Le Dolomiti di Brenta, cattedrali di roccia che si ergono maestose a ovest del fiume Adige, custodiscono una regione costellata di laghi, boschi e valli dove la viticoltura di montagna – complici i recenti traguardi del Trentodoc – sta ritagliandosi una reputazione di grande eleganza nel bicchiere. Il panorama paesaggistico-enologico, del resto, è quanto mai vario e vivace, beneficia di un clima mai siccitoso ed è ricco di microterritori che ospitano numerose varietà di viti.
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In questa piccola isola felice le uve maturano su vigneti posti fino a 800 metri d’altezza e vendemmiati a mano, l’80% rispetta la tradizionale forma di allevamento a pergola trentina. Tanta è l’integrazione tra territorio e produzione che l’ecosostenibilità è diventata un dato di fatto sin dagli anni Ottanta, quando, in anticipo sui tempi, i produttori agricoli hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per adottare metodi di coltivazione con il minimo utilizzo di prodotti chimici. La fotografia che ne risulta è assai particolare. Ogni anno da circa 10 mila ettari molto frammentati (più del 70% delle aziende viticole ha una superficie che non supera l’ettaro) si ottengono 1 milione e 200 mila quintali d’uva da superfici vitate. E la regione vanta un primo record: oltre il 90% degli ettari vitati sono coltivati a Doc.
Bianchi e rossi di carattere Trecento miliardi di euro come valore, pari a circa la metà del prodotto interno lordo del settore agricolo trentino, 7.500 persone impegnate nella coltivazione della vite e una spiccata identità territoriale. Parlando con Mauro Leveghi, vicesegretario generale della Camera di commercio di Trento, capiamo come i numeri si sposano inevitabilmente con la qualità. «Produciamo circa l’1,6% del totale e contiamo il 4% delle Doc nazionali, con Cantine cooperative che valgono oltre l’80% della nostra economia del vino», ci spiega e ci invita a fare un viaggio tra bianchi, rossi e cifre. Nel panorama delle Doc regionali ai primi tre posti nelle preferenze del mercato si piazzano Trentino, Trentodoc e Teroldego rotaliano. I vitigni principi nell’enologia provinciale sono lo Chardonnay (28,9%), introdotto all’inizio del Novecento da Giulio Ferrari, il Müller Thurgau (8,9%, pari a 6,5 milioni di bottiglie) e il Teroldego (8%). Anche il rosso Marzemino, celebrato nel Don Giovanni di Mozart, viene apprezzato per il suo profumo fruttato e di viola mammola e oggi annovera 7,3 milioni di bottiglie. Un piccolo gioiello è rappresentato dalla Nosiola (0,7%), valorizzata nel passito Trentino Doc Vino Santo, prodotto nella valle dei Laghi da sei aziende in sole 20.000 bottiglie. Per conoscere le peculiarità della produzione enologica trentina un sicuro punto di riferimento, in pieno centro a Trento, è l’Enoteca provinciale della Camera di commercio di Trento a Palazzo Roccabruna: è il fulcro di una particolare attività formativa aperta a tutti, dove ogni giovedì vengono presentati vini e prodotti agroalimentari tipici, mentre ogni sabato si possono incontrare i produttori. Novità di quest’anno: la cucina dell’enoteca, a disposizione della ristorazione trentina per stimolarla a proporre ricette locali in grado di valorizzare le caratteristiche dei prodotti del territorio.
La Trentino Grappa Identità alpina, sostenibilità, affidabilità del sistema trentino: su questi tre poli si basa la reputazione della viticoltura trentina che vanta un altro fiore all’occhiello, la grappa garantita dal marchio di certificazione dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino. Proprio in questa Provincia, infatti, è attiva una concentrazione record di mastri distillatori e ben 21 su 29 soci sono dotati di caldaie a bagnomaria. Le vinacce impiegate provengono da uve trentine per disciplinare, non si possono usare aromi a supporto; la produzione è di 4 milioni di bottiglie su cui viene effettuato un severo controllo della qualità a cura della Fondazione Mach e della Camera di commercio. Ne risultano distillati aromatici di grande finezza, in un’ampia gamma espressiva: Moscato, Chardonnay, Pinot nero, Rebo, Stravecchia. Una realtà da scoprire visitando le singole aziende tutto l’anno e anche in inverno durante la “Notte degli Alambicchi Accesi” che si svolge in uno dei cuori produttivi di Trentino Grappa.
