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Siamo un popolo di esportatori

7 Gennaio 2013 Luigi Pelliccia
Gli italiani hanno il modello alimentare forse più evoluto nel mondo. Ad esempio: siamo lontani dai vertici europei per livello totale dei consumi, ma nel continente rimaniamo il Paese con la spesa più elevata. LA SPESA È IN CALO - Nel 2010, su un totale di 15.700 euro mediamente utilizzati pro capite dagli italiani, ben 2.300 sono stati impiegati per l’acquisto di prodotti alimentari: un dato che supera del 28% quello dell’Unione Europea. In Europa solo i francesi ci eguagliano, ma a fronte di una dimensione dei consumi totali significativamente più alta della nostra. Per cui, la “fetta” dedicata al food and drink dagli italiani rimane la più elevata, anche se è in calo da qualche anno. La crisi si sente, infatti, e ha fatto scendere questa quota, dal 14,7% del totale 2006, al 14,2% del 2011. EFFETTO "DOWNGRADING" - Il perdurare della crisi economica e il progressivo deterioramento del clima di fiducia delle famiglie stanno rinnovando profondamente le abitudini di vita e le modalità d’acquisto. Il contenimento della spesa ha assunto forme diverse. Fra queste: il ricorso più frequente ai formati di vendita a minore contenuto di servizio; la maggiore attenzione ad articoli in promozione; lo spostamento verso i prodotti più economici presenti in assortimento; il passaggio dalle marche note a quelle “bianche” e ai primi prezzi. Si è innestato insomma il cosiddetto downgrading, ossia l’insieme di accorgimenti che consentono alle famiglie di difendersi dal calo di capacità di acquisto. I dati più recenti dicono che, nel primo semestre 2012, a fronte di un aumento medio superiore al 4% dei listini alimentari, le famiglie sono riuscite a contenere al 2,5% l’incremento del costo della spesa. Come dire che, nell’ultimo anno, gli italiani sono riusciti a risparmiare 1 miliardo di euro, a parità di volumi acquistati. C’è un segnale, infine, che dimostra come le famiglie siano arrivate davvero a “raschiare il fondo del barile” delle loro potenzialità ed è il fatto che le promozioni, nell’enorme area della Gdo, non riescono più a incrementare le vendite. IL RUOLO STRATEGICO DELL'EXPORT - È chiaro quindi che, in questo contesto, il valore strategico dell’export alimentare si è enormemente accresciuto. Per cui, in attesa che “passi la nottata” sul piano nazionale, è ancora lì che bisogna guardare per dare respiro e sbocchi alla produzione, in termini quantitativi e qualitativi. Il problema è che l’appannamento della congiuntura si è spalmato, con ben poche eccezioni, in tutto il mondo: per cui la movimentazione dei prodotti (area food e non food) si è enormemente ridotta. I macrodati dicono che la dinamica del commercio mondiale, dal +15% del 2010, è scesa al +5,7% nel 2011, per ridurre ancora il passo con incrementi marginali come il +1,4% del 2012 e il +1,6% atteso nel 2013. È evidente che, in un quadro del genere, il vino non può fare miracoli.

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