Da tempo Antinori è uno dei nomi più noti e prestigiosi del vino italiano nel mondo, un marchio che si è affermato sui mercati internazionali negli ultimi quarant’anni per l’eccellente lavoro compiuto dal marchese Piero e naturalmente per la qualità dei suoi vini, ma va dato atto che già sul finire degli anni Venti il Chianti, bianco e rosso, e lo spumante Champenois erano distribuiti in vari Paesi.
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La piccola azienda vinicola dei fratelli Lodovico e Piero Antinori, avendo comunque alle spalle una tradizione nel vino di varie generazioni, aveva infatti avviato l’esportazione in Inghilterra, Belgio, Stati Uniti, Argentina e Brasile. La competenza, l’intraprendenza e i preziosi contatti tessuti per anni del giovane marchese Niccolò, figlio di Piero, contribuirono notevolmente all’affermazione della Casa vinicola nei decenni prima e dopo la seconda guerra mondiale.
«Il primo mercato ad accogliere i nostri vini fu, credo, l’Inghilterra», racconta oggi il marchese Piero, figlio di Niccolò e nipote dell’omonimo d’inizio Novecento, «attraverso l’importatore Bellone, un signore che per la passione del vino aveva lasciato l’incarico di maître d’hotel del prestigioso Savoy di Londra. Anche il Sud America era un buon mercato e ricordo che spesso mio padre si recava a Buenos Aires. Personalmente ho iniziato giovanissimo a seguire l’export dall’ufficio», continua il marchese Piero, «e il mio primo viaggio risale all’inizio degli anni Sessanta in Belgio, Finlandia e Svezia. La piazza belga è sempre stata molto importante per la forte presenza di immigrati italiani e lì facevamo un ottimo lavoro con il Villa Antinori. In Finlandia mio padre mi mandò per conoscere il nuovo agente e arrivai a Helsinki nel primo giorno di pesca dei gamberoni, per cui il nostro Chianti bianco in fiaschi ebbe un buon successo. In Svezia, invece, il monopolio aveva listato il Chianti Classico, anch’esso confezionato nei fiaschetti da un litro. Talvolta, nei primi anni, io e mio padre viaggiavamo insieme, come quando mi portò dagli importatori in Svizzera e Austria, che ancora oggi lavorano con noi. Con l’importatore austriaco siamo alla terza generazione!».
Crediamo di dover dare al lettore una spiegazione sul Chianti bianco, oggi non più in produzione, ma regolarmente in commercio fino a quando non è stata varata la legge sulle denominazioni. Quanto al fiasco...anche questo contenitore era largamente diffuso in Toscana all’epoca e ancora oggi piccoli quantitativi vengono prodotti da alcune aziende, destinati quasi esclusivamente ai turisti.
Ma qual era l’approccio con gli importatori in quegli anni Sessanta e Settanta? «In tutta franchezza», dice il marchese Antinori, «il vino italiano era considerato poco più di zero. Specie negli Stati Uniti si trovavano società molto strutturate che avevano in portafoglio grandi nomi, soprattutto francesi. Era un rapporto, il nostro, per cui spesso ci guardavano dall’alto in basso; in poche parole, facevano quel che volevano. E guai a interferire o magari insistere troppo: si rischiava di essere trattati male. Insomma, sembrava che fossero loro a farci un favore nel rappresentarci».
Se questo accadeva negli Stati Uniti, talvolta anche nel vicino Canada poteva verificarsi la stessa cosa. A raccontarci l’episodio accadutogli quando aveva 25 anni è lo stesso marchese Piero che, guarda caso, cita un personaggio che ricorre anche in un aneddoto narratoci dal marchese Leonardo Frescobaldi. «Era il 1963 ed era la prima volta che mi recavo negli Usa. Mio padre mi disse: “Visto che vai a New York fermati prima in Canada dove abbiamo un nuovo agente, è un giovane d’origine polacca e vorrei che tu lo conoscessi”. Arrivo a Toronto e il signore mi dice: “Perché non approfittiamo per un giro dei monopoli delle varie Province?”. Praticamente si trattava di attraversare tutto il Canada. Che faccio? Non avevo neppure i soldi perché erano stati indirizzati a New York e le carte di credito non esistevano ancora. “Nessun problema”, mi dice l’importatore, “me li restituirà al ritorno in Italia”. Partiamo. Era uno che faceva le cose in grande: viaggi in prima classe, grandi alberghi, cene con caviale e Champagne. Insomma, ero abbastanza preoccupato per il conto finale».«Una città dopo l’altra arriviamo finalmente all’altro capo del Canada, a Vancouver. La sede del monopolio era nella vicina isola di Victoria. Incontriamo il presidente, un colonnello inglese in pensione, il quale, dopo avermi fatto parlare per mezz’ora, mi dice: “Sì sì, benissimo, ma perché dovrei comprare i vostri prodotti: i vini italiani non li vuole nessuno, e poi qui bevono solo gin e whisky”. Morale: grazie per la conversazione e arrivederci».
Poi le cose sono cambiate. I tempi pionieristici sono finiti, anche se non è sempre facile vendere a causa della concorrenza mondiale. «Per noi», dice ancora il marchese Antinori, «l’export sta assumendo sempre più importanza. Mentre fi no a non molti anni fa producevamo soprattutto per il mercato interno, con poco più del 50% del totale, negli ultimi tempi le esportazioni hanno preso il sopravvento arrivando al 65-70% attuale. Adesso il nostro obiettivo è di consolidare i mercati tradizionali con un occhio però ai Paesi emergenti, in particolare Cina, India e Brasile. Mercati che rappresentano oggi poca cosa ma che potrebbero diventare interessanti, ed è per questo che prestiamo loro attenzione».
Una vita con la valigia sempre pronta, quella del marchese Piero Antinori, ma che gli ha riservato grandi gioie sia personali sia per la Cantina. Impossibile elencare i premi, gli attestati e i riconoscimenti ricevuti negli ultimi decenni, tuttavia alcuni sono da citare. «Quello che forse mi ha dato più soddisfazione per l’azienda», spiega, «è stato quando nel Duemila il nostro Solaia si classificò al primo posto nella Top 100 di Wine Spectator. A livello personale non posso dimenticare quando nel 1986 Decanter mi designò “Uomo dell’anno”, primo italiano e terzo assoluto a ricevere questo prestigioso riconoscimento».
1914 Giacomo Puccini scrive a Piero Antinori complimentandosi per il suo Cordonrouge, il Gran Spumante Metodo Champenois che furoreggiava sulle tavole di tutto il mondo.
1930 Niccolò Antinori apre a Montecatini Terme un negozio per vendere i vini della Casa e altri prodotti della Fattoria di San Martino alla Palma, degli Antinori.
1961 Primo viaggio di lavoro del giovane Piero Antinori in Belgio, Finlandia e Svezia.
1963 Primo viaggio di lavoro del marchese Piero nel Nord America (Stati Uniti e Canada).
1986 La rivista inglese Decanter nomina Piero Antinori “Uomo dell’anno”.
2000 Il Solaia 1997 si classifica al primo posto nella prestigiosa Top 100 dei migliori vini del mondo di Wine Spectator.
OGGI
Export: 65-70%
Bottiglie più esportate: Santa Cristina 2.797.000, Villa Antinori Rosso 2.287.000, Villa Antinori Bianco 1.200.000, Peppoli 840.000, Marchese Riserva 470.000
Primi mercati: Stati Uniti, Germania, Canada, Svizzera e Russia.
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