La ricerca punta in alto Guardando al futuro e considerando l’innalzamento delle temperature che ha interessato l’Italia negli ultimi 10 anni, viene naturale pensare che il Trentino sia una delle poche realtà che può permettersi il lusso di puntare in alto (in senso anche letterale). I motivi per proiettare oltre l’orizzonte sono radicati in una storia aperta a investire in ricerca e innovazione. La Fondazione Mach (ex Istituto Agrario di San Michele all’ Adige), che alla fine dell’Ottocento costituiva il secondo istituto agrario dell’impero austroungarico, è oggi una cittadella agricola di 24.000 metri quadrati con 750 dipendenti: un centro di ricerca, di formazione in stile campus americano e tecnologico all’avanguardia con un’azienda agricola vocata per la sperimentazione e, in particolare, una cantina che ogni anno produce 250.000 bottiglie con 23 tipologie diverse di vini trentini. Proprio in questo centro di rilevanza internazionale nel 2006 è stato sequenziato il genoma della vite. L’attività è comunque sempre fervida: «Siamo alla ricerca di cloni di viti con il gene della resistenza già inoculato per diminuire l’impiego di sostanze chimiche sulle piante», spiega Alessandro Dini, direttore generale della Fondazione, che conta oltre 10 ettari di vigneto su cui vengono effettuati incroci e dove, attraverso la genetica assistita, si compie la selezione di nuove varietà resistenti alle malattie e al tempo stesso contraddistinte dall’aromaticità originale del vitigno.
Prestigiosi i progetti in ambito strategico, formativo e sperimentale: «La Provincia ci ha affidato il compito di preparare un piano per ristrutturare il mondo vitivinicolo trentino a livello finanziario e produttivo e accrescerne le opportunità competitive», spiega Alessandro Dini. «Nel 2010 abbiamo inoltre lanciato il primo master dedicato ai vini del territorio: un’iniziativa realizzata con l’Università di Milano per sottolineare le potenzialità di mercato degli autoctoni anche attraverso seminari di marketing intelligence». La vocazione a puntare in alto (sempre in senso letterale) si traduce anche in una valorizzazione delle potenzialità della viticoltura di montagna: «Ha costi molto elevati ma può fornire eccellenti opportunità», conclude Dini. «In quest’ottica stiamo portando vitigni aromatici come Müller Thurgau e Traminer sopra i 500 metri».
I brindisi del Trentodoc «La fortuna del mondo vitivinicolo trentino è avere un vigneto già consolidato a Chardonnay e Pinot bianco e/o nero di 4.000 ettari, di cui oltre il 70% si trova in collina o in montagna sopra i 300 metri». Così il presidente del Trentodoc, Fausto Peratoner, argomenta le possibilità di sviluppo del marchio collettivo che oggi riunisce 34 aziende (di cui quattro, Ferrari, Rotari, Cesarini Sforza e Cavit costituiscono l’80% del mercato) e genera circa 70 etichette e 8,5 milioni di bottiglie vendute, firmate Metodo Classico trentino. Un brand che dal 2007 vede uniti l’ Assessorato all’ Agricoltura, foreste, turismo e promozione della Provincia autonoma di Trento, la Camera di commercio, Trentino Marketing SpA e il Consorzio di Tutela Vini del Trentino. «Oggi dello Chardonnay base spumante si sta utilizzando il 40%, ma la produzione può essere raddoppiata», continua Peratoner che si riferisce al Trentodoc come alla locomotiva del vino trentino.
«Il 90% viene assorbito dal mercato nazionale, il resto va all’estero, in Germania, in Nord Europa, Stati Uniti e Giappone». Caratteristiche distintive di questo spumante, sancite in un rigoroso disciplinare, sono l’elevata qualità delle uve di base, la provenienza trentina, la rifermentazione in bottiglia, almeno 15 mesi di prolungato contatto con i lieviti, serietà nella coltivazione e nella produzione. Una tipicità che piace per le note fragranti, complesse e strutturate, come crosta di pane, frutta matura e fiori, in grado di reggere dall’aperitivo a un intero pasto nelle varie versioni, che vanno dal Brut, al Millesimato, alla Riserva, al Rosé. Acquistabile nei ristoranti, nelle enoteche, nei bar trentini e, con alcuni brand, anche in supermercati della Grande distribuzione.
