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Speciale Marche: I Verdicchi diventati Docg

9 Aprile 2011 Emanuele Pellucci
Le Marche costituiscono, insieme all’Umbria e alla Toscana, la fascia centrale della penisola, tre regioni che per molti aspetti vantano caratteristiche spesso similari: paesaggio collinare, litorali marini (ma questo non è il caso dell’Umbria, la regione che ama definirsi “il cuore verde d’Italia”), attività artigianali di grande qualità, prodotti agroalimentari tipici. [emember_protected] Tra questi ultimi spiccano vino, olio extravergine d’oliva, formaggi, salumi e tartufi; prodotti che i gourmet hanno potuto conoscere e degustare in occasione di “Tipicità Marche”, l’annuale appuntamento che si è tenuto nelle scorse settimane a Fermo. Si tratta di un patrimonio enogastronomico variegato che trae origine soprattutto dalle zone collinari punteggiate di borghi antichissimi, insediamenti medievali circondati da mura, castelli e rocche. È in questo ambiente che la coltivazione della vite, così come quella dell’olivo, ha trovato il proprio ambiente naturale ed è qui che nascono i vini bianchi e rossi più rinomati della regione. In passato uno scrittore e poeta marchigiano, Luigi Bartolini, aveva visto giusto quando diceva: “se i marchigiani si organizzassero e se disciplinassero la coltura dei vitigni, se li scegliessero e se coltivassero uve rinomate, ecco, il nostro suolo apparirebbe il più propizio a Bacco”. Ebbene, da vari anni ormai i produttori marchigiani, o almeno buona parte di essi, hanno seguito il consiglio del Bartolini, e grazie alla selezione e al miglioramento dei vitigni autoctoni sono riusciti a esprimere vini che riscuotono calorosi apprezzamenti in Italia e all’estero. In particolare, vale la pena di sottolineare la qualificazione delle varietà autoctone, grazie anche al contributo del settore pubblico: Verdicchio, Biancame, Passerina e Pecorino tra quelle a bacca bianca; Montepulciano e Vernaccia tra quelle a bacca rossa. Ma anche altre varietà, diffuse soprattutto nel Centro Italia, come la Malvasia di Candia, il Sangiovese, l’ Alicante e il Ciliegiolo. Tutto questo impegno da parte delle aziende, dei Consorzi e degli enti pubblici ha portato con il tempo all’aumento del numero delle zone a denominazione di origine. Attualmente le Marche vantano 4 Docg e 15 Doc, oltre all’Igt regionale Marche. La viticoltura è ancora piuttosto frammentata, con Case vinicole piccolissime o di medie dimensioni che stanno emergendo. Il terreno vitato è di 20.500 ettari, con una produzione annua di circa 900 mila ettolitri di vino. «Una cultura ancora oggi legata a millenni di storia rurale», dicono all’assessorato all’ Agricoltura della Regione, «non poteva non dare al vino delle Marche caratteristiche alla pari con i nomi più conosciuti e alla sua terra una vocazione indiscutibile». Ed ecco che proprio in occasione del Vinitaly 2011 le Marche presentano ufficialmente i due nuovi vini Docg: Verdicchio di Matelica Riserva e Castelli di Jesi Verdicchio Riserva. Il primo è prodotto nei vigneti adagiati sulle dolci colline prospicienti la vallata preappenninica che ha come epicentro il comune di Matelica (Macerata) e che si estende fino al comune di Fabriano (Ancona); è ottenuto da uve Verdicchio (almeno per l’85%), a cui possono essere aggiunte Trebbiano toscano e Malvasia toscana. La tipologia Riserva ha un periodo di invecchiamento di 18 mesi a decorrere dal 1° dicembre dell’anno di produzione delle uve. Stesso discorso vale per l’altro Verdicchio promosso a Docg. Il disciplinare del neonato Castelli di Jesi Riserva, prodotto all’interno dei 14 comuni disposti a ferro di cavallo sulle colline attorno alla vallata jesina, prevede un invecchiamento di almeno 18 mesi, di cui 6 in bottiglia. Anche in questo caso la presenza minima del vitigno Verdicchio è dell’85%, mentre per il restante 15% possono essere impiegati altri vitigni a bacca bianca. Queste due nuove Docg sono andate ad aggiungersi alle preesistenti Conero Riserva e Vernaccia di Serrapetrona, due vini con caratteristiche completamente diverse. Il primo è un classico rosso di qualità proveniente da uve Montepulciano in purezza, un vino maturo, morbido e con una buona dose di tannicità che ben esprime il potenziale produttivo delle Marche. Il secondo