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Le Cantine che hanno fatto l’Italia (1): Mastroberardino

18 Aprile 2011 Emanuele Pellucci
Quando si parla di pionierismo dell’esportazione vinicola italiana il nome di Mastroberardino occupa sicuramente un posto di rilievo, e non solo per quanto riguarda la divulgazione dei valori della viticoltura autoctona del meridione d’Italia. [emember_protected] «Fin dall’Ottocento», ci dice Piero Mastroberardino, presidente del gruppo, «la famiglia ha dato all’azienda un indirizzo internazionale, puntando all’apertura di prospettive sui mercati esteri attraverso le opportunità offerte dalla presenza delle crescenti comunità di italiani nel mondo. In particolare, verso la fine dell’Ottocento, dapprima la Francia, poi gli Stati Uniti, il Canada e alcuni Paesi dell’America Latina hanno rappresentato l’avvio della diffusione all’estero dei vini Mastroberardino. Da allora sono stati sempre esponenti di famiglia a condurre le attività aziendali mantenendo il legame con il territorio e con le varietà autoctone campane, in particolare Aglianico, Fiano e Greco». L’azienda di Atripalda ha sempre continuato a valorizzare e a promuovere i vini del territorio, e oggi è raro trovare esemplari in verticali della medesima etichetta prodotta dallo stesso vignaiolo per circa un secolo come nel caso del Taurasi Mastroberardino. Di recente la famiglia ha presentato una speciale Riserva del Taurasi denominata Centotrenta, che celebra appunto i 130 anni dall’avvio delle esportazioni delle proprie bottiglie. L’etichetta riproduce i volti stilizzati dei tre maggiori artefici di questo successo internazionale, ciascuno nella propria generazione, ovvero Angelo, Michele e Antonio, rispettivamente bisnonno, nonno e padre dell’attuale presidente del gruppo. «L’azienda avviò le esportazioni nel 1878, anno in cui fu formalizzata l’iscrizione all’albo degli esportatori della Camera di commercio di Avellino», racconta Piero Mastroberardino. «Protagonista di questa svolta internazionale delle attività di famiglia fu il bisnonno Angelo (1848-1914), che iniziò le spedizioni verso la Francia, allora colpita dalla fillossera diffusa da oltre Atlantico, e che nel 1883 costituì a Roma un’azienda di trading con l’estero, per curare direttamente l’invio dei propri prodotti verso i Paesi europei e oltreoceano, verso le Americhe». L’archivio storico familiare contiene importanti testimonianze epistolari delle relazioni commerciali di quel periodo. Affermare la marca Mastroberardino negli States richiese notevole impegno: oltre alle avversità del trasporto, tanto più insidiose per la difficoltà a gestire le rotte atlantiche, anche altri fattori rendevano problematica la penetrazione in quelle realtà. È lo stesso Michele Mastroberardino, nei numerosi scambi epistolari con il padre, a passarle in rassegna. Scrive nel giugno del 1912: «Gli affari qui sono magri in conseguenza della crisi per le future elezioni presidenziali. Tutti gli importatori, tanto grossi che piccoli, lamentano la scarsezza delle vendite e la mancanza degli incassi. Gli importatori del nostro articolo per la suddetta ragione sono carichi di merce…». Le difficoltà, tuttavia, risiedono nella qualità degli interlocutori, in prevalenza italiani, animati da uno spregiudicato spirito speculativo. «Non vi deve sorprendere questo fatto per la deficienza di serietà e correttezza commerciale che si riscontra troppo spesso nell’ambiente italiano di New York e anzi delle Americhe», scrive Michele. «Sono pochissime le case che si rispettano e che sono conosciutissime, le quali lavorano con correttezza e dignità; il resto dei commercianti, detti importatori, è formato da gente emigrata, ignorante della più grossolana educazione, la quale lavora con l’unico scopo del profitto, perché in America si viene per fare danaro e non altro». Interessante anche vedere come il giovane Mastroberardino programmava le visite nel Nord America. Scrive