Per descrivere le tappe del successo della Frescobaldi nel mondo bisognerebbe richiamare in vita Berto de’ Frescobaldi, che quando morì nel Trecento lasciò in eredità ai figli le proprietà rurali di Castiglioni di Pesa tra cui “case, mulini, vigne, arboreti, poderi e terre spezzate”. E già allora il vino prodotto in queste terre era esportato nelle Fiandre e in Inghilterra, dove i Frescobaldi divennero i fornitori abituali di corte, nonché i banchieri ufficiali della corona. Non potendo far questo, lasciamo che a parlarci dei tempi più a noi vicini sia il marchese Leonardo Frescobaldi, presidente della Casa vinicola e artefice principale dei rapporti di vendita sui mercati stranieri.
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«Fino alla fine degli anni Cinquanta, con mio padre Lamberto, i nostri vini erano commercializzati quasi esclusivamente in Italia, e in particolare a Firenze, Milano e Roma. Il primo a occuparsi degli sbocchi all’estero fu mio fratello Piero che riuscì a trovare importatori a Londra, New York, in Belgio e perfino in Australia. Negli Stati Uniti conobbe l’importatore per una particolare circostanza: la Fontana Hollywood Corporation dell’italo-americano di origine piemontese Lawrence Sozzi si trovò improvvisamente senza vini del Chianti in seguito alla vendita di Ricasoli (che era nel suo portafoglio) alla Seagram che iniziò una distribuzione autonoma. La scelta cadde su Frescobaldi e così cominciammo a esportare il Nipozzano Riserva e il Pomino bianco. Con noi c’erano anche Bolla, Frecciarossa, Vaselli e una Cantina di Lambrusco, Cella. Nel 1970 questo piccolo importatore a carattere familiare cedette l’azienda alla Brown-Forman, importante produttore di whisky».«Dopo la morte prematura di Piero», prosegue il marchese Leonardo, «a partire dal 1964, ancora studente di Scienze politiche, incominciai io a occuparmi dell’export. Poi nel 1970 rimasi per 10 mesi in America attraversando tutti gli Stati e facendo anche il venditore. Da lì passai anche in Canada, un mercato difficilissimo, chiuso, controllato ieri come oggi dai monopoli e dove si entrava con estrema difficoltà. Pochissimi erano i vini listati dai monopoli; dovetti, insomma, rimboccarmi le maniche, fare visita ai vari monopoli per farmi conoscere. Dapprima nella provincia del Saskatchewan, poi a seguire in Alberta, Ontario, Québec e British Columbia. Un’enorme fatica, però oggi si vedono i risultati perché quello canadese è per noi un mercato importantissimo».
Ma, oltre ai dirigenti dei monopoli canadesi e agli importatori, chiediamo chi erano le persone da incontrare che potevano tornare utili alla commercializzazione sulle piazze straniere. «Naturalmente si dava importanza soprattutto a coloro che potevano creare business: non solo potenziali clienti e giornalisti, ma anche gli ambasciatori italiani e i responsabili degli uffici dell’Istituto commercio estero. La stampa specializzata, così come la conosciamo oggi, nacque all’inizio degli anni Ottanta. Prima erano le riviste culinarie che dedicavano una rubrica al vino».
Seduto al tavolo di lavoro nel suo ufficio di Palazzo Frescobaldi, nel quartiere fiorentino di Oltrarno, il marchese Leonardo apre per noi lo scrigno dei ricordi e degli aneddoti. Uno di questi riguarda proprio il Canada. «Mi trovavo in British Columbia per il primo contatto con il monopolio, la cui sede non era nella capitale Vancouver ma nell’isola di Victoria, dove si arrivava con un piccolo aereo. Ero lì per presentare al presidente, un colonnello, l’azienda e i vini. Secondo gli usi, a tavola si dovevano accettare le sue abitudini, che erano quelle di cominciare il pranzo con i cocktail Martini, non uno ma due e anche più, per cui al momento di assaggiare il nostro Nipozzano Riserva il colonnello e gli altri commensali avevano “allentato” l’attenzione. Era una specie di prova per verificare la capacità di resistenza ai cocktail. Comunque, andò bene perché riuscii a ottenere l’inserimento dei nostri vini all’interno della lista».