Oggi il Trentodoc è al centro di eventi di valorizzazione in tutta Italia. «Vogliamo costruire un percorso che valorizzi al massimo il marchio Trentodoc anche con la collaborazione di Fabio Piccoli, nella cui persona sono state individuate le competenze specialistiche adeguate. Dico questo con grande soddisfazione e anche come segno di ringraziamento a Trentino Marketing SpA che ci ha fortemente sostenuto. La sua figura funge anche da raccordo tra noi e le istituzioni».
Intervista a Tiziano Mellarini, Assessore provinciale all’Agricoltura, foreste, turismo e promozione: Obiettivo marchi autorevoli
Quali obiettivi vi prefiggete in termini di promozione e valorizzazione della vitivinicoltura trentina? A partire da quali punti di forza?
«Gli obiettivi sono naturalmente quelli di ampliare la quota di mercato dei nostri vini e consolidare il grado di autorevolezza dei nostri marchi. Questo va fatto attraverso un percorso che sposa con convinzione da una parte la politica della qualità e dell’eccellenza delle produzioni e, dall’altra, quella delle sinergie tra produttori, per presentarci all’esterno con brand forti e riconoscibili, come in questi anni stiamo facendo con Trentodoc e Trentino Grappa. Il tutto fonda le sue basi su produzioni agroalimentari sane e genuine, inserite in importanti percorsi di riconoscimento e valorizzazione della qualità trentina che trovano assunto proprio nel nuovo marchio comune “Trentino qualità”».- Quali saranno le linee guida e quali le principali azioni nelle aree del marketing e della comunicazione per il 2011? «Le direttrici sono quelle del fare sistema, fare squadra fra le varie realtà vitivinicole del territorio e legare sempre più queste produzioni al marchio Trentino, un brand di prestigio anche sotto il profilo turistico, con i due settori, agricoltura e turismo, che lavorano insieme per obiettivi comuni. Questa la filosofia di riferimento, sulla quale poi s’innestano le molte iniziative di marketing e comunicazione del comparto vino, dalle fiere alle campagne di comunicazione mirate, agli educational, ai workshop».
- Ci può anticipare qualche iniziativa o evento di rilievo previsti quest’anno? «Possiamo citare a livello locale la 75ª Mostra Vini, a Trento dal 20 al 23 maggio, nella quale trova spazio l’intero mondo vitivinicolo trentino, oltre ai vari appuntamenti dedicati a un singolo vino come Bollicine su Trento sul Trentodoc, Di Vin Nosiola, la Rassegna vini Mü ller Thurgau, Alla scoperta del Teroldego rotaliano e MondoMerlot. A livello nazionale e internazionale la partecipazione a Prowein e a Vinitaly è certamente strategica, come anche, con un diverso ruolo, i Trentino Wine on tour, che recentemente hanno fatto tappa a Berlino e Zurigo».
- Vino e territorio: perché quest’accoppiata è tanto importante per il Trentino? «Si tratta di un binomio per noi strategico. Il Trentino punta su produzioni di qualità che sappiano raccontare il territorio e che a esso siano legate in maniera inscindibile. Si tratta di tendere a una produzione che sia il più possibile peculiare di una zona, che contenga in sé gli elementi tipici dell’ambiente, le caratteristiche autentiche di una natura incontaminata, altrove non riproducibili. Vini originali, insomma, autoctoni, con una propria personalità ben precisa e riconoscibile».
- Il Trentodoc, Metodo Classico trentino, costituisce una delle vostre punte di diamante. Quali le strategie per aumentare la sua affermazione in Italia e all’estero? «Il Trentodoc è un progetto che sta crescendo e che oggi ha una fisionomia sempre più definita. Con soddisfazione, le Case spumantistiche produttrici di Trentodoc hanno compreso l’importanza di raggrupparsi sotto un unico marchio. Questo ha contribuito al suo consolidamento, che ha acquisito via via una propria riconoscibilità, una sua autorevolezza e l’aumento di qualità del prodotto, testimoniato anche da recenti prestigiosi premi. Siamo certamente soddisfatti dei risultati attuali e riteniamo che il Trentodoc, grazie alla sua qualità, possa crescere ulteriormente, rappresentando sempre di più con la sua eccellenza la punta di diamante della produzione vitivinicola trentina».
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