Il vino frizzante può essere bianco, rosso o rosato, può avere varie gradazioni alcoliche purché non inferiori al 9%, può essere prodotto a fermentazione naturale, rifermentato col metodo Charmat o addizionato di anidride carbonica, e quest’ultima può conferirgli qualunque sovrapressione purché non superi le 2,5 atmosfere. Tutte le varianti hanno però qualcosa in comune: la diffidenza che nei loro confronti manifestano i compilatori delle guide enologiche, e anche i loro lettori. Non è soltanto questione di tre bicchieri, cinque grappoli, 19/20 irraggiungibili per decenni e concessi solo recentemente con estrema avarizia: a colpire è il mal dissimulato disprezzo con cui si guarda ai vini di moderata effervescenza. Ma degli snobismi la realtà non si cura, e l’anno scorso, nel momento più nero della crisi, Prosecco e Lambrusco hanno registrato risultati di vendita in controtendenza, molto migliori dei vini fermi. È logico: quando il potere d’acquisto è dimezzato, si brinda con bollicine a bassa pressione. L’importante è che siano di qualità.