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