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Cile, Australia e Sudafrica: attenti a quei tre!

14 Maggio 2013 Luigi Pelliccia
Nel mercato globale del vino Cile, Australia e Sudafrica possono considerarsi vere e proprie "potenze di fuoco" che si stanno affermando sempre più a livello internazionale, con dinamiche di esportazione in continua crescita. Osservando i numeri, l'export di vino australiano ha segnato l’anno scorso la quota di 1 miliardo 524 milioni di euro, quello cileno ha sfiorato il miliardo (994 milioni), infine quello del Sudafrica si è attestato a quota 566 milioni (fonte: Banca Dati Eurostat). Sono state misurate inoltre, nello specifico, le performance su tre grandi mercati: Usa, Cina e Giappone. IL MATCH CON L'ITALIA - Per avere un’idea dell’attuale “potenza di fuoco” dei tre player, va ricordato che, a confronto col valore 2012 del vino italiano esportato (pari a 4,9 miliardi di euro), l’export australiano rappresenta il 31%, quello cileno il 20% e quello del Sudafrica il 12%. Percentuali importanti, destinate sicuramente a salire, anche per i forti investimenti in atto in questi Paesi. TREND 2012: EXPLOIT CILE - L’export dei tre competitor evidenzia subito alcune tendenze comuni. A cominciare dai loro trend 2012, che appaiono tutti in espansione. L’export di vino del Sudafrica cresce, in tale anno, del +4,5%, quello del Cile del +16,5% e quello dell’Australia del +6,9%. Se si guarda appena indietro, si scopre un’altra tendenza in comune: tutti e tre vengono da un 2011 deludente. L’Australia e il Sudafrica avevano registrato infatti cali, rispettivamente, del -3,5% e del -8,6%, mentre il Cile aveva tirato il freno a mano e si era fermato su un -0,1%. Ne esce una prima conclusione: nel complesso, sul triennio, il Cile appare di gran lunga il Paese più performante. PERFORMANCE SUI MERCATI DI USA, CINA E GIAPPONE - Ma le somiglianze fra i tre produttori non finiscono qui. Nel 2012, con una sola eccezione che riguarda l’export australiano sul mercato statunitense, le loro esportazioni verso Usa, Cina e Giappone hanno registrato spunti nettamente superiori alle crescite medie soprariportate. Il caso più eclatante è quello del Sudafrica che, a fronte di un aumento medio dell’export 2012 del +4,5%, ha messo a segno aumenti del +31,2% negli Usa, del +55,7% in Cina e del +79,6% in Giappone. Il messaggio è chiaro. Anche se Stati Uniti e Giappone non si possono definire “nuovi mercati”, i tre competitor non solo insidiano le posizioni forti dei grandi player sulle piazze consolidate, ma puntano a piantare le bandierine e presidiare sempre meglio gli spazi espansivi offerti dai nuovi mercati. IMBOTTIGLIATO BATTE SFUSO - Sul tema qualitativo, si dispone della disaggregazione fra vino in bottiglia e sfuso. È davvero poco, ma è comunque un primo elemento per capire qualcosa. Ebbene, anche su questo fronte emerge la capacità concorrenziale e, in qualche modo, la maggiore maturità competitiva del Cile. L’export di vini in bottiglia (sotto i due litri) rappresenta infatti per questo produttore l’81,2% dell’export 2012. Siamo su dimensioni del “confezionato” vicine a quelle dei grandi esportatori europei. In ogni caso, il Cile si pone ben sopra le quote di vino in bottiglia dell’export australiano, pari al 74,4%, e dell’export sudafricano, pari al 60,7%. Del resto, anche la dinamica specifica 2012 del vino cileno in bottiglia appare premiante, con una crescita sull’anno precedente del +11%, contro il +2,4% dell’Australia e il passo indietro (-4,7%) del Sudafrica. GLI SPUMANTI - Su un altro versante, invece, l’export cileno appare debole. Ed è quello degli spumanti. L’incidenza 2012 di questa fascia di prodotti sull’export totale di comparto si ferma, infatti, su un esiguo 0,8%. Migliore la situazione dell’Australia, con un peso del 3,8%. E ancora meglio quella del Sudafrica, con il 4,6%. Per avere un termine di confronto, nel 2012 la percentuale dell’export italiano di spumanti su quello totale di settore si è posta attorno al 9%.

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