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Innovazione? Come scoprire quand’è soltanto marketing

9 Dicembre 2024 Cesare Pillon
Innovazione? Come scoprire quand’è soltanto marketing
© geralt - Pixabay

Con la sua inconfondibile competenza e ironia, Cesare Pillon commenta le novità e le mode che hanno caratterizzato il settore negli ultimi anni. Dai vitigni più adatti da impiantare alla scelta del migliore contenitore fino al trend dei rosé alla provenzale.

Da parecchi anni il mondo del vino italiano è scosso dai fremiti di una vitalità mai appagata dai successi ottenuti, impaziente di stimolare il mercato con nuove sorprendenti bottiglie, e questo è indubbiamente positivo. Credo però sia legittimo indagare sulla natura di questi fremiti, per verificare se le innovazioni che li hanno provocati sono tese a elevare la qualità del vino o non siano invece operazioni di marketing per sollecitare la curiosità e soprattutto l’acquisto da parte dei consumatori.

La scelta del vitigno migliore

Una di queste innovazioni, forse quella che meriterebbe più attenzione, è relativa alla vigna: è l’individuazione della varietà di vite più adatta da impiantare nel proprio vigneto. Sempre più spesso questo compito è demandato a consulenti scientifici, che compiono la scelta dopo aver analizzato la composizione del suolo, ma non sempre è così. In questo caso, però, è facile capire se il vitigno è stato scelto non perché entra in simbiosi con il terreno ma per sfruttare l’attrattiva che esercita sui wine lover: al vino che se ne trae viene dato il nome del vitigno e non quello del vigneto.

E quella del miglior contenitore

La maggior parte delle innovazioni che hanno fatto parlare di sé in questi ultimi anni sono però relative alla cantina, non alla vigna: si tratta dei contenitori utilizzati per la vinificazione e l’affinamento dei vini di alto livello qualitativo e di grande longevità. A dare il via è stato un prestigioso vignaiolo friulano, Josko Gravner, che doveva la sua fama agli straordinari risultati che aveva raggiunto, soprattutto con la Ribolla, affinandola in barrique. Dopo un viaggio in Georgia ha preferito adottare per la vinificazione e l’affinamento la grande anfora interrata ancora in uso in quel Paese. Nel contenitore del passato remoto ha affinato anche i bianchi dopo averli vinificati facendovi macerare le bucce, come in Georgia, ma anche come si faceva in Italia fino agli anni ’50.

La moda dell’anfora e degli orange

La sua clamorosa svolta produttiva è avvenuta mentre si andava diffondendo in una parte dei consumatori la repulsione della barrique per reazione ai vini dal sapore troppo segnato dal legno, messi in commercio da tanti produttori che avevano adottato la piccola botte solo perché era di moda. Ma poiché una moda tira l’altra, le scelte di Gravner, pur essendo rivolte a una nicchia di mercato, erano assai valide e di mode ne hanno generate due: quella dell’orange wine, il vino da uve bianche macerate a lungo, e quella dell’anfora, adottata da un numero di vignaioli sufficiente per indurre alcune fornaci di terracotta a produrla anche in Italia.
Man mano che si diffondeva, l’anfora è stata prodotta in terracotta sempre meno permeabile, affinché il vino che vi si affina non ne assorba qualche sapore. Il più radicale, come sempre, è Josko Gravner, che ha sperimentato l’affinamento in vetro con una vasca da 10 ettolitri ma applicherà questa procedura a una parte molto consistente della sua produzione in un serbatoio di acciaio vetrificato da 70 ettolitri. Affinato nel vetro, il vino è evidentemente al riparo da ogni contaminazione del sapore, ma sarà anche longevo?

Il rosé pallido di Provenza

Un’innovazione che lascia, invece, perplessi è quella del rosé dal colore molto pallido, prodotto a imitazione di quello della Provenza, che ha ottenuto grande favore soprattutto negli Usa. L’Italia ha una tradizione di eccellenti vini rosati dai colori più pronunciati, prodotti dal Garda all’Abruzzo al Salento, che hanno una porzione piuttosto limitata di mercato. A differenza di altri Paesi, dove i vini color rosa hanno avuto in questi anni un grande successo, nella Penisola neanche gli smunti rosé di nuova produzione hanno modificato la situazione in misura sensibile.
E forse è meglio così: c’è stata un’altra innovazione nel vino italiano ispirata a una fortunata esperienza francese, il vino Novello, realizzato con la macerazione carbonica come il Beaujolais Nouveau, che ebbe uno straordinario successo, tanto da dover essere regolamentato da un disciplinare e tutelato da un istituto. Ma la sua ascesa, cominciata nel 1984, ebbe fine all’inizio del Nuovo millennio con un tonfo improvviso e inaspettato, tanto doloroso quanto alte erano le speranze che aveva suscitato.

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