La metropoli canadese offre una straordinaria varietà di proposte, incluse quelle più sperimentali. La spinta dagli immigrati italiani, nostalgici della loro tradizione. L’attenzione al pairing, soprattutto con la pasticceria.
Il quotidiano britannico Financial Times, parlando dell’offerta caffeicola di Vancouver, la definisce in un suo articolo una “scena stellare”. E davvero nella città canadese il caffè è ovunque, nelle sue manifestazioni commerciali come nelle più pregiate. Le caffetterie specialty si susseguono, diverse nell’aspetto ma accomunate dalla ricerca delle origini – sono spesso emanazione di piccole torrefazioni indipendenti che lavorano ossessivamente sulla qualità del chicco – dalla sperimentazione e dall’attenzione ai pairing con la viennoiserie: siamo in Canada, e l’influenza della pâtisserie francese si fa sentire. Ma la sperimentazione va anche oltre: da qualche tempo nell’ampio negozio Muji di Robson Street è possibile farsi preparare un caffè da Jarvis, un barista robot. Questo fermento ha anche una ragione storico-geografica. Siamo sulla costa pacifica del Nord America, a 300 km da Seattle, dove nel 1971 nacque Starbucks, e a 500 km (distanze esigue da queste parti) da Portland, considerata la patria della Third Wave, la terza onda che traghettò a fine anni Novanta la percezione del caffè da commodity a prodotto con una sua dignità e centinaia di origini e sfumature diverse.
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