The king and the prince of the Valpolicella. È stato questo lo slogan con cui negli anni Settanta la Masi ha aperto la strada della commercializzazione negli Stati Uniti ai propri “gioielli”: l’Amarone e il Campofiorin. Due vini che hanno fatto conoscere ai consumatori del Nord America il potenziale qualitativo dei rossi veronesi e reso famosa l’azienda della famiglia Boscaini impegnata da varie generazioni nell’attività vitivinicola.
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«Fino agli anni Sessanta», racconta Sandro Boscaini, «le esportazioni dei nostri vini erano molto limitate e dirette quasi esclusivamente in Svizzera, Baviera e in qualche altro Paese europeo. Ad occuparsene, fino ad allora, era stato mio padre Guido con alcuni collaboratori, ma sul finire di quel decennio passò il testimone a me. Fu a questo punto che cercammo di esportare sistematicamente negli Stati Uniti ed è appunto nel 1970 che volai per la prima volta a New York in cerca di contatti. Da lì mi trasferii a Louisville, in Kentucky, per un accordo con la Foreign Vintages del gruppo Glennmore Distilleries. Fu un incontro interessante perché loro avevano voglia di espandersi nel comparto enologico, anche se non mancò un piccolo scontro perché temevano la concorrenza con i vini Bolla, importati anch’essi da una distilleria di Louisville. Li tranquillizzai sostenendo che il nostro obiettivo era la produzione di vini “superveronesi”, magari in competizione con i Chianti Classico Riserva e con i Bordeaux Supérieur».«Feci presente» continua Boscaini, «che eravamo specialisti dell’ Amarone, e subito rimasero perplessi perché non conoscevano questo vino, anche se il presidente aveva compreso che gli proponevo qualcosa di innovativo. Non capiva però come poter far passare questo nuovo messaggio ai consumatori. Poi è venuto da noi a Verona, e si è convinto. Per iniziare ordinò 20 mila cassette di legno con tre tipologie: Soave, Valpolicella e naturalmente Amarone. Fu abbastanza problematico reperire tante cassette in breve tempo. L’ importante è che fu un successo, un’innovazione assoluta, poi imitata da altri, e ancora oggi quando vado negli Usa c’è qualcuno che si ricorda di quelle cassette».
Dagli Stati Uniti, dove Masi cambia nel tempo un paio di importatori, l’impegno si rivolge ai Paesi europei con alcuni dei quali esistevano già rapporti di lavoro attraverso il padre, mercati dove gran parte dei vini venivano venduti in fusti per poi essere imbottigliati localmente. «Ho cominciato quindi ad affidarmi ad importatori altamente professionali», dice Boscaini, «che avessero già grandi marchi in portafoglio. Ci siamo subito posizionati come l’azienda innovativa del vino veronese con un successo che ci derivava dall’avere un’anima contadina, ma anche un modo di presentarci moderno e orientato al marketing».
Belle esperienze per Sandro Boscaini sono stati anche i primi approcci con il mercato scandinavo, circa 25 anni fa. «Nel mio primo viaggio in Norvegia», ricorda, «incontrando i responsabili del monopolio ho saputo che acquistavano un Valpolicella da una Cantina sociale al di fuori della zona a Doc imbottigliandolo sul posto. Al che ho proposto loro il nostro Valpolicella. Risposta: “Non credo sia fattibile perché ci troviamo bene con questo vino”. Poi mi sono accorto che il trend di vendite era al ribasso. Allora ho insistito: “Non avete un prodotto originale, datemi almeno una chance”. Finalmente mi chiesero 400 casse da 12. Furono vendute in un solo giorno! Era successo, infatti, che un giornale locale aveva pubblicato un articolo in cui si diceva che finalmente sul mercato era arrivato un Valpolicella originale che si abbinava benissimo con il loro stock fish. Ebbene, in poco tempo è diventato il vino italiano più venduto in Norvegia con ben 480 mila bottiglie».
Più o meno lo stesso è avvenuto in Svezia con il cru Amarone Vaio Armaron. «Il loro monopolio non aveva mai listato questo vino, forse non erano convinti che potesse incontrare il favore dei consumatori. Poi accettarono di comprare 240 bottiglie (dico 240, senza gli altri tre zeri!) del cru, con il risultato che oggi la Svezia è per il nostro Amarone una delle piazze più importanti in assoluto».
Venendo a tempi più recenti, Boscaini ricorda con piacere l’approccio con il mercato cinese in occasione di uno dei primi eventi del Vinitaly a Shanghai alla fine degli anni Novanta. «Da un lato, esponemmo una gondola per sottolineare che eravamo figli della cultura delle Venezie, e dall’altro organizzammo in un grande albergo una settimana di vini e cibi veneti insieme al “guru del risotto” Gabriele Ferron. Fu un successo perché trovammo immediatamente un importatore, anzi il più importante di allora».
Più antica, invece, la tradizione dell’export in Giappone, dove proprio quest’anno Masi festeggia un quarto di secolo di scambi in forma sistematica. In questa sua quarantennale attività rivolta a incrementare e a valorizzare l’esportazione dei vini Masi nel mondo, Sandro Boscaini ha incontrato personaggi dell’industria, della finanza, della politica, della cultura, dello spettacolo e tanti altri. Qualcuno durante i viaggi all’estero, altri ricevendoli in Valpolicella. Tra questi anche Bill Gates e il regista Sergio Leone, il quale commentò: «L’Amarone è come i miei film: un vino lento, da centellinare, ma con tanto sangue e tanta forza».
Quando gli chiediamo quali sono stati i premi e i riconoscimenti dati a lui e all’azienda, Boscaini è sincero: «Ne ho ricevuti e ne ho dati», alludendo evidentemente al prestigioso Premio Masi. «Tengo molto a tutti, ma in particolare al premio che nel 1993 mi assegnò a San Francisco la Society of Wine Educators, primo italiano a riceverlo, per la mia attività personale quale “innovatore nella tradizione”. Per l’azienda è stato significativo anche il riconoscimento attribuitole nel 2004 dalla rivista Wine Enthusiast quale European Winery of the year. Una bella soddisfazione fu anche l’articolo che nel 1993 Wine Spectator riservò al nostro Amarone, il primo scritto su questo vino veronese, chiamandolo the gentle giant, il gigante gentile».
Oggi, ancora più di ieri, la Masi Agricola è fortemente indirizzata all’export, con un trend di crescita che nel 2010 ha portato le vendite a sfiorare il 90% distribuite in 88 Paesi.
1970 Primo viaggio negli Stati Uniti di Sandro Boscaini e accordo per l’export con la società Foreign Vintages. Sotto, un diploma del 1931.
1986 L’Amarone Masi e gli altri vini veronesi iniziano la commercializzazione sui mercati di Norvegia e Svezia.
1993 Debutta sulla rivista Wine Spectator l’Amarone Masi. Sandro Boscaini riceve a San Francisco il premio della Society of Wine Educators.
2004 La rivista Wine Enthusiast incorona la Masi Agricola Cantina europea dell’anno.
OGGI
Export: 88-90%
Bottiglie più esportate: Campofiorin, Costasera Amarone
Primi mercati: Canada, Stati Uniti, Germania, Svizzera e Inghilterra.
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