Quando si parla di pionieri nel settore del vino italiano è impossibile non risalire alla Casa Vinicola Zonin, un’azienda con tradizioni vitivinicole antiche (quest’anno festeggia i 190 anni dell’attività viticola della famiglia) e un nome di prestigio che con l’andare degli anni si è sempre più affermato in campo internazionale, tanto che oggi sono ben 100 i mercati che distribuiscono le sue etichette. Parlare degli esordi della commercializzazione all’estero per Gianni Zonin è come invitare la lepre a correre.
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Il suo è un bello spaccato del pionierismo vinicolo dal momento che il suo primo viaggio di lavoro all’estero risale al 1961. «All’epoca si volava ancora sugli aerei a elica», ci dice, «ed era veramente un’avventura muoversi. Viaggi che all’inizio ho condiviso con mio cognato Franco Zuffellato».
Chiediamo quale è stato il primo mercato aperto. Ci risponde: «La Germania, naturalmente quella occidentale, visto che all’epoca ce n’era una anche orientale. Il mercato tedesco era abbastanza complesso perché bisognava affidarsi ai contingenti degli importatori altrimenti non era possibile esportare vino. Da qui la decisione di fondare una nostra società, la Zonin Deutschland, con la quale acquistammo i diritti d’importazione. I primi vini commercializzati furono Soave, Valpolicella e Bardolino e un ottimo successo lo ottenemmo anche con il Lambrusco».
Dalla Germania agli Stati Uniti. «Dopo essere partiti con un importatore di piccole dimensioni, senza avere grandi risultati, siamo passati alla Bonanno, e qui la musica è cambiata. Abbiamo iniziato a fare pubblicità televisiva arrivando a vendere anche 500 mila casse in un anno. Un successo grazie ai vini veronesi, all’Asti Spumante, ma anche al Montepulciano d’Abruzzo, che la Zonin ha esportato forse per prima in America rendendolo molto popolare. Eravamo a metà degli anni Settanta quando un giorno mi chiama l’importatore: “Vorrei un vino rosso buono, importante, non troppo costoso, che però sia a Doc e che ce ne sia a sufficienza per non rischiare di rimanerne senza”. Gli risposi che l’unico vino, oltre al Valpolicella che già esportavamo, che aveva quelle caratteristiche era il Montepulciano d’ Abruzzo. “Se vuoi te ne mando alcuni campioni”, gli dissi. In pochi giorni arrivò l’ordine per 10 container».
Dopo gli Usa sono arrivati via via gli altri mercati, dapprima quelli europei, poi quelli asiatici e infine quelli di ogni angolo del mondo. Ottimi mercati per Zonin sono sempre stati il Benelux e la Svizzera, ma poi anche il Giappone e l’ Australia, e pure i Paesi del Nord Europa. Oggi l’azienda è impegnata con buoni risultati in Corea del Sud e ha iniziato da anni a distribuire anche in Cina.
Ma come è cambiato il settore dell’export per Gianni Zonin? «Anzitutto oggi si lavora in tutto il mondo mentre prima solo in un terzo di esso, in pratica dove c’era un’economia sviluppata e dove le frontiere erano aperte. Adesso le frontiere sono libere dappertutto, il che è molto entusiasmante ma anche complesso. Inoltre, mentre in Italia i consumi calano, anche per scelte politiche sbagliate, vedo un’attenzione e un rispetto sempre maggiore per il vino in tutto il resto del mondo, e questa è una grande opportunità per chi, come noi, dedica la vita a questo settore. Facciamo troppo poco per valorizzare il vino, che è la bevanda più straordinaria e che rappresenta la vera tradizione dell’Italia».
In cinquant’anni di viaggi sono innumerevoli i ricordi di incontri con personaggi illustri del vino e non, così come le soddisfazioni per i premi e le attestazioni ricevuti per le nostre aziende. Uno degli incontri più belli e memorabili, durato per ben tre giorni, Gianni lo ebbe con Ernest Gallo, il patriarca del vino americano. «Lui voleva conoscere me e io lui», ricorda con un pizzico di nostalgia. «A un certo punto mi confessò di essersi innamorato di una mia tenuta, tanto che all’improvviso mi disse:“Voglio comprarla!”. Gli risposi che non l’avrei venduta, e lui ribatté: “Ma se ancora non le ho detto quanto le offro perché mi dice di no?”. E subito tirò fuori dalla giacca un libretto di assegni: “Scriva lei la cifra!”, mi disse».