è uno spumante naturale (il primo in Italia da uve rosse) ottenuto da uve Vernaccia nera leggermente appassite, accompagnate talvolta da piccole quantità di Sangiovese, Montepulciano e Ciliegiolo prodotte nel territorio di Serrapetrona e in parte in quelli di Belforte del Chienti e di San Severino Marche. Molto presto a queste quattro aree a Docg se ne aggiungerà una quinta proveniente dalla categoria delle Doc: Offida, che ha già ottenuto a inizio 2011 il parere favorevole del Comitato nazionale vini e il cui decreto è in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale prima di diventare operante. Conseguentemente, l’attuale Offida Doc è stata modificata in Terre di Offida Doc, dal cui disciplinare sono state estrapolate le tipologie transitate alla categoria della Docg. Anche in questo caso si è in attesa della pubblicazione del relativo decreto sulla Gazzetta ufficiale. Parere favorevole il Comitato lo ha dato anche alla modifica del disciplinare di produzione della Doc Colli Maceratesi, la cui principale integrazione è relativa all’inserimento della tipologia monovarietale “Sangiovese”. Tornando all’Offida Docg, il disciplinare prevede, riguardo all’area di produzione, l’inserimento della provincia di Fermo in seguito alla divisione della provincia di Ascoli Piceno in quelle di Ascoli Piceno e Fermo, nonché la ridefinizione della zona di produzione dell’Offida Pecorino e dell’Offida Passerina per parte del comune di Rotella. Tre le tipologie ammesse: le due appena menzionate e la tipologia Rosso. In quest’ultimo caso la presenza di uve Montepulciano è passata da un minimo del 50% all’85%. Le modifiche riguardano anche la riduzione delle rese ettariali, l’innalzamento della gradazione alcolometrica e i tempi di invecchiamento obbligatorio. Per l’Offida Rosso 24 mesi dalla vendemmia di cui almeno 12 in legno e 3 in bottiglia, consentendo per il restante tempo l’affinamento in altri contenitori. Infine, trasformazione e imbottigliamento delle tipologie Pecorino e Rosso all’interno della zona di produzione. In attesa invece di essere inoltrate al Comitato vini sono le richieste di modifica ai disciplinari delle Doc Bianchello del Metauro e Colli Pesaresi. Come si può notare, in questi ultimi anni il settore vitivinicolo marchigiano si sta dimostrando molto dinamico, impegnato nella ricerca della migliore valorizzazione delle zone vocate con l’obiettivo di esprimere vini sempre migliori e caratterizzati. Infatti, se il Verdicchio rappresenta da sempre il vino emblematico delle Marche, quello che fatto conoscere nel mondo le tradizioni vitivinicole della regione, e i rossi del Conero la conferma di questa straordinaria vocazione, dando uno sguardo alla cartina delle aree a Docg e Doc ci si accorge come la terra marchigiana, da nord a sud, sia ricca di “giacimenti” vinicoli. Bianchi, rossi, vini dolci, spumanti: tutta la gamma delle tipologie sono rappresentate e danno un’idea sia delle potenzialità pedoclimatiche del territorio, sia della capacità e dell’impegno di quanti operano nel settore. Un mondo, quello del vino, che si può scoprire attraverso gli itinerari enoturistici (attualmente sono tre: le vie del Rosso Conero, del Verdicchio di Matelica e del Rosso Piceno Superiore), i musei del vino (a Cupramontana e a Staffolo), le enoteche regionali (Jesi e Offida) e naturalmente le tante feste e sagre del vino che hanno luogo nei principali centri marchigiani. Ogni anno, poi, si svolgono tre importanti appuntamenti fieristici dove oltre al vino è possibile conoscere e apprezzare i tanti prodotti agroalimentari locali: dopo “Tipicità”, di cui si è accennato all’inizio, sono in programma per novembre a Pesaro “Marche Food and Wine Festival” e a fine ottobre-primi novembre a Macerata “Cibaria”, evento di enogastronomia e ristorazione. Concludendo, le Marche sono una regione millenaria ma anche moderna e innovativa, un territorio, come qualcuno ama definirlo, open to change, aperto al cambiamento, ma nel contempo legato ai propri valori e tradizioni da cui continua a trarre nuove ispirazioni. I marchigiani sono orgogliosi che la loro regione sia un mix tra storia, cultura, arte da un lato, e ingegno, creatività e artigianato dall’altro: tutti aspetti che hanno fatto del made in Marche un sistema riconoscibile a livello mondiale.

