C’è un filo conduttore che unisce le particolarità dei vini che nascono su terreni di origine vulcanica: sono naturalmente più sapidi e hanno una gamma di profumi più ampia e di maggior intensità. E c’è di più: poiché i suoli sono ricchi di elementi minerali e di attività microbiologica (batteri e quant’altro) la pianta è potenzialmente più in salute e ha bisogno di minor apporto di sostanze esterne. Possiamo infine aggiungere il fascino indiscusso del vulcano, forse perché cela ancora parecchi misteri, quale punto di forza per un mercato di consumatori curiosi o semplicemente attratti dal particolare. La sola indicazione “vulcano” in etichetta potrebbe fare più successo del nome del territorio o della Casa produttrice.
VULCANIA: FORUM DEI VINI VULCANICI - Questo, in sintesi, ciò che è emerso durante la quarta edizione di Vulcania - Forum internazionale dei vini vulcanici che si è svolta a Soave (Verona) l’8 giugno e a cui hanno partecipato docenti universitari, uomini di marketing, ricercatori e giornalisti anche stranieri. In degustazione ventidue vini da tutto il mondo, a partire dalla zona del Soave, dove l’uva Garganega trova l’habitat migliore, per allargarsi al Veneto con i Monti Lessini, Gambellara e i Colli Euganei, patria dei Moscato Fior d’arancio e dei grandi rossi di taglio bordolese, strutturati e con bouquet ampio e persistente. La panoramica si è poi estesa alle altre realtà italiane più significative – Etna, Campi Flegrei, Vesuvio e Bianco di Pitigliano – per concludersi con le zone vinicole dell’Oregon, del Giappone, della Grecia e della Nuova Zelanda.