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Marche: autoctoni, biologico e grande tipicità

20 Aprile 2012 Emanuele Pellucci
DA QUEST’ANNO le Marche del vino hanno arricchito il proprio palmarès di Denominazioni con una nuova Docg, Offida, che è andata ad affiancare le altre quattro (Castelli di Jesi Verdicchio Riserva, Conero, Verdicchio di Matelica Riserva, Vernaccia di Serrapetrona) già presenti. Un traguardo importante per le Marche che può vantare anche 15 Doc arrivando a “coprire” gran parte del territorio regionale. A queste si aggiunge anche l’Igt Marche, che abbraccia tutta la regione e contribuisce a valorizzare quelle zone che non hanno usufruito delle D.O. Un vigneto vasto poco più di 20 mila ettari, un terzo dei quali destinato ai vini a Denominazione di origine con una produzione di circa 2 milioni di ettolitri all’anno.
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La nuova Offida nasce dallo sdoppiamento della precedente Doc omonima: da una parte Offida Docg e dall’altra Terre di Offida Doc. In pratica, il disciplinare della prima prevede l’inserimento nell’area di produzione della provincia di Fermo, a seguito della recente divisione della provincia di Ascoli Piceno in quelle di Ascoli e Fermo, nonché la ridefinizione della zona di produzione dell’Offida Pecorino e dell’Offida Passerina per parte del comune di Rotella. Oltre a queste due tipologie, il disciplinare consente la tipologia Rosso, dove la presenza delle uve Montepulciano passa da un minimo del 50% all’85%. Naturalmente la normativa a Docg prevede anche una minore resa per ettaro, l’innalzamento del grado alcolico e un maggior periodo di invecchiamento obbligatorio. Tutti passaggi necessari per migliorare ulteriormente la qualità dei vini Offida.
VERDICCHIO, IL FIERO portabandiera delle Marche è un vino che ha fatto conoscere nel mondo la tradizione vitivinicola di questa bella regione italiana. Un vitigno e un vino che nelle sue varie sfaccettature, Classico, Riserva ma anche nella versione del suo “cugino” di Matelica, ha trainato per decenni il resto della produzione che, col tempo, ha rivelato altre interessanti realtà, specie nel campo dei rossi. Parliamo dei nettari del Conero, dell’apprezzatissimo Lacrima di Morro d’Alba e della straordinaria Vernaccia di Serrapetrona, senza tuttavia dimenticare il ruolo delle altre Denominazioni esclusivamente “rosse” come il Rosso Piceno e il San Ginesio. Accanto a essi una serie di altre Doc a tipologia multipla come Colli Pesaresi, Esino, I Terreni di Sanseverino e Pergola, oppure quelle riservate ai soli vini bianchi, come il Bianchello del Metauro e i Colli Maceratesi. VALORIZZARE: è la parola d’ordine. É indubbio che questo patrimonio è frutto di decenni di lavoro e di investimenti da parte delle aziende, dei Consorzi e degli enti pubblici, con la Regione Marche che svolge un ruolo di primo piano a livello tecnico e di promozione. Un impegno portato avanti con passione, che ha visto il recupero e la rivalutazione dei vitigni autoctoni, il rinnovo delle superficie vitate, la modernizzazione delle Cantine e una forte azione promozionale in Italia e all’estero. «Oltre 162 aziende segnalate, più di 300 varietà di vini catalogati, molti dei quali con un ottimo rapporto qualità-prezzo», spiegano all’assessorato all’Agricoltura della Regione Marche, «rappresentano un’eccellenza conosciuta in tutto il mondo, grazie anche all’impegno di numerose piccole-medie imprese sparse su tutto il territorio che, da sempre, considerano la qualità un valore aggiunto per essere competitivi sul mercato globale». Se i vini e le aziende che li producono restano al centro dell’intero movimento vitivinicolo regionale, è importante anche sottolineare le attività che ruotano attorno ad esso: dalle Strade del vino alle Enoteche regionali, dalle fiere e sagre fino alla gastronomia in generale, che da sempre accompagna nel migliore dei modi i prodotti delle vigne. Esiste perfino un portale (www.turismo.marche.it) dotato di un apposito canale, “enogastronomia”, ricco di informazioni utili, tra cui le ricette tipiche della regione. Un mondo, insomma, quello del vino marchigiano, che si può scoprire attraverso gli itinerari turistici delle “strade” del Rosso Conero, del Verdicchio di Matelica e del Rosso Piceno Superiore, ma anche dei musei del vino di Cupramontana e di Staffolo e delle enoteche regionali di Jesi e Offida. Un ruolo importante, collegato all’Enoteca regionale di Jesi, è svolto anche dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT), un Consorzio costituitosi nel 1999 dalla volontà di 19 soci fondatori. Oggi può contare su più di 1.200 viticoltori associati, delle province di Ancona, Macerata e Pesaro-Urbino che rappresentano oltre il 90% del vino esportato delle Marche. Tra le varie attività dell’Istituto figurano anche corsi, degustazioni e pubblicazioni sui vini marchigiani. Importanti appuntamenti del settore enogastronomico sono poi le tre principali fiere che mettono in mostra una vastissima gamma di specialità regionali che fanno capo a vino, olio extravergine, pasta, formaggi, salumi, tartufi e altre ghiottonerie. “Tipicità Marche” a Fermo, “Marche Food and Wine Festival” a Pesaro e “Cibaria” a Macerata attirano infatti ogni anno di più migliaia di visitatori e compratori. I PRODOTTI TIPICI sono tantissimi da elencare. Basterà citarne alcuni: i maccheroncini di Campofilone, il salame di Fabriano, il prosciutto di Carpegna, il ciauscolo, la casciotta di Urbino, la cicerchia di Serra de’ Conti, il tartufo di Acqualagna e i tanti piatti marinari a cominciare dallo stoccafisso all’anconetana oltre agli squisiti dolci come il bostrengo. È importante ricordare anche che da tempo le Marche stanno investendo nel biologico e nella green economy per la difesa ambientale. Infatti, il Piano di Sviluppo Rurale (Psr) 2007-2013 della Regione prevede una serie di misure per il sostegno all’agricoltura biologica riguardanti la formazione degli operatori, il primo insediamento, l’ammodernamento delle aziende, i sistemi di qualità dei prodotti e la promozione: tutti aspetti che rappresentano il punto di riferimento per il settore dell’agricoltura moderna. «Le piccole-medie imprese sul territorio marchigiano», dicono ancora all’assessorato, «con dinamicità e professionalità negli anni hanno accolto la sfida del biologico, accrescendo notevolmente il proprio segmento di mercato e facendosi portavoce di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, del benessere animale e della conservazione del paesaggio rurale marchigiano. I 57 mila ettari coltivati con sistemi biologici e attenti al suolo permettono di contrastare il fenomeno dell’erosione e della desertificazione, tutelando così il paesaggio marchigiano».  