Intervista a Paolo Petrini, Assessore all'Agricoltura: Esaltare il nostro territorio

Paolo Petrini è uno dei personaggi più influenti dell’amministrazione pubblica regionale, ricoprendo il doppio incarico di vicepresidente della giunta e di assessore all’Agricoltura. Giovane e super impegnato, riusciamo a ritagliarci 10 minuti per l’intervista durante “Tipicità”, il tradizionale appuntamento con le specialità enogastronomiche marchigiane che si svolto a metà marzo a Fermo. - Assessore Petrini, secondo lei dove vanno i vini marchigiani? «Intanto hanno imparato ad andare da soli, nel senso che mentre prima venivano accompagnati dalla Regione ovunque ritenevamo fosse utile portarli, oggi i nostri viticoltori, riuniti con i Consorzi di tutela, decidono autonomamente le strategie di mercato e di conseguenza le strategie di promozione da mettere in atto. Certamente, tutto ciò viene fatto attraverso gli strumenti e le risorse che la Regione mette loro a disposizione, risorse che non sono date ai singoli produttori perché solo concentrando queste risorse è possibile raggiungere obiettivi di rilievo. Oggi i Consorzi lo stanno facendo con l’Ocm-vino in tutto il mondo, ma per quel che riguarda l’Europa questi sforzi sono concentrati in particolare in Germania dove i riscontri appaiono molto positivi». - E per quanto riguarda i mercati cosiddetti emergenti? «Ci sono progetti in corso che toccano in particolare India e Cina, due aree dove per la verità le aziende più grandi sono già presenti. Tuttavia, mentre la piazza indiana è sì grande ma un po’ più complicata, quella cinese sembra che stia già dando molte soddisfazioni anche attraverso la porta strategica rappresentata da Hong Kong. Insomma, qui ci sono maggiori opportunità per essere presenti sul mercato». - Assessore, finora si è parlato di temi promozionali. E per quanto concerne gli aspetti legati alla viticoltura? «Abbiamo fatto da tempo una scelta condivisa, ossia quella di non produrre vini internazionali, puntando invece su prodotti locali e tradizionali che hanno reso maggiormente distinguibile la vitivinicoltura marchigiana. Su questo aspetto abbiamo continuato a operare nel corso degli anni riuscendo a valorizzare vari nostri vitigni, non solo il vitigno-bandiera, cioè il Verdicchio, ma anche quelli che sono poco coltivati. Varietà che comunque contribuiscono a contraddistinguere un’offerta assolutamente differente rispetto ad altri». - Una delle vostre carte vincenti è anche quella di legare il vino al territorio… «In effetti, è stata una scelta fatta in relazione al vincolo che volevamo stabilire con i territori di origine e provenienza di tali vitigni. Siamo infatti assolutamente convinti che in questo modo si crea un rapporto di forte reciprocità tra prodotto e territorio, e che un territorio di qualità conferisce valore aggiunto al prodotto, così come un prodotto di qualità contribuisce a promuovere il territorio da cui ha avuto origine». - Il tema dell’agriturismo è sempre valido? «Certamente, anche se in questo momento siamo impegnati a migliorare e qualificare l’offerta piuttosto che ad aumentare il numero delle strutture poiché con le oltre 750 attuali unità ci sembra di essere arrivati a una quota molto buona per soddisfare le richieste. Miglioramento che vogliamo realizzare attraverso processi di qualità che non riguardano solo i prodotti, ma anche la proposta turistica. E ciò attraverso un disciplinare al quale gli stessi agriturismi si vincolano per potersi offrire in maniera sempre più qualificata». [/emember_protected]
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