I servizi offerti dovranno essere sempre più informatizzati, ma non potranno prescindere dall’apporto professionale degli agenti. Crescerà la richiesta di vini stranieri, prodotti no/low alcol, da varietà Piwi e resistenti. D’obbligo una rete di collaboratori locali, a cui trasmettere anche il proprio stile aziendale
Dopo aver riletto l’intervista di come avrei visto cambiare il mondo del vino dagli anni ’10 agli anni ’20 del Duemila, rifaccio oggi un punto che ci proietterà fino agli anni ’30. Dopo un periodo con alti e bassi tra Covid, guerre e inflazione, ci sarà una ripresa globale e spero, come fu per il secolo scorso, che anche gli anni ’30 del Nuovo millennio saranno quelli della rinascita.
Sostenibilità e diminuzione del grado alcolico
Per quanto riguarda la produzione, sarà sempre più importante il rispetto del territorio e dell’ambiente. Non si parlerà solo di bio, ma di certificazioni ancora più stringenti circa il rispetto di tutti gli aspetti della produzione, della conduzione di vigna e cantina. I giovani di oggi, del resto, saranno i consumatori di domani e sono molto attenti a queste tematiche. Confido che i brand e le denominazioni storiche che hanno lavorato bene, saranno punti di riferimento per il prossimo decennio. Un mondo sempre più multietnico porterà all’aumento di vini stranieri nelle varie nazioni. Vedo bene anche i prodotti low alcol o comunque con un’attenzione a una vinificazione che ricerchi nella varietà, nelle tecniche e nel lavoro di cantina, una diminuzione del grado alcolico nonostante il climate change. Questo sarà un imperativo per alcuni vini, soprattutto quelli rivolti ai più giovani, che manifestano un’attenzione crescente al viver sano. I vini “storici” invece avranno ancora il loro canale di consumo e potranno restare fedeli alle tradizioni.
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