Quale tenuta Gallo intendesse comprare, Gianni Zonin non lo dice, ma quando avanziamo l’ipotesi che potesse trattarsi di Castello d’Albola, la bellissima proprietà nel Chianti Classico, all’altro capo del telefono avvertiamo una bella risata confermativa. Continua Gianni Zonin: « “Scusi”, gli chiesi, “Ma se lei non ha mai visto l’azienda come fa a comprarla?”. “Io la sua azienda la conosco meglio di lei: l’ho fatta filmare tutta”. “Lo sa perché non la vendo? Perché Silvana, mia moglie, è innamorata di quell’azienda e della Toscana non voglio litigare con lei”. A questo punto, Gallo ha riposto il blocchetto di assegni dicendo: “La famiglia va rispettata”».
Non ha dubbi Zonin sul fatto che il mondo del vino crea conoscenze, amicizie e simpatie. «Nelle altre attività spesso non è così. Ho sempre detto ai miei tre figli: noi siamo fortunati perché siamo nati in una famiglia che si occupa di vino e di vigneti». Soddisfazioni per questo genere di incontri, ma anche per i premi e i riconoscimenti in Italia e all’estero. Tre, in particolare, le attestazioni arrivate alla Zonin nel 2010 che la riempiono d’orgoglio: il “Gran Vinitaly”, il “Mundus Vini”. «Quest’ultimo riconoscimento, a margine del concorso internazionale omonimo che ogni anno si tiene in Germania, risale all’edizione 2010 e ci è stato attribuito quale migliore azienda vinicola europea: una bella soddisfazione! Inoltre, come terzo successo, sempre lo scorso anno la rivista Wine Spectator ha inserito il Chianti Classico Castello d’Albola nella Top 100 dei migliori vini del mondo».
Per chiudere, un accenno all’attualità sul versante export: «Direi che ci stiamo muovendo bene visto che appena tre anni fa eravamo al 35% di export e oggi siamo passati al 60% avendo anche leggermente incrementato la nostra quota sul mercato italiano. Sono stati premiati i nostri sforzi sia in direzione della qualità dei prodotti e sia per le capacità, la grinta, i contatti, le conoscenze e la stima che la Zonin ha riscosso lavorando sempre correttamente. Noi non abbiamo storie ultrasecolari alle spalle però quest’anno festeggiamo 90 anni di attività da quando lo zio Domenico fondò la Casa Vinicola Zonin e 190 anni dell’attività in vigna dei miei antenati. E la passione, la capacità e l’impegno dei miei tre figli Domenico, Francesco e Michele assicurano la continuità nel futuro delle nostre aziende».
1821 È questo l’anno a cui risalgono le prime notizie della tradizione viticola della famiglia Zonin.
1921 Domenico Zonin, zio di Gianni, fonda quella che è oggi l’attuale Casa Vinicola.
1961 Gianni Zonin compie i primi viaggi all’estero per conoscere i nuovi mercati di produzione e distribuzione.
1967 Inizia l’esportazione verso gli Stati Uniti con la Francis A. Bonanno Inc che raggiungerà la cifra record di 500 mila casse vendute negli anni Ottanta.
1984 Ernest Gallo, patron della grande Casa vinicola americana, incontra Gianni Zonin al quale chiede di vendergli Castello d’Albola, la tenuta chiantigiana di cui si è innamorato. Si dà il caso che anche la famiglia Zonin ne sia innamorata e il rifiuto è scontato.
2010 L’azienda ottiene tre prestigiosi riconoscimenti internazionali: i premi Gran Vinitaly e Mundus Vini (Germania) e l’inserimento del Chianti Classico Castello d’Albola nella classifica Top 100 di Wine Spectator.
OGGI
Export: 60%
Bottiglie più esportate: Asti, Prosecco, Sangiovese, Pinot grigio e Montepulciano d’Abruzzo
Primi mercati: Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Australia e Giappone.
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