il 19 giugno 1912 da New York: «Ho pensato di fare un giro nell’entrante mese nelle diverse città principali per fare anche ivi dei clienti. Il giro è il seguente: New York, Boston, Montreal (Canadà), Utica, Syracuse, Buffalo, Toronto, Cleveland, Pittsburgh, Chicago, S. Louis, New Orleans e New York. Questo viaggio potrà durare circa 20 giorni e costerà circa da 250 a 300 dollari, tutto compreso. Se credete possa farlo e l’approvate, compiacetevi appena ricevete la presente di telegrafarmi per guadagnar tempo…». Una cronaca dettagliata, quella di Michele, che ripete anche quando nel 1921 si reca in America Latina. Dopo aver iniziato l’esportazione in Argentina, si sposta anche in Brasile. Alcune riflessioni lo portavano, infatti, a ritenere questo Paese una vera frontiera di sviluppo. Il 22 gennaio scrive al fratello Angelo: «…Mi sono convinto che l’ America del Sud potrà divenire un mercato importantissimo per noi perché è sempre una zona di grande avvenire e forse in particolare il Brasile, ove è già arrivata in modo straordinario la corrente degli immigrati. Pensa che il Principe di Udine scarica a Santos buona parte dei 1.200 immigrati. Inoltre oggi nel Brasile si vive benissimo, perché dopo le bonifiche dei terreni paludosi è scomparsa del tutto la febbre gialla; date le sue grandi ricchezze, più di ogni altro Paese nel mondo sarà la regione preferita. Anche per noi perciò sarà interessante…». Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, l’azienda ha proseguito l’opera di diffusione dei valori della viticoltura autoctona campana grazie all’impegno culturale e professionale di Antonio Mastroberardino, che, entrato in azienda giovanissimo alla scomparsa del padre Michele, è tuttora ai vertici con il ruolo di presidente onorario. «In tempi più recenti», ci dice Piero Mastroberardino, «molte soddisfazioni ci vengono dalle degustazioni delle bottiglie di annate più lontane, poiché testimoniano la continuità intergenerazionale di scelte produttive di alta qualità. Nel 2010 in occasione della verticale condotta negli Stati Uniti da Antonio Galloni per la rivista Robert Parker, passando in rassegna la storia del Taurasi dal 1920 ai giorni nostri, sono state attribuite le valutazioni: 97/100 ai vini delle vendemmie 1958, 1968 e 1982; 96/100 al 2004; 95/100 al 1928, al 1988 e al 2001; 94/100 al 1961, 1980, 1987, 1996, 2000 e 2003. Altro recente importante riconoscimento è venuto dal Radici Taurasi Riserva 2004, risultato il vino italiano più apprezzato dalla critica. Ampio consenso aveva ricevuto qualche anno prima la Riserva 2001 dello stesso vino, a testimonianza di una costanza e coerenza di scelte qualitative in viticoltura che garantiscono il conseguimento di risultati di eccellenza in terra d’Irpinia». Oggi Mastroberardino distribuisce in oltre 70 Paesi, in prevalenza nel canale della ristorazione. 1878 Inizia l’avventura all’estero dell’azienda con l’iscrizione all’albo degli esportatori della Camera di commercio di Avellino. 1912 Primi viaggi nell’America del Nord di Michele Mastroberardino, che visita numerose città degli Stati Uniti e del Canada per allacciare contatti con gli importatori. 1921 Il giovane Michele Mastroberardino è nell’America del Sud per aprire mercati in Argentina e Brasile, due Paesi dalle grandi potenzialità grazie alla presenza di una forte immigrazione italiana. 1950 Antonio Mastroberardino alla morte del padre Michele continua l’opera di valorizzazione dei vini campani aprendo nuovi mercati sia in Europa che oltre i confini europei. 2010 Negli Stati Uniti verticale storica (1958-2003) del Taurasi Mastroberardino per la rivista di Robert Parker con punteggi altissimi. OGGI Export: 20% Bottiglie più esportate: Greco di Tufo 90.000, Taurasi 50.000, Fiano di Avellino 50.000, Aglianico 40.000, Falanghina 40.000 ecc. Primi mercati: Stati Uniti, Giappone, Svizzera, Germania e Canada. [/emember_protected]

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