Un altro simpatico episodio, avvenuto però a Nipozzano, riguarda uno dei più famosi scrittori di vino, l’inglese Cyril Ray, voce autorevole per poter supportare le vendite in Inghilterra. «Ebbene, nel 1963 si trovava in Italia per scrivere un libro sui vini della Penisola, si fermò a Nipozzano e fu ricevuto da me e da Piero. Vide la collezione di bottiglie, tra cui quella più vecchia del 1864, ne rimase colpito e con molto tatto ci fece capire che avrebbe assaggiato volentieri il Nipozzano del 1908, la sua annata di nascita. Fu sorpreso dal prodotto, che aveva mantenuto colore e aromi. Naturalmente ne parlò bene nel libro. Dopo sei anni Cyril Ray torna a Nipozzano, ridegusta i vini e chiede un’altra volta di assaggiare il 1908, con gli stessi risultati. Passano gli anni e nel 1977 riecco lo scrittore inglese ancora da noi, e naturalmente vuole riprovare per la terza volta l’etichetta del suo anno di nascita: lo accontentiamo. Ci disse: “Voglio vedere chi invecchia meglio, se io o il vino di Nipozzano”. E anche allora il vino si dimostrò più che gagliardo! Poi non è più tornato… Le bottiglie del 1908 sono rimaste lì».
Prima di concludere il nostro incontro, chiediamo al marchese Leonardo che cosa è cambiato da allora rispetto alla ricerca di nuovi mercati e di nuovi importatori. «La mia è stata un’esperienza eroica. Andare a parlare dei vini Frescobaldi negli anni Settanta significava presentarsi da illustri sconosciuti. Le difficoltà erano avere un appuntamento, spiegarsi e soprattutto farsi ascoltare. Qualche volta facevo viaggi a vuoto perché l’importatore cancellava l’incontro visto che non ero un nome di rilievo. Ho dovuto avere molta pazienza. Oggi è diverso, il marchio è conosciuto in tutto il mondo e l’approccio è più facile anche se nel frattempo i produttori di vino di qualità sono spuntati come funghi. Bastano le cifre a confermarlo: negli anni Settanta il nostro export toccava il 20% e nel 2010 è arrivato al 63% e l’azienda è presente in oltre 85 Paesi».
1300 È la data cui si fa risalire l’inizio della storia vinicola della famiglia Frescobaldi, tra le più antiche del mondo.
1960 Cominciano le esportazioni di Nipozzano Riserva e Pomino bianco negli Stati Uniti per iniziativa di Piero Frescobaldi attraverso la società Fontana Hollywood Corp. di Lawrence Sozzi.
1970 L’importatore Usa diventa la Brown-Forman Corp. e Leonardo Frescobaldi si stabilisce per 10 mesi nel Nord America viaggiando da un capo all’altro degli Stati Uniti e del Canada per allacciare nuovi rapporti.
1980-1990 È il decennio che segna il boom dei vini italiani nel mondo e la Marchesi de’ Frescobaldi lavora per ampliare ulteriormente l’area di diffusione delle proprie etichette, in particolar modo verso i Paesi asiatici, per primo il Giappone.
2010 Il venticinquennale del Mormoreto, il fiore all’occhiello della Frescobaldi, che nasce dall’omonimo vigneto, è stato l’occasione, con verticali in varie parti del mondo, per riaffermare l’altissima qualità raggiunta dai loro prodotti.
OGGI
Export: 63%
Bottiglie più esportate: Nipozzano Riserva e Rèmole oltre 1 milione ciascuno, Castiglioni Chianti 800.000, Pomino Bianco e Tenuta di Castiglioni circa 300.000 ciascuno, Castelgiocondo Brunello oltre 200.000
Primi mercati: Stati Uniti, Canada, Germania, Svizzera e Giappone.
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