Intervista a Paolo Petrini, assessore regionale all'agricoltura

Giovane e dinamico, l’assessore all’Agricoltura della Regione Marche (nonché vicepresidente della giunta) Paolo Petrini è un grande esperto del settore, oltre che appassionato dei vini marchigiani. Assessore, dopo aver sfondato nei mercati europei, oggi il vostro vino inizia a riscuotere un grandissimo successo anche a livello mondiale. Quali sono le prospettive di questa nuova sfida? «I dati delle esportazioni ci dicono che i nostri vini stanno avendo un trend positivo, riuscendo anche a garantire un ottimo rapporto tra qualità e prezzo. Qualità che si caratterizza con la presenza di vitigni prevalentemente autoctoni, con un ambasciatore di valore e unicità che è il Verdicchio. Devo anche evidenziare che la promozione va di pari passo con un grande impegno che la Regione sta portando avanti all’interno dell’intero sistema Marche. Stiamo raggiungendo l’obiettivo di non essere più sconosciuti, o poco conosciuti, nei contesti internazionali, e ciò aiuta anche il nostro prodotto di eccellenza, che è il vino, a imporsi. Le nostre etichette hanno raggiunto ormai i maggiori mercati e in questo contesto si sta cercando di concentrare l’attenzione su realtà emergenti a cominciare da India e Cina. Due Paesi sui quali stiamo facendo un lavoro molto attento e che richiederà ancora molto impegno e costanza per raggiungere i traguardi che ci siamo posti». Pur trattandosi di un piccolo territorio, le Denominazioni di origine sono numerose, di qualità e soprattutto sempre più conosciute. A quali fattori attribuisce questo successo? «Aver saputo mantenere stretto il legame tra prodotto e territorio ha giocato un ruolo fondamentale. Il lavoro degli ultimi decenni che ha portato la Regione Marche a fare la scelta di riscoprire e valorizzare i vitigni autoctoni si è rivelata vincente. Così come la volontà di far sempre meglio ha portato, da un lato a raggiungere importanti riconoscimenti, e dall’altro a premiare la dedizione di operatori, esperti, associazioni, il che contribuirà a promuovere le Marche con un’immagine di qualità. Infatti, adesso possiamo proporre ai consumatori internazionali prodotti unici e abbiamo a disposizione quantità e qualità idonee per affrontare i mercati. Già il Verdicchio caratterizzato dalla sua unicità legata al territorio di produzione ci ha fatto capire quanto importante sia, per una piccola regione come la nostra, ancorare in modo stretto il vino ad areali specifici di produzione con una forte tradizione da una parte e modernità nelle tecniche di trasformazione dall’altra che consentono di valorizzare al massimo le peculiarità dei vitigni autoctoni. Una strategia che oggi attuiamo con il Pecorino e la Passerina, vitigni base dell’ultima Docg Offida». La regione Marche è molto sensibile al tema del biologico. Quali risultati state ottenendo? «La Regione ha sempre prestato una grande attenzione al biologico e, non a caso, alcune cooperative e marchi storici del settore sono nati proprio qui. Il suo valore economico-sociale è ben rappresentato dagli ideali che esprime. Basti pensare che circa il 12 per cento della superficie agricola utilizzata (pari ad oltre 57 mila ettari) è destinata al biologico e che oltre 2.300 sono gli operatori nel settore. In campo vitivinicolo la crescita è stata eccezionale avendo oggi oltre 100 aziende che operano nel biologico. L’attenzione della Regione è molto forte, come dimostrano i progetti di promozione attraverso l’utilizzo delle risorse del Psr a favore delle filiere. Va aggiunto, infine, che per noi questo è un settore già consolidato da anni di lavoro, molte e diversificate sono le produzioni biologiche che oggi si propongono sul mercato, e questo è ben dimostrato da un paniere ampio e ricco, con aziende che hanno accumulato esperienza e capacità anche sotto il profilo commerciale».
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